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Musei in ritardo sull’uso dei social

I dati del rapporto Civita #Socialmuseums sulla presenza e l'uso dei social tra i musei e le istituzioni culturali

ROMA –  Musei italiani in ritardo sull’uso dei social media, con “poca esperienza” e dunque “scarsa conoscenza” delle effettive potenzialità di strumenti come Facebook e Twitter. E’ quanto emerge dal rapporto Civita #Socialmuseums che analizza la presenza e l’uso dei social media tra i musei e le istituzioni culturali. Illustrato all’auditorium dell’Ara pacis alla presenza del ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, lo studio evidenzia però anche il “giudizio positivo del 57% degli italiani su quello che i musei fanno in rete”.

Un dato che rivela “una domanda pronta ad accogliere qualunque proposta positiva arrivi dai musei in rete”.   In questo senso, l’uso dei social rappresenta “un’opportunità da non buttare via”, capace di dare vita al ‘museo relazionale’ o, per dirla all’americana, ‘the partecipatory museum’. Ecco perché, tra l’altro, per vincere la sfida digitale bisogna puntare su un programma nazionale specifico. E’ questa una delle proposte avanzate da Civita nel suo rapporto che fa un focus su 26 musei, italiani e stranieri, da cui emerge che “l’utilizzo di tali strumenti come mezzo per entrare in relazione con i propri pubblici o per attrarre visitatori non costituisce ancora, per i nostri musei, un obiettivo strategico e rilevante, a eccezione dei musei d’arte contemporanea, capaci, al contrario, di richiamare non solo i giovani (cosiddetti nativi digitali), ma anche un pubblico più trasversale e meno assiduo”.

social museum

Secondo lo studio, le difficoltà dipendono principalmente dalla “scarsa conoscenza delle effettive potenzialità dei social dovuta alla poca esperienza finora accumulata”, oltre alla “difficoltà di associare una piattaforma ad obiettivi specifici”. I social preferiti dalle istituzioni culturali sono quelli multifunzionali, tra cui Facebook, Twitter e Google+ (seguiti a una certa distanza da Instagram, Pinterest e YouTube), “utilizzati, in particolare, per stimolare la creazione di contenuti autocreati, favorire l’apprendimento e arricchire la fruizione o condividere i contenuti”.

Per “rispondere alla duplice sfida con cui sono chiamati a misurarsi i nostri musei, ovvero recuperare il tempo perduto e proporsi come soggetti dell’innovazione nell’utilizzo delle tecnologie social”, Civita lancia alcune proposte, tra cui la necessità di “mirati investimenti sulle professionalità addette alla comunicazione museale”. E visto che il problema spesso è economico, l’idea è di usare i fondi nazionali comunitari dedicati ai progetti di innovazione tecnologica. Altra proposta rivolta soprattutto alle realta’ museali piu’ piccole e con minore affluenza, quella di “incentivare una gestione a rete dei servizi dedicati alla comunicazione, riducendo cosi’ i costi di gestione”. E ancora, “l’implementazione di strategie digitali ben definite” per arrivare, appunto, a “una nuova visione del museo, dando vita al ‘museo relazionale'”. Infine, per Civita “risulta quanto mai prioritaria la definizione di uno specifico programma nazionale lanciato, in accordo con le Regioni, da più ministeri (Beni culturali, Istruzione e Sviluppo economico), avendo ben chiari gli obiettivi da perseguire, fondi a disposizione e procedure di selezione, indicazioni sulla composizione dei partenariati pubblico-privati per la proposta di progetti e periodiche attività di monitoraggio”.

2016-03-31T11:33:45+02:00