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SpaceX,: il Falcon 9 atterra in verticale per la prima volta. Successo per Elon Musk [VIDEO]

La Space X di Elon Musk è riuscita nell’impresa di far tornare il lanciatore Falcon 9 con un morbido atterraggio su una piattaforma marina. E’ un passo da gigante nell’industria spaziale e arriva dopo 4 tentativi falliti. D’ora in poi, grazie al recupero e all’eventuale riutilizzo del razzo, l’azienda potrà risparmiare circa il 30% dei […]

La Space X di Elon Musk è riuscita nell’impresa di far tornare il lanciatore Falcon 9 con un morbido atterraggio su una piattaforma marina. E’ un passo da gigante nell’industria spaziale e arriva dopo 4 tentativi falliti. D’ora in poi, grazie al recupero e all’eventuale riutilizzo del razzo, l’azienda potrà risparmiare circa il 30% dei costi sulle missioni  spaziali.  Ad oggi la Space X è impegnata nel rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale tramite il modulo cargo Dragon. Fin ora ha spedito in orbita 6 moduli,  e il contratto con la Nasa prevede che questa attività continui fino al 2024.


Dopo aver portato in orbita la capsula Dragon, Falcon 9 di SpaceX, atterra in verticale su una piattaforma in mezzo all’oceano. Il lancio era avvenuto dal Launch Pad 40 della Cape Canaveral Air Force Station in Florida. Per la prima volta nella storia un modulo gonfiabile raggiungerà la Stazione spaziale internazionale. Il modulo gonfiabile si chiama Beam, che sta per Bigelow expandable activity module, e verrà agganciato dal braccio robotico della Stazione allo stesso nodo in cui si trova la famosa ‘cupola’.

Beam verrà sottoposto a diversi test che mirano a scoprire se i gonfiabili possano essere i moduli del futuro, utili per creare ambienti confortevoli per l’Uomo sulla Luna o su Marte. Beam, tuttavia, non sarà abitato dagli astronauti in questo caso, ma riceverà una loro periodica visita di controllo. Il vantaggio dei gonfiabili risiede soprattutto nella possibilità di diminuire considerevolmente volumi al momento del carico dei vettori diretti nello Spazio. CLICCA QUI’ per il replay del lancio

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Il primo progetto Nasa per una stazione gonfiabile risale agli anni 60, l’idea fu ripresa negli anni ’90 con il progetto TransHab a cui partecipò anche l’Italia e da cui derivarono i primi prototipi. Leggeri e compatti al lancio e quindi più economici dei moduli tradizionali, gli ambienti espandibili potrebbero rappresentare il futuro dei sistemi abitativi spaziali, dall’orbita bassa alla Luna e oltre…

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L’idea dei moduli gonfiabili non è nuova. Più leggeri e meno ingombranti dei moduli rigidi tradizionali, il loro trasporto in orbita risulterebbe di gran lunga più economico. La Nasa ci aveva già pensato negli anni ’60, commissionando alla Goodyear Aerospace il concept di una Stazione Spaziale espandibile. Ne fu prodotto anche un prototipo in dimensioni reali: una struttura toroidale di 7 metri pensata per ospitare due astronauti e che ricordava un copertone gigante, ma che per ragioni di sicurezza non volò mai: l’ampia superficie gommata risultava infatti vulnerabile all’impatto con micrometeoriti.


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Nuovamente negli anni ‘90 la Nasa si dedicò alla realizzazione di un modulo gonfiabile per la stazione spaziale con un volume pari quasi al doppio dei moduli abitativi rigidi tradizionali: il TransHab, una struttura ibrida multivello espandibile fino a 8 metri che vedeva coinvolta anche l’Italia tramite Alenia spazio. A causa dei ritardi e dell’aumento dei costi legati alla realizzazione della ISS il progetto non vide la luce: i diritti e i progetti vennero acquistati dalla Bigelow Aerospace che nel 2006 e nel 2007 mandò in orbita i primi veicoli abitativi gonfiabili sperimentali: Genesis I e Genesis II basati sul design del TransHab. Entrambi i moduli sono tutt’ora in orbita con l’obiettivo di testare sul lungo periodo sistemi e materiali e verificare la vita operativa dei veicoli. segue —>



ASI – A bordo, circa  3000 chili tra esperimenti, hardware e scorte  in supporto agli astronauti delle  Expedition 47 e 48 oltre al modulo espandibile Beam della Bigelow Aerospace  che verrà collegato alla ISS per testarne il funzionamento in condizioni di microgravità.

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Gli esperimenti in arrivo sulla Stazione saranno dedicati allo studio dell’atrofia muscolare, alla perdita di tessuto osseo nello spazio e alla crescita di cristalli di proteine in microgravità, utili alla progettazione di nuovi farmaci.



Circa dieci minuti dopo il lancio, Dragon raggiungerà la sua orbita preliminare,  aprirà i pannelli solari e accenderà i suoi propulsori per collocarsi nella giusta orbita.

La capsula effettuerà il rendez-vous con la ISS domenica quando  gli astronauti  Jeff Williams della NASA e Tim Peake dell’ESA utilizzeranno il braccio robotico della stazione per catturare la navicella che verrà poi agganciata alla parte inferiore del modulo Harmony. Il giorno seguente,  dopo averlo pressurizzato, l’equipaggio aprirà il portellone che collega i due moduli.

Dragon tornerà sulla Terra l’11 maggio. Dopo circa 5 ore e mezzo di viaggio effettuerà uno splash down nell’Oceano Pacifico al largo delle coste della Baja California.  Porterà con sé i campioni biologici raccolti dagli astronauti durante vari esperimenti tra cui quelli collezionati da Scott Kelly durante la One Year Mission.


2018-06-05T17:22:01+02:00