MILANO – È dal 1993 che Madame Prada con la sua Fondazione ci regala arte e progetti virtuosi che restituiscono lustro e giustizia all’Italia bella, illuminata e creativa; non a caso è una delle donne più intelligenti e influenti del nostro bel paese. Miuccia e Patrizio Bertelli, marito e amministratore delegato del gruppo Prada, hanno regalato a Milano e a tutti noi un autentico gioiello a metà strada tra polo museale e luogo d’intrattenimento: un posto senza tempo tra strutture vecchie e nuove nato nella periferia urbana a sud dello scalo ferroviario di Porta Romana, fra Corso Lodi, via Ripamonti e viale Ortles, tra binari, fabbriche e torri dell’acqua.
È in questo scenario che a maggio del 2015 ha aperto i battenti la nuova sede della Fondazione Prada, un’ex distilleria Sis degli anni Dieci del Novecento: sette edifici recuperati e tre nuove costruzioni in quasi diciannovemila metri quadri dedicati a letteratura, musica, arte, filosofia e scienza. Un posto in cui perdersi, fermarsi, andare e tornare tra cortili, collezioni permanenti, mostre temporanee, cinema, l’Accademia dei bambini (la biblioteca per i più piccoli) e il Bar Luce. Nella Milano dei grattacieli e del Bosco Verticale, la Fondazione si colloca come un progetto generoso e coraggioso, lontano dal centro del lusso e della moda, curato dallo Studio OMA diretto da Rem Koolhaas, vera e propria star olandese dell’architettura.
Fondazione Prada nuova sede di Milano Progetto architettonico di OMA Foto: Bas Princen 2015. Courtesy Fondazione Prada
In una trasferta milanese, Dire Giovani è andato a dare un’occhiata: proviamo a portarvi con noi, nonostante sia impresa complicata trascrivere felicità e bellezza. La prima preoccupazione nel varcare i cancelli di una Fondazione dal nome così importante è sentirsi sufficientemente stylish e adeguati, ma sorridenti e un po’ emozionati ci siamo fatti coraggio. Non potevamo iniziare il nostro percorso senza caffè e brioche, anche perché proprio all’ingresso non c’è un bar qualunque, bensì il Bar Luce, tappa obbligata per cinefili, esteti, fotografi e fashion victim. Progettato da Wes Anderson, sembra di stare in un caffè della Milano anni Cinquanta: pavimento di graniglia, bancone di legno e formica verde, due flipper, un juke box con le canzoni di Nino Rota e Johnny Dorelli, la vetrina con le bottiglie di liquori dell’epoca e sedie in finta pelle dalle tinte vivaci; la tappezzeria poi riproduce le decorazioni di Galleria Vittorio Emanuele, uno dei luoghi-simbolo di Milano. È proprio all’estetica di quest’epoca che il regista statunitense si è ispirato, rifacendosi in particolare a due capolavori del cinema italiano: Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica e Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti. Un vero paradiso per chi, come noi, è amante del vintage.
Bar Luce. Ideato da Wes Anderson Fondazione Prada Milano 2015 Foto Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada
Con gli occhi (e la pancia) pieni, ci dirigiamo verso la biglietteria e veniamo accolti da ragazzi giovani e sorridenti, sono laureati in storia dell’arte e sono a completa disposizione dei visitatori per consigli e spiegazioni. L’ingresso (unico per tutti i poli e le gallerie) costa solo 10 euro, ma ci sono anche tantissime convenzioni che consentono di accedere a prezzi scontati. Stupiti e rilassati entriamo nella Haunted House (Casa degli Spiriti), completamente rivestita all’esterno da uno strato di foglia d’oro. Organizzata su quattro livelli, ha una dimensione molto intima (forse per questo la chiamano “Casa”). Negli ambienti piccoli e raccolti, visitiamo l’installazione permanente di Louise Bourgeois (1911-2010) e di Robert Gober (1954). Ai piani superiori sono esposte le opere di Gober, la cui ricerca tocca diversi temi: sessualità, relazioni umane, natura, politica e religione. L’artista combina elementi della vita quotidiana dando vita a oggetti ibridi. Il lavoro di Gober, denso di suggestioni legate all’infanzia e al corpo, entra in dialogo al primo piano con due opere di Louise Bourgeois: Cell (Clothes) (1996) – un’installazione di forma circolare costituita da porte poste l’una accanto all’altra e grate di ferro trattato, popolata da sculture e oggetti personali appartenenti alla stessa Bourgeois – e Single III (1996), una scultura realizzata in tessuto.
Fondazione Prada Milano 2015. lnstallazione permanente di Louise Bourgeois e di Robert Gober. Foto Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada
Proseguiamo verso la Galleria Sud che ospita fino al 25 aprile “An Introduction”. Un percorso nell’arte dagli anni Sessanta ad oggi, nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant. Oltre 70 opere dal New Dada alla Minimal Art per esplorare curiosità, impulsi e aspirazioni che hanno contribuito a dare forma alla collezione fino a portare all’apertura di una fondazione. Tra gli artisti in mostra, Walter De Maria e Yves Klein, Piero Manzoni e Donald Judd, Edward Kienholz e Barnett Newman, Lucio Fontana e Mario Schifano, Elmgreen & Dragset e Sarah Lucas. Il nostro percorso continua passando per il Podium, parallelepipedo di vetro che non riusciamo a visitare per via dell’allestimento della mostra di Goshka Macuga “To the Son of Man Who Ate the Scroll” (inaugurata in questi giorni) che occupa anche gli spazi della Cisterna. Arriviamo in Galleria Nord e visitiamo la mostra tematica “Recto Verso”: una selezione di opere nelle quali artisti attivi nel corso degli ultimi due secoli hanno consapevolmente posto in primo piano l’elemento abitualmente nascosto, dimenticato o trascurato del retro del quadro.
Recto Verso
Foto Delfino Sesto Legnani Studio
Courtesy Fondazione Prada
Il nostro viaggio si conclude in un passaggio – veloce – al cinema. Lo vediamo da fuori: siamo felici e appagati. Abbiamo trascorso la nostra mattinata in un vero e proprio “campus” di spazi post-industriali e nuovi, con un’alternanza di apertura e intimità in cui i cortili offrono ai visitatori e ai cittadini uno spazio pubblico comune. Un complesso grandissimo ma allo stesso tempo a misura d’uomo, milanese e cosmopolita, affatto pretenzioso ma bellissimo e curato in ogni dettaglio. Le nostre preoccupazioni sono svanite in pochi istanti, ci siamo sentiti a casa. I fondatori sono animati dalla convinzione che la cultura sia profondamente utile e necessaria, oltre che coinvolgente e attrattiva. Ci sentiamo senz’altro arricchiti e siamo molto, molto grati a questi signori milanesi che, con una fondazione privata, hanno messo al nostro servizio così tanta bellezza.