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Balle di Scienza, in mostra a Pisa gli errori che aiutano

Sbagliando, si impara. Ma non sbagliano solo i comuni mortali. Sbagliano anche gli scienziati. A Pisa storie di errori prima e dopo Galileo, una mostra aperta fino al 29 giugno

Sbagliando, si impara. Se c’è una certezza nella storia dell’umanità forse sta proprio nel ruolo impareggiabile dell’errore: è sempre dietro l’angolo e una volta scoperto ci fa fare un passo avanti. Ma non sbagliano solo i comuni mortali. Sbagliano anche gli scienziati. Macinano prove, applicazioni, teorie e di strada ne fanno tanta prima di raggiungere i risultati eccezionali che migliorano le nostre vite e aumentano la conoscenza del mondo e dell’Universo. A Pisa hanno ideato una mostra dedicata a questo travagliato cammino: si chiama Balle di scienza – storie di errori prima e dopo Galileo e sarà aperta fino al 29 giugno. È promossa da Palazzo Blu e curata dall’Università di Pisa, dall’Istituto nazionale di Fisica Nucleare e dalla Scuola Normale Superiore. Di fatto è un viaggio tra cantonate, bufale e scoperte arrivate per caso che hanno segnato l’intera storia della scienza. L’occasione è la celebrazione dei 450 anni dalla nascita di Galileo Galilei, lo scienziato pisano che ci fornì la chiave essenziale per osservare e interpretare i fenomeni della Natura. Il suo metodo scientifico ha attraversato indenne secoli di ricerca ed è ritenuto intoccabile. Erroneamente, perché anch’esso è cambiato: grazie alla meccanica quantistica, per esempio, la scienza ha capito che certe evoluzioni sono prevedibili solo in termini probabilistici. Questo significa che il metodo scientifico e la scienza tutta hanno dovuto imparare a convivere con l’eventualità che alcuni eventi, semplicemente, siano incerti. Di cambiamento in cambiamento, di errore in errore, la scienza è progredita nei secoli. Su questo concetto insiste uno dei curatori della mostra, Franco Cervelli, che mette l’accento sul rischio che “ad essere finanziati debbano essere solo i progetti che portano a risultati sicuri. Una posizione che coincide con la morte della scienza”.


E il motivo lo spiega proprio la mostra allestita a Pisa. Ma perché si chiama così? Il titolo ‘Balle di scienza’ prende spunto nientemeno che dal taccuino di appunti del fisico italiano Enrico Fermi. Fu lui, negli anni Trenta, a commentare in maniera così colorita- la parola ‘Balle’ era compresa tra due punti esclamativi- una cascata di numeri incolonnati. Erano i risultati sperimentali trovati da Bruno Pontecorvo, allievo di Fermi, sulla radioattività artificiale indotta dai neutroni lenti. Dati che, evidentemente, il maestro trovò inadeguati. Grazie a momenti come questi la scienza ha compiuto uno scarto in avanti. La mostra ne ricorda tanti, comprese le cantonate oggi impensabili e un tempo legge. E’ il caso dell’impalpabile e invisibile etere, che avrebbe dovuto riempire l’intero spazio, facendo da supporto alla propagazione della luce, o della teoria per spiegare la deriva dei continenti secondo cui il volume della Terra sarebbe in continua espansione. E ancora: sembra incredibile, ma soltanto alla fine dell’Ottocento si è capito che era la scarsa igiene a provocare le infezioni durante le operazioni chirurgiche. Poi c’è anche un ricco filone di scoperte campali, avvenute per caso: l’esempio più eclatante è forse quello della scoperta dell’America, il Nuovo Mondo in cui giunse Cristoforo Colombo seguendo una carta geografica sbagliata. Andando oltre i confini del mondo, la scoperta della radiazione cosmica di fondo, tramite cui, proprio in questi giorni, sono stati ricostruiti i primi vagiti dell’Universo, fu scoperta cinquant’anni fa da Arno Penzias e Robert Wilson, due ingeneri che erano intenti a riparare il guasto di un’antenna della Bell Telephone Company, la compagnia telefonica americana, provocato dai piccioni. Questo, e tanto altro, dimostra che non bisogna mai smettere di cercare. Ed è utile tenere sempre un occhio anche al punto di partenza. Il progetto scientifico della mostra attraversa cinque fasi. Si parte dai filosofi greci e dalle culture antiche per arrivare al balzo in avanti del metodo galileiano, ricordando errori e storture che lo hanno preceduto e seguito. Un filone è dedicato anche al complicato rapporto coi media. A volte gli scienziati comunicano poco, altre volte danno in pasto ai giornali ricerche a uno stadio ancora precoce, fatto sta che spesso i cronisti si sbizzarriscono anche in mancanza di evidenze scientifiche e formano un terreno fertile per ogni sorta di bufala. Dalle cure miracolose alle scie chimiche, una sequenza di invenzioni non suffragate da nessuna prova che però si radicano facilmente nell’eccitabile immaginario collettivo. Il fisico Vincenzo Napolano, l’altro curatore, individua “un deficit di comunicazione nel raccontare la scienza”, che la mostra cerca di colmare e superare. Il faro di ‘Balle di scienza’ è riassunto nella frase di Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica nel 1965, brillante scienziato e uomo ironico, che saggiamente ricordava: «La scienza è fatta di errori che è utile fare, perché, a poco a poco, ci portano alla verità».
2018-06-05T17:28:03+02:00