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La (complicata) alba del genere umano

I resti di una mandibola umana rinvenuti in Etiopia rimettono in discussione la datazione della comparsa dell'Uomo sulla Terra.

I resti di una mandibola umana rinvenuti in Etiopia rimettono in discussione la datazione della comparsa dell’Uomo sulla Terra.

Sono i resti umani più antichi mai rinvenuti e retrodatano la presenza della specie Homo di mezzo milione di anni. La datazione viene così fissata a 2 milioni e 800 mila anni fa. La zona del ritrovamento è quella già nota come ‘culla dell’umanità’. E’ la Rift valley, in cui, negli anni ’70 gli antropologi ritrovarono lo scheletro di ‘Lucy’, il primo australopiteco mai scoperto e antesignano dell’Uomo. E sempre lì, nei primi anni Sessanta, vennero alla luce i resti del cosiddetto Homo habilis, ritenuto primo esemplare della specie umana. Venne definito così in virtù del ritrovamento, nelle vicinanze, di attrezzi e utensili in pietra che era evidentemente in grado di usare.


– IL CORONOGRAFO METIS HA IL SUO LOGO
– AUTISMO, VACCINI ASSOLTI ANCHE DAL TRIBUNALE
– L’ITALIA VERSO LA BANDA ULTRA LARGA
– GUARDARE LE STELLE DA DENTRO… UNA STELLA

In particolare, la mandibola etiope è stata rinvenuta nella regione di Afar, a poche decine di chilometri dal luogo in cui venne trovata Lucy.

Lo scenario della comparsa dell’Uomo cambia con il ritrovamento della mandibola, avvenuto nel gennaio 2013, come riporta la rivista Science. Il resto umano ha caratteristiche in comune sia con il genere dell’Australopithecus Afarensis, sia con il genere Homo. La parte anteriore ha infatti una morfologia primitiva, con un mento poco sviluppato. Come gli australopitechi. Sono invece presenti un molare affusolato e delle cuspidi dentarie che sono tipici del genere Homo.

La scoperta della mandibola potrebbe indicare, quindi, la prima traccia della specie Homo. “Se non è la prima traccia dell’Uomo- spiega l’antropologo Bernard Wood, della George Washington University- è sicuramente qualcosa che ci va molto vicino”.

Ma cosa è successo milioni di anni fa nella regione di Afar? Alcuni sostengono che in seguito al cambiamento climatico che ebbe luogo 2,8 milioni di anni fa, quando la zona si trasformò da ricca di foreste in praterie, gli uomini che popolavano quell’area si trovarono di fronte alla necessità di un adattamento. A quel punto gli esseri umani presenti sarebbero mutati per diventare cacciatori, sviluppando cervelli più grandi e corpi più agili. Ma non ci sono prove certe che sia stato proprio il cambiamento climatico a permettere al genere Homo di svilupparsi.



A complicare le cose e a rimescolare le date ci si mette anche un altro studio, pubblicato da Nature. Gli scienziati hanno preso in esame un fossile di 1,8 milioni di anni fa. Si tratta di un’altra mascella, attribuita all’Homo Habilis e rinvenuta in Tanzania. L’Homo habilis, lo ricordiamo, è da sempre considerato il primo antenato di tutte le specie del genere Homo. Ora un nuovo studio ha ricostruito il fossile con una tac e un sistema avanzato di imaging 3D. A guidare il team Fred Spoor, che, collaborando con l’University College di Londra e l’Istituto di Antrolopogia Evolutiva Max Planck, ha mostrato in tre dimensioni il fossile: si sono così evidenziate due fila di denti apparentemente parallele, molto simili a quelle degli australopitechi. Ma la ricostruzione delle ossa del cranio ha rilevato un cervello più grande di quello che si aspettavano, simile a quello dell’Homo erectus.

A questo punto l’ipotesi è che esistesse una sorta di linea evolutiva fantasma del genere Homo, affermatasi ben prima di 2,3 milioni di anni fa. Un’ipotesi che si sposerebbe a perfezione con le caratteristiche della mandibola etiope.

