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Rosetta: la cometa 67/P è più calda del previsto e coperta da uno strato di materiale organico [VIDEO]

67P/Churyumov-Gerasimenko è più calda del previsto, lo spiega Fabrizio Capaccioni - IAPS-INAF

18 Dicembre 2014
La sonda, in orbita a 522 milioni di chilometri da noi intorno alla cometa 67P / Churyumov Gerasimenko, invia dati che si annunciano rivoluzionari.
La cometa 67/P, e’ coperta da uno strato grigio di polveri organiche ed e’ piu’ calda del previsto: lo indicano i primi dati della missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) presentati negli Stati Uniti, nel convegno dell’American Geophysical Union (Agu), e rilevati grazie allo spettrometro italiano Virtis. Lo stesso strumento indica che la cometa e’ molto piu’ ‘calda’ del previsto, con la temperatura di meno 50 gradi, confrontabile a quella che si registra in estate nelle zone interne dell’Antartide.


E’ un’immagine ad ‘alta definizione’, quella fornita dallo strumento Virtis (Visible and Infrared Mapping Spectrometer) che si trova a bordo della sonda Rosetta e del quale e’ responsabile Fabrizio Capaccioni, dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Iaps-Inaf). La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko e’ stata ‘immortalata’ utilizzando ben 860 colori che coprono tutto lo spettro luminoso, dalla luce ultravioletta a quella infrarossa. Nessun fossile del Sistema Solare ha mai avuto finora un identikit cosi’ dettagliato. L’analisi dello spettro ha permesso di ricostruire la composizione della cometa, ha spiegato Capaccioni intervenendo nella conferenza, trasmessa in diretta streaming.

E’emerso cosi’ che i dati ottenuti indicano la presenza di materiali organici, vale a dire materiali a base di carbonio. Non si tratta di tracce di vita, spiegano gli esperti, perche’ non tutti i composti di questo tipo possono essere collegati alla presenza di vita. Sono elementi che possono costituire la base del materiale organico indispensabile alla vita, ma non e’ detto che lo siano effettivamente. La novita’ e’ che per la prima volta si individuano sulla superficie di un corpo celeste e in modo stabile. Probabilmente, secondo gli esperti, la loro presenza indica che mattoni organici come questi possono essere ovunque nel Sistema Solare. A spiegare la temperatura cosi’ alta per gli ‘standard’ attribuiti ad una cometa e’ proprio lo strato di polveri che la avvolge e che, essendo molto scuro, riflette poco la luce solare.


Il primo sbarco di un manufatto umano sul suolo di una cometa è stato considerato quest’anno la scoperta di maggior rilievo nel mondo della fisica, sbaragliando la concorrenza di argomenti di grande attualità e rilievo come le ultime scoperte nel campo delle nanotecnologie e della fisica nucleare.

La sonda, in orbita a 522 milioni di chilometri da noi intorno alla cometa 67P / Churyumov Gerasimenko, invia dati che si annunciano rivoluzionari. Grazie al suo lavoro, si è riacceso il dibattito su come l’acqua sia arrivata sulla Terra. Finora le teorie sostenevano che l’acqua, elemento indispensabile alla vita, fosse arrivata sul nostro pianeta grazie a comete e asteroidi, provenienti da zone lontane esterne al Sistema solare. Ma le osservazioni di Rosetta hanno rimescolato le carte in tavola. L’acqua presente sulla Terra è di una ‘qualità’ diversa rispetto a quella osservata da Rosetta sulla cometa 67P/ Churyumov Gerasimenko. In particolare a differire è la composizione isotopica. L’ipotesi si era già insinuata nella comunità scientifica fin dagli anni Ottanta, quando le osservazioni della cometa di Halley avevano suggerito l’incompatibilità dei due tipi di acqua. Le speranze erano riposte in 67P, perché ha una provenienza più interna al Sistema solare. Ma non c’è stato niente da fare: l’acqua non è la stessa, ha sentenziato Rosetta. Questo significa che, probabilmente, l’acqua è arrivata sulla Terra con dei veri e propri bombardamenti di meteoriti. Ti potrebbe interessare: Rosetta, il vapore di 67P è diverso da quello terrestre. Rivoluzionata la teoria dell’origine degli oceani
D’altronde, ricorda Matt Taylor, responsabile scientifico della missione dell’Esa “sapevamo che le analisi in situ di Rosetta avrebbero portato grandi sorprese sulla comprensione del sistema solare”.
Sorprese che gli scienziati visionari che idearono la missione più di vent’anni fa potevano solo sognare. E che oggi sono realtà, grazie allo sforzo congiunto dei Paesi europei riuniti nell’ESA. L’ambasciata francese in Italia ha celebrato questa collaborazione con una mostra inaugurata a Palazzo Farnese. (Guarda la videointervista a Ercoli Finzi dal minuto 05.33)


