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Un regalo per Natale

Sara Ghedina Scuola Secondaria di 1° grado “Pieraccini” di Firenze

 

Ero a un orfanotrofio, che non vorrei neanche più nominare. Io ero lì: ero in quel posto dove la speranza cresceva solo quando qualcuno veniva per adottare uno di noi orfani.
Vedevo i miei amici essere adottati uno dopo l’altro, ma io rimanevo sempre nella mia stanzetta che mi era stata assegnata.
Toby, mio fratello, era stato adottato a giugno dell’anno prima. Io crescevo, non ero tanto grande, avevo solo cinque anni, però mi ricordo ancora tutto come se fosse successo ieri. Qualche volta mi chiedevo se ero io il problema, non venivo adottato magari perché ero più timido di mio fratello o forse soltanto perché per i newyorchesi ero troppo… troppo me stesso o forse solo perché il fato diceva che dovevo restare sempre in quell’orfanotrofio, o per il resto della mia vita. Tra un anno lo avrei scoperto… mi continuavo a ripetere ogni giorno quando andavo a letto: tra un anno andrò a scuola. Non successe mai, invece, non vidi mai un banco della scuola finché rimasi lì. Ricevetti alcuni regali per il Natale che passai lì ma non ne ho mai ricevuto uno bello come quello che vi dirò in seguito.
Anche Vicky ormai era stata adottata, ero solo ormai, non c’era più nessuno tranne me, oltre ai muri: forse qualcuno avrebbe fatto volentieri a meno di accudirmi per ancora chissà quanto tempo… Era il 9 agosto 1993. Passarono altre tre famiglie che vennero a vedermi, ma tutte mi guardarono e se ne andarono senza dire niente, come si guarda un animale morto per strada, con aria di disgusto. Passarono circa tre mesi e mezzo e dalla scricchiolante vecchia porticina di quel posto non entrò nessuno, tranne qualche spiffero d’aria fredda. Era esattamente il 20 dicembre alle 21:32 quando iniziò una violenta tempesta… una tempesta di neve, la più fredda che un bambino di cinque anni come me avrebbe mai potuto vedere. Ero spaventato da quella tempesta, che durò dieci giorni. Era la Vigilia di Natale ed ero più eccitato del solito, il giorno dopo arrivava Babbo Natale. Andai a dormire.
Durante la notte, erano più o meno le due del mattino, la ragazza nuova che mi accudiva sentiva dei lamenti e delle urla soffocate all’esterno, così andò a controllare e vide due figure annaspare nella neve gelida. Le fece entrare e asciugare davanti al fuoco. Appena asciutte, le due figure riccamente vestite si presentarono: lui si chiamava Sébastien e lei Jean. dall’aspetto non si sarebbe definite persone che erano abitualmente a New York, anzi, sembravano due attori di Hollywood… e lo erano. Cat (la ragazza che mi accudiva) restò sbalordita da quanta strada avessero fatto solo per venire a prendere me. Restarono a parlare per circa un’ora e poi andarono a letto. Cat continuava pensare alla fantastica sorpresa che avrei trovato al mio risveglio e le veniva voglia di svegliarmi per dirmelo. La mattina dopo venni svegliata da Jean con un dolce bacio sulla guancia. Non so perché ma dissi solo una parola: “Mamma!”
Poi la abbracciai senza neanche sapere chi fosse, ma sapevo di volerle già un mondo di bene. Per la prima volta nella vita ero davvero felice! Per di più era il giorno di Natale! Passarono tredici anni e io andai a lavorare alla Nickelodeon. E a ogni Natale ringrazio mio padre e mia madre della seconda opportunità che mi hanno concesso.

Sara Ghedina
Classe 2E – Scuola Secondaria di 1° grado “Pieraccini” di Firenze

2016-05-11T10:15:22+02:00