I due studi confermano che le prime specie dell’Homo mostravano una grande molteplicità di variazioni, e nessuna di queste risalta come indiscussa antenata dell’Homo erectus. Semplicemente, dicono gli scienziati, non sappiamo ancora cosa sia successo in quell’epoca lontana. La caccia a nuovi fossili ‘rivelatori’ è aperta.


IL CORONOGRAFO METIS HA IL SUO LOGO
Simula l’effetto di un’eclisse di Sole, permettendo così di osservare la tenue emissione della corona solare estesa: Metis, il coronografo a bordo della sonda dell’Esa Solar Orbiter, dedicata allo studio del Sole e dell’eliosfera, mette insieme le capacità di più strumenti in un unico telescopio. Ed ora ha il suo logo. L’Agenzia spaziale italiana (Asi) ha bandito un concorso e la proposta vincitrice è risultata quella di Giovanni Simioni, il quale si è aggiudicato l’Atlante dell’Universo. La sonda Solar Orbiter fa parte della prima missione di classe M selezionata nell’ambito del programma scientifico Cosmic Vision 2015-2025. La sonda sarà lanciata nel 2018. Il suo obiettivo è osservare la corona solare nella luce visibile polarizzata e nell’UV, ottenendo immagini coronali monocromatiche nella riga dell’idrogeno. Con un innovativo e ingegnoso disegno ottico, Metis simula l’effetto di un’eclisse di Sole e permette così di osservare la tenue emissione della corona solare estesa, più di un milione di volte più debole di quella del disco solare. Metis prende il nome da una figura della mitologia greca, che rappresentava la conoscenza e la saggezza: dalla sua unione con Zeus nacque Pallade Atena, dea della sapienza.

AUTISMO, VACCINI ASSOLTI ANCHE DAL TRIBUNALE

Gli scienziati lo sanno bene: non esiste nessuna correlazione tra i vaccini e l’autismo. Nessuna. Ora, lo dice anche una sentenza. E’ quella del tribunale di Bologna, che, in appello, ribalta quella di primo grado pronunciata a Rimini, in cui si condannava il ministero della Salute a un risarcimento. Era successo che, in assenza di altre cause evidenti, la responsabilità dell’autismo sviluppato da un bambino fosse fatta ricadere sui vaccini trivalenti: ma questa tesi è stata demolita. Gli scienziati combattono da quasi 20 anni contro pregiudizi sui vaccini infondati e ascientifici, i quali furono originati da un articolo menzognero pubblicato su The Lancet da Andrew Wakefield, in cui si sosteneva correlazione tra autismo e vaccini. Ma era una frode. L’autore aveva mentito. I danni di quella falsificazione hanno un’eco ancora oggi. Ora arriva anche il riconoscimento della magistratura.

L’ITALIA VERSO LA BANDA ULTRA LARGA

Dal Consiglio dei ministri del 3 marzo è uscito un documento programmatico che vorrebbe mettere sul piatto della banda ultra larga 12,5 miliardi di euro da oggi al 2020. Per colmare il divario che separa l’Italia dagli altri Paesi europei, come sollecitato dalla stessa Unione Europea, l’idea è di attingere per il 50% a risorse pubbliche per raggiungere l’obiettivo della metà della popolazione connessa a 100 megabit. Il documento prevede anche altre misure specifiche. Il ‘servizio digitale universale’, un fondo di garanzia, il voucher di accompagnamento alla migrazione verso la fibra ottica e la convergenza di prezzo per i collegamenti in fibra ottica realizzati con sovvenzioni statali, al prezzo dei collegamenti in rame . La strada è lunga, se è vero che, in tutto il vecchio Continente, siamo tra i gradini più bassi dell’accesso a Internet.

GUARDARE LE STELLE DA DENTRO… UNA STELLA
Il 25 febbraio è iniziata la costruzione del nuovo planetario dell’Eso, l’osservatorio dell’Europa meridionale. La novità dell’Eso Supernova Planetarium, questo è il suo nome, è la forma straordinaria: rappresenterà un sistema binario di stelle. L’area su cui il nuovo centro si svilupperà è di 5.000 chilometri quadri, ed è prevista una volta stellata con un diametro di 14 metri per 17 metri di altezza. Sarà terminato entro due anni e potrà ospitare fino a 200.000 visitatori ogni anno.


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2018-06-05T17:25:11+02:00