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Nasa: New Horizons, missione compiuta. Ecco cosa si trova su Plutone [VIDEO]

Una catena fatta di giganti di ghiaccio su Plutone, un canyon profondo nove chilometri su Caronte e una bizzarra luna di ghiaccio a forma di patata sono le prime storiche novità che abbiamo acquisito grazie alla sonda partita nove anni fa.

La sonda New Horizons della NASA ha raggiunto e fotografato Plutone e le sue cinque lune il 14 luglio. Dopo un flyby alla velocità di un proiettile che ha portato la sonda ad appena 12.500 chilometri da Plutone, pari circa alla distanza tra New York e Mumbai, New Horizons ha ‘telefonato’ a casa inviando delle immagini nitide che hanno svelato i segreti di una superficie finora sconosciuta.

Una catena fatta di giganti di ghiaccio su Plutone, un canyon profondo nove chilometri su Caronte e una bizzarra luna di ghiaccio a forma di patata sono le prime storiche novità che abbiamo acquisito grazie alla sonda partita nove anni fa. Il debutto della missione coincise peraltro con il declassamento di Plutone da pianeta a pianeta nano, non rendendolo per questo meno interessante agli occhi degli scienziati.
Arriviamo su Plutone e esploriamo i suoi dintorni per carpire i segreti della storia del Sistema solare e delle sue origini e per capire come pianeti nani ghiacciati e altri corpi celesti della cosiddetta fascia di Kuiper si siano evoluti nel tempo.


– SCOPERTI I ‘GEMELLI’ DI SOLE E GIOVE
– DRAIN BRAIN ‘SOPRAVVISSUTO’ ALL’ESPLOSIONE DI ANTARES
– TESORI NELLO SPAZIO, NEGLI USA SI DISCUTE LO SPACE ACT
– LINEA DIRETTA CON PHILAE, 12 MINUTI DI COMUNICAZIONE

Le aspettative riguardo alle immagini inviate da New Horizons hanno oltrepassato, e di tanto, le aspettative, dicono dalla NASA. Vediamo, allora, cosa contengono questi scatti così importanti.
Il primo piano di una regione equatoriale alla base di un’area chiara a forma di cuore ci offre lo spettacolo di una catena montuosa le cui cime raggiungono i tremila metri di altezza. E’ un po’ come trovare le Dolomiti su Plutone.

Verosimilmente queste montagne si sono formate non prima di 100 milioni di anni fa e gli scienziati ritengono che si trovino in un’area ancora attiva geologicamente. A differenza delle lune ghiacciate dei pianeti giganti, Plutone non subisce l’influenza di interazioni gravitazionali con pianeti più grandi. Questo significa che ci sono altri processi che hanno determinato il paesaggio montuoso.

Nuove rivelazioni arrivano anche da Caronte, la luna più grande e nota di Plutone. Ha rivelato a New Horizons una faccia inaspettata, priva di crateri all’apparenza, ma ricca di dirupi. Le immagini mostrano anche un canyon la cui profondità stimata si attesta sui nove chilometri. Nella zona polare settentrionale sono state individuate anche delle macchie.

New Horizons, riporta la NASA, si è anche dedicata all’osservazione degli elementi più piccoli del sistema di Plutone, che comprende altre 4 lune oltre a Caronte: Nix, Hydra, Stige e Cerbero. Una nuova immagine ci ha restituito l’aspetto di Hydra, il primo dei corpi celesti in questione a mostrarsi, e ce lo fa vedere in tutta la sua stranezza: ha una forma irregolare e misura una quarantina di chilometri. L’osservazione suggerisce anche che la superficie di Hydra sia coperta da una coltre di ghiaccio.

Ora gli scienziati si aspettano che le prossime sequenze di spettacolari immagini siano di aiuto per capire come si siano formate queste lune di ghiaccio.
L’incontro con Plutone è durato poco, ma New Horizons continuerà a spedire immagini qui sulla Terra, cioè a quasi 5 miliardi di chilometri da dove si trova ora, per i prossimi sedici mesi. La banda che usa per trasmettere è paragonabile a quella dei modem terrestri più lenti di almeno un quarto di secolo fa e questo spiega i tempi di attesa per la ricezione.