Il messaggio della missione Rosetta è chiaro: insieme, si vince. E’ una missione nata in seno all’Europa e dall’Europa sviluppata nel corso di tre diversi decenni, a cavallo del secondo millennio. Il successo della cooperazione può essere un messaggio anche per la politica. “Mi piacerebbe che fosse così e credo che lo sia- commenta l’ambasciatrice francese in Italia, Catherine Colonna-. Se riflettiamo sui motivi del successo europeo di Rosetta, un successo unico al mondo, troviamo la tensione verso l’avvenire, la volontà, il saper fare insieme anziché ciascuno per conto proprio. Se ci pensiamo questi tre assi possono funzionare anche per l’europolitica”



Una missione storica come Rosetta è costata all’Europa 1,4 miliardi di euro, un contributo annuo da 20 centesimi a persona, e adesso è il simbolo delle nostre capacità scientifiche e tecnologiche.
(Guarda la videointervista all’ambasciatore tedesco Schäfers dal minuto 08.00)

Importante è stata la partecipazione italiana alla missione Rosetta, sia a livello scientifico e tecnologico che industriale. La mostra in particolare ricorda 4 gioiellini made in Italy, gli strumenti Giada, Virtis, Osiris e SD2. Una dettagliata descrizione di questi strumenti ce l’ha fornita Enrico Flamini, astrofisico e chief scientist dell’Asi.

Rosetta prosegue il suo cammino verso il Sole. E’ previsto per il 13 agosto 2015 il passaggio a 183 milioni di chilometri di distanza dalla nostra stella. Per allora Rosetta ci avrà regalato già altre splendide immagine e magari avrà già sollevato altre domande sulla nostra origine.


Rosetta prosegue il suo cammino verso il Sole. E’ previsto per il 13 agosto 2015 il passaggio a 183 milioni di chilometri di distanza dalla nostra stella. Rosetta non smette di parlarci. La sonda, in orbita a 522 milioni di chilometri da noi intorno alla cometa 67P / Churyumov Gerasimenko, invia dati che si annunciano rivoluzionari. Grazie al suo lavoro, si è riacceso il dibattito su come l’acqua sia arrivata sulla Terra. Finora le teorie sostenevano che l’acqua, elemento indispensabile alla vita, fosse arrivata sul nostro pianeta grazie a comete e asteroidi, provenienti da zone lontane esterne al Sistema solare. Ma le osservazioni di Rosetta hanno rimescolato le carte in tavola. L’acqua presente sulla Terra è di una ‘qualità’ diversa rispetto a quella osservata da Rosetta sulla cometa 67P/ Churyumov Gerasimenko. In particolare a differire è la composizione isotopica. L’ipotesi si era già insinuata nella comunità scientifica fin dagli anni Ottanta, quando le osservazioni della cometa di Halley avevano suggerito l’incompatibilità dei due tipi di acqua. Le speranze erano riposte in 67P, perché ha una provenienza più interna al Sistema solare. Ma non c’è stato niente da fare: l’acqua non è la stessa, ha sentenziato Rosetta. Questo significa che, probabilmente, l’acqua è arrivata sulla Terra con dei veri e propri bombardamenti di meteoriti.
D’altronde, ricorda Matt Taylor, responsabile scientifico della missione dell’Esa “sapevamo che le analisi in situ di Rosetta avrebbero portato grandi sorprese sulla comprensione del sistema solare”.
Sorprese che gli scienziati visionari che idearono la missione più di vent’anni fa potevano solo sognare. E che oggi sono realtà, grazie allo sforzo congiunto dei Paesi europei riuniti nell’ESA

"Sapevamo che le analisi ‘in situ’ di Rosetta – ha spiegato Matt Taylor, responsabile scientifico della missione – avrebbe portato grandi sorprese sulla comprensione del sistema solare e queste nuove osservazioni gettano benzina sul fuoco nel dibattito sull’origine dell’acqua della Terra".


