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Ballo di capodanno alla corte del Re Sole

Rachele Nigi Scuola Secondaria di primo grado "Pieraccini" di Firenze

 

Catapultata nel 1699, io che sono una giornalista di cronaca mondana, non so spiegarmi per quale motivo o per quale strano sortilegio, mi sono svegliata a Parigi, invitata al ballo di fine anno che si svolgeva a Versailles all’epoca di Luigi XIV. Avrei dovuto scrivere un articolo per il giornale del tempo e per celebrare l’immagine del re, il Re Sole, mica uno qualunque! Non potevo perdere questa occasione perché sarebbe stato come vivere in un sogno, un sogno fatto di specchi, abiti sfarzosi, parrucche, pizzi e merletti.
Tirato fuori dal baule un vecchio abito da sera, affittai una carrozza per arrivare a palazzo, ma gli ospiti dovevano essere davvero tanti perché ci misi un bel po’ prima di intravedere la famosa reggia. Non si circolava! La fila di carrozze era lunghissima. Pensai di arrivare a festa finita…”Va beh, vorrà dire che mi vedrò il film!” esclamai. Giunta finalmente nel cortile del palazzo, mi sono accorta di aver dimenticato la piantina. “Mi perderò sicuramente, ci saranno duemila sale e se sbaglio festa?” Mi sono mescolata tra gli altri ospiti e intanto mi guardavo intorno e ascoltavo quello che si diceva, i pettegolezzi, gli aneddoti, i racconti sulle abitudini del re, dei membri della corte, della regina, su quelle regole che Luigi aveva imposto o sugli strani privilegi che il re aveva concesso.
C’era chi, che per comprarsi un titolo nobiliare, era andato quasi in rovina. Oppure chi era molto soddisfatto di essere stato scelto dal re per il difficile compito di infilargli le pantofole. “La vita è proprio strana!” dissi tra me e me “Uno fa tanto per trovarsi un bel lavoro, studia, si ammazza sui libri e poi c’è chi si sente realizzato perché mette le ciabatte ai piedi del re”. Ma dimenticavo… era il Re Sole.
Intanto guardavo incuriosita gli abiti delle dame, ecco perché le porte delle sale erano così alte e larghe: con quelle gonne così grandi e rigide si rischiava di rimanerci incastrate! Mi ricordavano tanto delle meringhe. Metri e metri di stoffa, pizzi, merletti, fiocchi, nastri, lustrini; i corpetti erano invece strettissimi, si rischiava di non respirare! Gli scolli erano talmente profondi che non si poteva fare a meno di osservare e guardare cosa avrebbero dovuto nascondere. Non c’era nulla da fare! Gli occhi dei gentiluomini erano tutti piantati lì!
Giunta alla famosa sala dei ricevimenti, sempre in fila ascoltavo i nomi degli ospiti che venivano annunciati…. Conte di qua, duchessa di là! Tutti i nomi stranissimi… alcuni mi ricordavano personaggi storici vissuti molto tempo prima: Canossa, D’Este… “O ho sbagliato epoca o li hanno riesumati tutti per l’occasione!” pensai. Poi venni a sapere che erano tutti nomi e titoli inventati. Comunque, a pensarci bene, guardando quei visi truccati di bianco con strati e strati di cipria e quelle gote rosa e le bocche disegnate, qualche dubbio poteva venire. Sembravano tutte imbalsamate, assomigliavano alle statuette di porcellana rigorosamente “made in France” viste sopra i mobili. Già, perché Luigi XIV aveva imposto che ogni oggetto di lusso fosse fabbricato in Francia, nulla doveva provenire da altri paesi.
Entrai nel famoso salone detto degli specchi: ero accecata da tanto splendore, naturalmente non resistetti e cominciai a guardare la mia immagine riflessa. Notai che ero proprio demodé, il mio abito sembrava quello di una suora! Gli ospiti si guardavano ed erano divisi in gruppi, nobili di sangue e nuovi nobili, e spettegolavano l’ uno sull’altro: le dame giudicavano gli abiti, parlavano dei litigi e dei tradimenti che avvenivano a corte. C’era chi raccontava delle cerimonie a cui aveva partecipato. Come quella che si svolgeva tutte le mattine quando Luigi si svegliava: nella sua camera entravano gruppi di persone che assistevano allo spettacolo. Il re sorgeva! In realtà tutta la vita di Luigi XIV era uno spettacolo, anche il pranzo era pubblico e si svolgeva alla presenza dei cortigiani. C’era persino chi doveva assaggiare il cibo per verificare se fosse avvelenato. Anche questo era un privilegio mica da poco! Il momento clou era arrivato. Nella sala entrarono re e regina. Notai subito che Luigi portava i tacchi e ripeteva “Lo Stato sono io!” …e la regina, più alta di lui, indossava una parrucca enorme. Dietro di loro, il Capo delle Guardie reali , un giovane alto e atletico che osservava gli invitati, non tanto per controllare e proteggere il re, sembrava più interessato alle dame e ai loro “davanzali”. Cominciarono le danze, ma più che ballare visto l’ingombro dei vestiti, gli ospiti ondeggiavano. Con lo sballottamento di abiti e altro, si alzò una leggera brezza: nella sala si era diffuso un odore non proprio piacevole. Si dice infatti che il re non amasse molto l’acqua perché convinto che facesse male alla pelle e anche i membri della corte che lo imitavano, coprivano gli odori con litri di profumo: il risultato era terribile… A mezzanotte, per festeggiare l’arrivo del nuovo anno, il 1700, partì il trenino. Io mi infilai tra due dame perché temevo che qualche gentiluomo mi potesse afferrare in una zona bassa. Il re, che amava ballare e mettersi in mostra, si scatenò e perse letteralmente la testa… Anzi, letteralmente no, diciamo metaforicamente… perché quella la perderà qualcun altro pochi anni dopo. Non c’è che dire: avevo materiale a sufficienza per un articolo con i fiocchi, ora dovevo solo tornare indietro…

Rachele Nigi
Classe 2B – Scuola Secondaria di primo grado “Pieraccini” di Firenze

2016-04-14T14:40:27+02:00