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ENDEAVOUR, OGGI E MAI PIU’

L’attesa. Il countdown. Lo sbuffo. Il rumore, solo quel rumore. E poi via, lassù, a sfiorare il volto di Dio per noi, mediocri terrestri con gli occhi al cielo per il penultimo miracolo degli Shuttle. Endeavour è partito da Cape Canave

Si traduce cimento in italiano, e mai come in questo caso nome e traduzione raccontano principio e fine di questo sogno alato. A bordo di quella scheggia c’è Roberto Vittori, che, 50 anni dopo il primo uomo nello spazio, raggiungerà sulla Stazione spaziale Internazionale Paolo Nespoli. Portando in dote Ams, il segugio dell’antimateria, ultimo prezioso gioiello della tecnologia made in Italy.

Ma prima della tavolata italiana in orbita, del tricolore piantato sulla cupola della Iss, prima delle giuste celebrazioni per un orgoglioso campanilismo cosmico, c’è da restare un attimo in silenzio, ad ammirare Endevour compiere la sua ultima fatica, prologo romantico della chiusura del programma Shuttle prevista con la missione Sts 135. Sarà Atlantis l’ultimo orbiter di una storia lunga 135 avventure e costata la bellezza di 200 miliardi di dollari. Fatta di innumerevoli successi e due tragedie. Challenger 1988 e Columbia 2003, due tagli dolorosi, per ricordare che mai di routine trattasi quando c’è un uomo in viaggio verso le stelle.

L’america s’è agghindata a festa come solo lei sa fare, per l’occasione. Sperando di prolungare il più possibile le emozioni del liftoff, prima di tornare al mesto futuro prossimo, quando gli shuttle resteranno in hangar, e gli americani per salire lassù dovranno pagare salatissimi passaggi ai russi. In attesa del nuovo shuttle, privato magari. Sicuramente ambizioso oltre la pragmatica dei soldi. Perché in quello sbuffo di Endevour c’è tutta la fantasia dell’uomo. A faccia in su, verso chissà cosa.


2018-06-05T17:34:32+02:00