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La provenienza di acqua e composti organici sulla Terra e gli altri pianeti terrestri è stato discusso per lungo tempo senza raggiungere un consenso. Uno dei migliori mezzi per distinguere tra diversi scenari è di determinare i rapporti D / H nei serbatoi delle comete e gli oceani della Terra…

Come c’è arrivata, l’acqua, sulla Terra? La risposta ancora non la sappiamo, ma da oggi possiamo escludere che a portarcela siano state comete come 67P, quella dov’è atterrato il lander Philae lo scorso novembre. Non che sia assente, lassù, l’acqua: per esserci c’è, ma è un’acqua strana, del tutto incompatibile con quella che riempie i nostri oceani e che esce dai nostri rubinetti. È un’acqua troppo pesante.



L’acqua, c’insegnano a scuola, ha come formula chimica H2O: due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno. In realtà, a voler essere pignoli, ogni 3200 molecole siffatte se ne incontra una la cui formula è piuttosto HDO: un solo atomo d’idrogeno, uno d’ossigeno e uno di deuterio, l’isotopo dell’idrogeno con un neutrone nel nucleo. Questo perché, nei nostri oceani, l’abbondanza isotopica del deuterio, rispetto all’idrogeno, è di un atomo ogni 6400. Questo rapporto è una sorta di firma inalterabile, l’impronta genetica (o meglio, isotopica) dell’acqua terrestre: dolce o salata, liscia o frizzante, qui sul nostro pianeta è sempre uguale.

valori del rapporto tra Idrogeno e Deuterio in vari posti del Sistema Solare. Credit: ESA

Ma altrove nel Sistema solare le cose stanno diversamente. È il caso, appunto, della cometa 67P, dove gli atomi di deuterio presenti nelle molecole d’acqua sono circa tre volte più abbondanti. Ad accorgersene è stato lo strumento ROSINA a bordo della sonda dell’ESA Rosetta, in orbita attorno a 67P. Grazie ai suoi due spettrometri di massa, un team di ricercatori guidato dalla principal investigator dello strumento – Kathrin Altwegg, dell’Università di Berna – è riuscito ad analizzare l’abbondanza isotopica d’un campione del vapore acqueo emesso dalla cometa. I risultati, pubblicati oggi online su Science, parlano chiaro: lassù il rapporto fra deuterio e idrogeno è pari a circa 0.00053: grosso modo, un atomo di deuterio ogni duemila atomi d’idrogeno.

Non che questa differenza la renda meno potabile. L’acqua pesante ha un effetto citotossico, è vero, e può portare alla sterilità o addirittura alla morte. Ma solo in quantità molto elevate, tali da alzare la concentrazione di molecole con deuterio presenti nell’organismo fino al 25 percento e oltre, dunque ben al di là di quanto riscontrato sulla cometa.

Molto più interessanti, invece, le implicazioni per quanto riguarda l’origine dell’acqua terrestre. Già le prime analisi dell’abbondanza isotopica del deuterio sulla cometa di Halley, eseguite negli anni Ottanta dalla sonda europea Giotto, avevano evidenziato valori incompatibili con quelli terrestri. Suggerendo dunque che non fossero state le comete – perlomeno, non quelle provenienti dalla remota Nube di Oort, come appunto la cometa di Halley – a rifornire d’acqua il nostro pianeta. Nel 2011, però, le analisi spettrali effettuate dal telescopio spaziale Herschel dell’ESA su Hartley 2, una cometa ritenuta fra quelle della Fascia di Kuiper, sembrarono aprire un nuovo spiraglio: in quel caso il rapporto fra deuterio e idrogeno era assai più compatibile con quello riscontrato sulla Terra.

Forse, dunque, le portatrici d’acqua potevano essere sì comete ma d’origine più prossima alla Terra, com’è appunto la Fascia di Kuiper (situata al di là dell’orbita di Nettuno) rispetto alla Nube di Oort, migliaia di volte più lontana? L’ipotesi aveva un senso, visto che proprio le temperature estremamente basse tendono a favorire la formazione di ghiaccio con una maggiore concentrazione di acqua pesante.