Il mondo si è incantato di fronte alla meraviglia di scoprire la faccia di un corpo celeste così remoto, scoperto dal figlio di un contadino del Kansas negli anni Trenta, ma le sorprese maggiori devono ancora arrivare.



SCOPERTI I ‘GEMELLI’ DI SOLE E GIOVE
Un’equipe guidata da astronomi brasiliani ha scelto di osservare stelle simili al Sole alla ricerca di sistemi planetari paragonabili al nostro Sistema Solare. La squadra è riuscita a scoprire un pianeta di massa molto simile a Giove, in orbita intorno a una stella simile al Sole, HIP 11915. Anche la distanza tra i due corpi celesti è paragonabile a quella degli ‘originali’ che ben conosciamo. La scoperta è stata possibile grazie al cacciatore di pianeti Harps, montato sul telescopio dell’Eso (European Southern Observatory) che si trova in Cile e misura 3,6 metri. E’ lo stesso Eso ad aver diffuso la notizie. L’esistenza di un pianeta di massa gioviana in orbita intorno a una stella simile al Sole apre le porte alla possibilità che il sistema planetario che circonda questa stella possa essere un analogo del Sistema Solare.

DRAIN BRAIN ‘SOPRAVVISSUTO’ ALL’ESPLOSIONE DI ANTARES
Tutti lo credevano perduto, polverizzato dopo l’esplosione del vettore Antares e della capusla cargo Cygnus CRS-3 nei cieli della Virginia. Invece l’esperimento Drain Brain, destinato alla Stazione spaziale internazionale per diventare oggetto di esperimenti da parte dell’astronauta italiana Samantha Cristoforetti era più in salute che mai: contenuto in una valigetta bruciacchiata precipitata su una spiaggia vicino alla base di Wallops Island. E perfettamente funzionante. E’ stata la Nasa a darne notizia all’Agenzia spaziale italiana e poi a riconsegnare l’esperimento mai partito per lo Spazio all’Università di Ferrara, che lo aveva sviluppato. Dopo il ritrovamento del tutto inaspettato- ricordiamo che l’esplosione del vettore Antares risale allo scorso ottobre-, è arrivata anche la sorpresa più grande. Una volta aperta la valigetta, la squadra del professor Paolo Zamboni ha trovato Drain Brain perfettamente intatto.

TESORI NELLO SPAZIO, NEGLI USA SI DISCUTE LO SPACE ACT
Lo Spazio nasconde molte ricchezze, non solo legate alla conoscenza. Oltre alle porte del nostro passato e a quelle del nostro futuro, i corpi celesti, più prosaicamente, conservano anche materiali molto quotati sulla Terra. Basti pensare all’oro e al platino, ma anche al ferro, al nichel e al silicio che si trovano sugli asteroidi. Viaggiano, per ora, nello Spazio, ma un domani molto vicino potrebbero essere raggiunti dall’Uomo e riportati sul nostro pianeta. A quel punto, a chi apparterrebbero? Gli Stati Uniti stanno vagliando in questi mesi un vero e proprio Space Act, che esamina le proprietà oltre atmosfera. Secondo una discussione preliminare, la proprietà andrebbe assegnata all’ente che consegue la conquista. Gli Stati Uniti si stanno muovendo anche per finanziare le missioni spaziali di questo tipo, di modo da aggiudicarsi un vantaggio competitivo sui concorrenti.

LINEA DIRETTA CON PHILAE, 12 MINUTI DI COMUNICAZIONE
Il piccolo e tenace lander Philae si è messo in contatto con l’orbiter della missione Rosetta per dodici minuti. E’ accaduto lo scorso 9 luglio tra le 19:45 e le 20:07, arco di tempo in cui è gli stato possibile inviare dati raccolti sulla cometa 67P Churyumov Gerasimenko dallo strumento Consert. Seppure i tentativi di connessione siano falliti più di una volta, alla fine è rimasta completamente stabile per 12 minuti filati. “Questo segno di vita da parte di Philae ci dimostra che almeno uno dei suoi strumenti deputati alla comunicazione rimane operativo e riceve i nostri comandi”, spiega Koen Geurts, membro del control team del lander che fa base a Colonia. L’ultimo contatto risaliva al 24 giugno. La cometa si trova attualmente a 279 milioni di chilometri da noi.


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2018-06-05T17:24:46+02:00