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Incredibile, a 15 anni scopre una città Maya perduta, osservando le stelle e le mappe di Google

William Gadoury, 15 anni, studente di Saint-Jean-de-Martha, una cittadina di 60 mila abitanti a nordovest di Montreal, 22 costellazioni analizzate incrociando le mappe di Google, amante dei Maya.

Maya

William Gadoury, 15 anni, studente di Saint-Jean-de-Martha, una cittadina di 60 mila abitanti a nordovest di Montreal, 22 costellazioni analizzate incrociando le mappe di Google, amante dei Maya.

Il risultato è una scoperta straordinaria: in una zona nascosta dall’impenetrabile vegetazione della giungla messicana nello Yucatan, sorge una delle città più grandi costruite dai Maya. Ottanta chilometri quadrati di edifici e strade, una piramide alta 86 metri. Le foto satellitari dell’Agenzia Spaziale Canadese lo hanno confermato. La città è stata battezzata Kaakchi, che nel linguaggio dei Maya significa “bocca di fuoco“, il nome gliel’ha dato il suo giovanissimo scopritore.

William fu colpito dal calendario nel quale annunciarono la fine del mondo per il 2012 – appuntamento felicemente saltato dall’umanità – ed esaminò le loro mappe celesti, scovate in una riproduzione del Codex Maya conservato a Madrid.

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Non riuscivo a capire perché questa civiltà avesse scelto di costruire i propri centri abitati lontano dai fiumi, su terreni poco fertili e tra le montagne – racconta oggi il ragazzo – Pensai che doveva esserci un’altra ragione. Del resto i Maya veneravano le stelle“.

citta maya kaakchi gadoury (2)

Poi gli venne in mente di sovrapporre le 22 costellazioni raffigurate nel Codice alle cartine archeologiche: corrispondevano alla posizione di 117 città maya. Una relazione, pare, che fino a quel momento non era stata presa in considerazione dagli specialisti.

I siti nei quali i Maya costruivano le città – afferma in un’intervista al Journal de Montrealrispecchiano la mappa delle costellazioni“.

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E qui spunta la ventitreesima costellazione. Era in un altro libro. Tre stelle indicavano un punto dove non c’era alcuna città. Ma quella città dev’esserci, si disse William. E si rivolse all’Agenzia spaziale canadese che gli fornì le immagini dei satelliti della Nasa e dei giapponesi della Jaxa. In una serie di foto del 2005, anno in cui un grande incendio aveva devastato la regione, apparivano con una certa nitidezza le vestigia della città perduta.

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Ciò che affascina nel progetto di William è la profondità della sua ricerca“, ha spiegato a Le Journal de Montréal Daniel De Lisle, dell’Agenzia spaziale canadese, che a quel punto intensificò la produzione di immagini satellitari. L’università del Nouveau-Brunswick provvide al trattamento digitale delle immagini: “Il risultato ha confermato la possibile esistenza di strutture create dall’uomo, tracce quadrate di una trentina di edifici in muratura, e una piramide che proietta ombra – dice Armand La Rocque, specialista dell’università.

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Il mondo accademico è diviso. Susan Gillespie, docente di antropologia all’Università della Florida, ha liquidato la teoria di William come “un’ulteriore manifestazione dell’aurea mistica che da sempre avvolge il mondo dei Maya”. “Se dovesse esserci un sito nell’area indicata da William – ha aggiunto – si tratterebbe di una mera coincidenza: in tremila anni di storia i Maya hanno costruito insediamenti pressoché ovunque e ci sono certamente aree ancora oggi sconosciute agli archeologi“.

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Il professore Armand La Rocque, dell’Università di New Brunswick ha dichiarato che “nonostante la fitta vegetazione le immagini satellitari parlano chiaro: nell’area indicata da Gadoury c’è una grande piramide e la sua teoria potrebbe portare presto a nuove scoperte”. William intanto si gode il momento di gloria e sogna di visitare la città nello Yucatan: “Sarebbe il giusto coronamento di tre anni di lavoro, il sogno più grande della mia vita”.


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2018-06-05T17:21:09+02:00