Ma la scoperta odierna ottenuta grazie a Rosetta analizzando il vapore acqueo di 67P, anch’essa appartenente alla famiglia delle comete gioviane come Hartley 2, torna a far pendere l’ago della bilancia a favore di un’altra origine per la sorgente d’acqua del nostro pianeta: gli asteroidi. «I nostri risultati», dice infatti Altwegg , «sembrano favorire quei modelli che contemplano gli asteroidi come mezzo di trasporto principale per gli oceani della Terra». [MEDIA-INAF]


I primi risultati del lander. La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è un osso duro. Se ne è accorto il piccolo ed eroico lander Philae, che si è scontrato con una superficie inaspettata: 10-20 centimetri di polvere durissima, a una temperatura di 170 gradi sotto lo zero. Ne ha fatto le spese il martello Mupus, che, come racconta lo stesso strumento dal suo profilo Twitter, si è trovato di fronte a una superficie più ostica di quanto preventivato. Le cronache raccontano che l’intensità del martello ha dovuto scavalcare i tre livelli previsti e fare appello al ‘desperate mode’, che però ha comportato la rottura dello strumento. Riassumendo, le caratteristiche finora note della cometa parlano di un nucleo di ghiaccio durissimo e di un’atmosfera, ‘annusata’ dallo strumento Cosac, che contiene molecole organiche. Non è stato specificato quali, e lo studio degli spettri prosegue. Il risveglio di Philae, fanno sapere gli scienziati, è previsto (e sperato) per marzo, quando il Sole potrebbe riattivare il lander con la sua energia, raccolta dai pannelli. La sua fida compagna Rosetta continuerà ad orbitare introno alla cometa, inseguita per dieci anni.

– Fred Goessmann, responsabile dello strumento presso il Centro Aerospaziale Tedesco, ha confermato la notizia alla BBC, precisando che il suo team sta ancora cercando di interpretare il risultato. Le molecole in questione sono a base di carbonio (in quanto organiche) ma l’ESA non ha per ora rilasciato alcun dettaglio. Non si sa, quindi, se siano stati trovati anche altri elementi, né eventualmente quale sia il loro grado di complessità.



4 marzo 2005. Durante il suo primo passaggio radente sulla Terra per sfruttare l’effetto fionda gravitazionale Rosetta accende i suoi strumenti e fotografa la Luna che sorge sul Pacifico.


La Terra vista dalla fotocamera di navigazione.


Marte da una distanza di circa 1000 km. Si vede una parte della navicella madre e uno dei suoi pannelli solari.


Rosetta, dopo aver sfruttato il passaggio radente della Terra e poi di Marte, ha nuovamente "sfiorato" la Terra.


Rosetta raggiunge il primo obiettivo: Steins, un piccolo asteroide appartenente alla Fascia Principale, un enorme popolazione di piccoli pianeti le cui orbite sono comprese tra quelle di Marte e Giove.


Il 12 novembre 2013 Rosetta fa un ultimo passaggio radente a pochi km dalla Terra.


Durante il terzo passaggio Rosetta è passata a un altezza di 2.481 km proprio sopra l’isola di Java in Indonesia.


Rosetta vede Lutetia ad una velocità di 15 km/s (54.000 km/h), quando l’asteroide si trovava ad una distanza di 407 milioni di chilometri dal Sole e a 455 milioni di chilometri dalla Terra.


Una delle immagini a grande campo mostra l’asteroide con Saturno sullo sfondo.


Immagine ad alta risoluzione di un cratere da impatto di grandi dimensioni. In basso, nel bordo interno del cratere è visibile una frana.

ASI – “Il trapano – spiega la professoressa Amalia Ercoli Finzi, del Politecnico di Milano, responsabile dello strumento SD2, riferendo quanto si desume dalla telemetria – ha raggiunto la distanza di 468,5 mm sotto il piano inferiore del corpo di Philae (560mm dal suo reference point, ndr).

