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Da dove arrivano i suoni della cometa di Rosetta?

I suoni emessi dalla cometa derivano dalle oscillazioni generate nel campo magnetico che ha intorno...

8 Settembre 2015
Un minuto e ventisette secondi è la durata dell’audio pubblicato lo scorso anno dall’Agenzia spaziale europea. Conteneva dei suoni misteriosi che arrivavano dalla cometa 67P Churyumov Gerasimenko e che erano stati catturati grazie agli strumenti del Rosetta Plasma Consortium a bordo della sonda Rosetta. Quei suoni ci hanno trascinato a più di 500 milioni di chilometri di distanza dal pianeta Terra, con l’enorme carico di suggestione ed emozione che comporta avvicinarsi all’ignoto. Ora, uno studio pubblicato sugli Annales Geophysicae prova a fare chiarezza e a spiegare perché la cometa stava ‘cantando’.

I suoni emessi dalla cometa derivano dalle oscillazioni generate nel campo magnetico che ha intorno. Ricordiamo che il nucleo di 67P non ha un suo campo magnetico, ma la sua atmosfera è magnetizzata. Quando gli scienziati che fanno parte del team del Rosetta Plasma Consortium hanno ascoltato per la prima volta quei suoni misteriosi provenienti da lontano hanno ipotizzato subito che potessero dipendere da qualche attività cometaria e dalle particelle rilasciate dalla cometa nello Spazio circostante. Le radiazioni ultraviolette del Sole provocano la ionizzazione di atomi e molecole, comprese quelle d’acqua. Nel plasma che circonda il nucleo di 67P, i nuovi ioni si spostano perpendicolarmente rispetto al campo magnetico, formando delle correnti elettriche in un campo incrociato. E’ emerso dalla loro osservazione che queste correnti sono instabili ed è questa instabilità a generare i suoni. Per visualizzare meglio questo processo fisico così complesso è il principal investigator del Rosetta Plasma Consortium, Karl-Heinz Glassmeier, a fornire un’immagine casalinga per capire il fenomeno della nascita dei suoni della cometa. “Pensate a una pompa da giardino- spiega-. Quando l’acqua comincia a scorrere c’è la possibilità che la pompa si inizi a muovere generando delle onde. Questo è quello che succede al plasma. Ovviamente le onde della cometa non derivano da un flusso come quello dell’acqua, ma da una flusso di particelle. Ma l’analogia funziona”.


– COSMO SKYMED CONQUISTA ANCHE LA NASA
– UN ITALIANO AI COMANDI DELLA SPACE SHIP 2
– LA GALASSIA PIU’ LONTANA MAI OSSERVATA HA 13,2 MILIARDI DI ANNI
– SIAMO ESPLORATORI O ABITUDINARI? CE LO RIVELA UNA RICERCA DEL CNR

Certo, non è la prima volta che delle onde vengono captate nelle vicinanze di una cometa, ma mai prima erano di questo tipo. L’origine che è stata individuata è del tutto nuova. Oltretutto questa è la prima volta che una sonda costruita dall’uomo viaggia per così tanti chilometri fianco a fianco con una cometa, con la possibilità di effettuare delle rilevazioni per molti mesi.

Le domande non sono però finite. Quello che gli scienziati si chiedono ora è se la cometa abbia continuato con le sue emissioni sonore anche quando era ormai giunta a un passo dal Sole e in che fase abbia emesso un numero maggiore di suoni. Il team assicura che gli strumenti hanno captato le onde da 40 millihertz almeno fino al febbraio 2015, quando a Rosetta mancavano 350 milioni di chilometri per arrivare al Sole. Ma in quella fase l’attività ha subito dei cambiamenti, la regione del plasma è stata soggetto di eventi più violenti. I suoni ci sono, ma sono coperti da una varietà di altri fenomeni non ancora identificati.

Le risposte arriveranno nei prossimi mesi.

La sonda Rosetta, partita 10 anni fa per raggiungere la cometa 67P Churyumov-Gerasimenko, su cui ha rilasciato il lander Philae lo scorso novembre, è attualmente a 193 milioni di chilometri dal Sole e dista da noi 266 milioni di chilometri.