E’ stato dunque eseguito il comando di estrazione del sampling tube, il trapano è stato richiamato all’interno, il carosello di distribuzione è stato ruotato in maniera da sottoporre il sampling tube al giusto fornetto, il carosello ha ruotato di nuovo per portare il fornetto alla portata di COSAC.” (strumento guidato dal Max-Planck-Institut für Sonnensystemforschung di Göttingen).


SD2 al lavoro : la successione degli avvenimenti
La sera del 13 novembre si è presa la decisione di far operare SD2. La sequenza è stata trasferita a Philae nella mattina del 14 novembre. Alla sera, in corrispondenza della finestra di visibilità successiva, i dati relativi a quelle operazioni sono stati scaricati a Terra.
La telemetria di SD2 ha mostrato che sia il trapano che il carosello di distribuzione hanno funzionato in maniera nominale eseguendo le operazioni meccaniche comandate.
Tuttavia, SD2 ha operato in condizioni non nominali, in quanto Philae non è assicurato alla superficie. La telemetria mostra un comportamento nominale dello strumento, sebbene ciò non garantisca che SD2 sia stato in grado di raccogliere un campione: lo strumento infatti non possiede dei sensori dedicati che possano confermare se il suolo sia stato raggiunto, se un campione sia stato effettivamente raccolto nel sampling tube e se questo sia stato poi scaricato all’interno del fornetto.
Il team di SD2 presso il Politecnico di Milano sta analizzando la telemetria per trovare chiare indicazioni del fatto che ci sia stata un’interazione tra il trapano e il suolo in modo di poter contribuire a dare una risposta alla domanda fondamentale: se, cioé, SD2 abbia toccato il suolo.

Uno strato di polvere spesso 10-20 cm. a circa 170 gradi sotto zero. We were desperate, activated, were punished… Il martello che avrebbe dovuto saggiarne la consistenza era programmato per tre livelli d’intensità crescente: il modo 1, il modo 2 e il modo 3. Fallita la prima serie di martellate, fallita la seconda e fallita pure la terza, è però saltato fuori che in realtà il team aveva pronto anche un “piano B”, un livello di potenza segreto al quale il libretto d’istruzioni non faceva cenno: il misteriosissimo modo 4, conosciuto dagli addetti ai lavori con il nome in codice: desperate mode.

Il progettista del martello, Jerzy Grygorczuk, aveva avvisato il resto della squadra: lasciate perdere, del modo 4 io non vi ho detto nulla, fate finta che non ci sia. Ma le batterie si stavano esaurendo, loro disperati lo erano davvero… così l’hanno attivato. E sono stati puniti: nel giro di sette minuti il martello s’è rotto.


Rappresentazione schematica del retro di Philae, con evidenziati gli strumenti ROMAP e MUPUS. Crediti: DLR

Il lander Philae è stato in grado di completare la prima sequenza degli esperimenti a bordo, facendo affidamento sulla batteria primaria e raccogliendo una grande quantità di dati preziosi, acquisibili solo attraverso il diretto contatto con la superficie. Ora, è il momento di analizzarli per raggiungere una maggiore comprensione della cometa ma già da ora, possiamo dire che la sua superficie e alcune delle sue proprietà, sembrano essere molto diverse di quanto si pensasse in precedenza.

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Contributo Italiano
La partecipazione italiana alla missione ROSETTA consiste di tre strumenti scientifici dell’orbiter: VIRTIS (Visual InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer) il cui PI è il dott. Fabrizio Capaccioni dell’IAPS (INAF Roma), GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) il cui PI è il dott. Luigi Colangeli dell’INAF-OAC (Napoli), e la WAC (Wide Angle Camera) di OSIRIS del prof. Cesare Barbieri dell’università di Padova (PI dr. Uwe Keller, MPInstitute fur Sonnensystem). A bordo del lander, è italiano il sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni (SD2), realizzato da Galileo Avionica ed il cui PI è la prof.sa Amalia Ercoli Finzi del Politecnico di Milano, ed il sottosistema dei pannelli solari (Politecnico di Milano). L’Italia ha anche fornito Manpower al Lander Project Team.

VIRTIS (Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer): combina 3 canali di osservazione in un unico strumento, due dei quali saranno utilizzati nella ricostruzione della mappa spettrale del nucleo. Il terzo canale è dedicato alla spettroscopia ad alta risoluzione. Con queste osservazioni si cercherà di risalire alla natura delle parti solide che compongono il nucleo della cometa e tracciare le sue caratteristiche termiche. I dati ottenuti, combinati con i dati acquisiti da altri strumenti, saranno utilizzati per selezionare la zona sulla quale far posare il lander.

GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) è uno strumento in grado di analizzare le polveri e piccoli grani di materiale presente nella chioma della cometa misurandone le proprietà fisiche e dinamiche, tra le quali la dimensione, il rapporto tra materiale granuloso e quello gassoso, la velocità delle particelle.

OSIRIS/WAC (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System): OSIRIS è lo strumento principale della missione Rosetta per la raccolta delle immagini della cometa. È composto da due canali: NAC (Narrow Angle Camera), ottimizzato per ottenere mappe ad alta risoluzione del nucleo della cometa, fino a 2cm per pixel, con una capacità di messa a fuoco da 2 km a infinito e da 1 a 2 km; WAC (Wide Angle Camera), ottimizzato per ottenere una mappa panoramica ad alta risoluzione del materiale gassoso e delle polveri nei dintorni del nucleo della cometa.
Il canale WAC di OSIRIS è di responsabilità italiana ed è progettato per lo studio accurato delle emissioni gassose della cometa sia nel visibile che nella banda UV. Le immagini acquisite da questo canale, saranno utilizzati per selezionare la zona in cui si dovrà posare il lander.

A bordo del lander di Rosetta sono presenti i seguenti sistemi italiani:

SD2 – Sample Drill&Distribution: SD2 rappresenta un elemento di elevata miniaturizzazione, condensando in appena 4Kg tecnologie ad altissime prestazioni. SD2 è in grado di resistere alle condizioni ambientali proibitive in cui si troverà ad operare mentre cercherà di penetrare il nucleo della cometa sino a 20 cm di profondità. Un meccanismo sofisticato consentirà di distribuire i campioni prelevati (diametro di circa 2,5mm) in appositi contenitori in modo da rendere possibile lo studio delle proprietà mediante alcuni degli strumenti a bordo del lander. Il funzionamento del sistema SD2 è regolato da un software sofisticato, installato nel computer di bordo del lander.

Un altro elemento “made in Italy” è il Solar Array costituito da celle solari ad alta efficienza in grado di garantire la potenza elettrica necessaria anche a distanze dal Sole superiori a 2 AU.

Accordi Internazionali
Per quanto concerne il lander Philae, è stato costituito un Consorzio Internazionale di cui l’ASI fa parte; oltre alla realizzazione di SD2 e dei Solar Array (SA), l’ASI ha cogestito il progetto attraverso un Project Manager Deputy, ha partecipato allo Steering Committee e fornisce supporto per le attività sul lander a livello di sistema e di sottosistemi. [ASI]


I NOSTRI ARTICOLI in ordine CRONOLOGICO

– Rosetta, il risveglio e’ vicino
– Wake Up Rosetta Mission – prima puntata
– Ancora pochi giorni per il risveglio di Rosetta – seconda puntata
– Countdown per il risveglio di Rosetta: la sonda che sbarcherà sulla cometa Churyumov-Gerasimenko
– Wake Up Rosetta countdown per il risveglio della cacciatrice di comete
– Spazio, la sonda Rosetta si è risvegliata dall’ibernazione per volare verso la cometa Churyumov-Gerasimenko
– Spazio: la sonda Rosetta insegue la sua cometa piena d’acqua
– Spazio: la sonda Rosetta vede la cometa Churyumov-Gerasimenko. FOTO
– Sorpresa, la cometa 67P Churyumov-Gerasimenko inseguita da Rosetta ha un doppio nucleo LE FOTO
– Rosetta, i segreti della cometa doppia
– Rosetta: missione compiuta. Raggiunta la cometa 67P. Il ruolo dell’Italia e dell’Asi
– Rosetta: l’annuncio del sito di atterraggio principale
– Spazio: missione Rosetta, scelto il punto di atterraggio del "Philae" – Le NEWS
– Rosetta vicina alla cometa 67P, il 12 novembre lo sbarco. Missione e traguardi – Enrico Flamini (ASI)
– Landing on a comet – The Rosetta Mission. Selfie a 16 Km dalla meta
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2018-06-05T17:25:31+02:00