COSMO SKYMED CONQUISTA ANCHE LA NASA
E’ stato firmato a Washington un accordo tra l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e la NASA per l’elaborazione e l’analisi dei dati sull’Osservazione della Terra. Di fatto, l’accordo prevede che la NASA riceva i dati della missione COSMO-SkyMed per progetti di ricerca concordati con l’Italia. In cambio l’ASI utilizzerà l’Alaska Satellite Facility (ASF) che riceverà i dati satellitari.
Ma non solo: ogni anno i migliori giovani ricercatori italiani riceveranno borse di studio post dottorato dalla NASA da utilizzare nei laboratori e centri di ricerca associati alla NASA nel campo dell’osservazione della terra. L’accordo è stato firmato a Washington, presso la sede dell’Ambasciata d’Italia, dal Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, e dall’Amministratore della NASA, Charles Bolden. COSMO-SkyMed è il programma italiano di osservazione della Terra in grado di osservare la superfice del nostro pianeta anche di notte e in condizioni di nuvolosità, particolarmente utile per il monitoraggio e la mitigazione dei disastri ambientali, per lo studio dei lenti movimenti della crosta terrestre nonché nelle applicazioni per la sicurezza.

UN ITALIANO AI COMANDI DELLA SPACE SHIP 2
A pilotare il prossimo volo della Virgin Galactic ci sarà un italiano. Si chiama Nicola Pecile, è originario del Friuli Venezia Giulia ed è un pilota collaudatore sperimentatore formato dall’Aeronautica militare. Pecile risiede da tempo negli Stati Uniti, dove ha ottenuto le 4 massime onorificenze per un pilota: la ‘Distinguished Graduate’, la ‘Top Stick Pilot’, la ‘Top Formation Pilot’ e la ‘Commander’s Trophy’. Il pilota italiano entra così nella squadra del programma che sta rivoluzionando il concetto di accesso allo Spazio e sarà ai comandi della Space Ship 2. La compagnia fondata da sir Richard Branson vuole raggiungere l’ambizioso obiettivo di realizzare ogni anno 500 voli suborbitali per gli appassionati di Spazio, con il pagamento di un ‘biglietto’ da 200.000 euro.

LA GALASSIA PIU’ LONTANA MAI OSSERVATA HA 13,2 MILIARDI DI ANNI
Dopo tanti anni di ricerca gli sforzi sono stati premiati: un team del Caltech, il prestigioso California Institute of Technology di Pasadena, ha individuato la galassia più distante mai osservata. Si chiama EGS8p7, ha 13,2 miliardi di anni e la sua scoperta, resa possibile grazie alle osservazioni dei telescopi spaziali Hubble e Spitzer e ad analisi spettrali successive, è stata descritta in un articolo pubblicato sull’Astrophysical Journal Letters. La Galassia sarebbe 600 milioni di anni più giovane del nostro Universo, la cui età è stata stimata in 13,8 miliardi di anni. Gli astrofisici si interrogano ora sulla necessità di rivedere le tempistiche sulle prime fasi dell’Universo.

SIAMO ESPLORATORI O ABITUDINARI? CE LO RIVELA UNA RICERCA DEL CNR
Esploratori o abitudinari? La scienza dei dati, o data science, ci dice che le persone, nei loro movimenti quotidiani, si dividono in modo ben preciso fra questi due tipi di comportamenti. Un team di data scientist nato da una collaborazione fra il Kdd Lab di Università di Pisa, l’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Isti-Cnr) e il centro di ricerca sulle reti complesse Barabasi Lab di Budapest e Boston, ha analizzato grandi quantità di Big Data sulla mobilità umana, cioè tracce Gps di viaggi automobilistici e dati da telefonia mobile relativi a centinaia di migliaia di persone (rigorosamente anonime), analizzando i comportamenti di ciascun individuo su vari mesi. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications. Gli esperimenti hanno provato che esploratori e abitudinari presentano capacità differenti di diffondere, attraverso i loro movimenti sul territorio, eventuali epidemie. I due profili rivelano anche un certo grado di ‘omofilia sociale’: osservando la rete telefonica, gli esploratori tendono a comunicare più spesso con altri esploratori piuttosto che con gli abitudinari. La ricerca dimostra come i Big Data offrano uno strumento potente per la comprensione del comportamento umano, un passo importante verso la realizzazione di simulazioni realistiche in contesti fondamentali come il consumo energetico, l’inquinamento e la pianificazione urbana.


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