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Raccontare una vita, non una morte: il leone Cecil

Martina Lucaccini Liceo Classico “Galileo” di Firenze

 

“My head belongs to my shoulders, not to your wall”. Questo è il motto di protesta contro Walter Palmer, il dentista americano che, con regolare licenza, il luglio scorso ha ucciso e decapitato il leone Cecil, magnifico esemplare maschio di Panthera Leo.
Non un semplice animale, ma il simbolo e la principale attrazione del parco Nazionale di Hwange, in Zimbabwe. Il felino dalla chioma nera, amato e temuto, ed il suo ruggito, sono scomparsi dalla riserva Africana al modico prezzo di 55mila dollari, pagati dal cittadino del Minnesota, per poter ottenere il suo “trofeo in carne ed ossa”.
Animalisti infuriati da tutto il mondo, hanno reso Cecil il leone più famoso del web, aprendo finalmente gli occhi su quanto sia non lecito non il cacciare, ma l’uccidere per divertimento.
Voltaire diceva che “È solo per un eccesso di vanità ridicola che gli uomini si attribuiscono un’anima di specie diversa da quella degli animali”.
E l’anima di Walter Palmer, probabilmente ora è più nera di quanto lo era la splendida chioma di Cecil.
Attirare un animale fuori dalla sua area protetta con una squallida esca, ferirlo con una freccia, lasciarlo agonizzante al suo destino e solo dopo 40 ore, porre fine alla sua esistenza sparandogli e decapitandolo. Questo è un uomo?
Foto terribili del leone ormai morto, con alle spalle Palmer ed un altro uomo con il sorriso e la fierezza che un assassino non dovrebbe portare sul viso, l’anno scorso hanno fatto il giro del mondo.
Ma questa tragedia non sembrava avere fine: Cecil era padre di sei cuccioli, nati dalle sue tre compagne leonesse. Nel mondo animale, le cose funzionano diversamente, e alla morte di un padre, è praticamente improbabile che dei figli, ancora incapaci di procacciarsi del cibo da soli, riescano a sopravvivere.
Johnny Rodrigues, a capo della Zimbabwe Conservation Task Force, aveva spiegato ai media l’anno scorso che nella riserva, Cecil, leone dominante del branco, si era fatto alcuni nemici: “I leoni maschi che tenteranno di conquistare le tre leonesse di Cecil non permetteranno mai che i suoi figli restino in vita”. Le parole dell’uomo erano sembrate una sentenza di morte per i piccoli felini, ma per fortuna, a volte, esistono happy ending che sembrano essere degni delle migliori favole.
Nella riserva di Hwange, c’erano due Re Leoni: il primo era Cecil, e il secondo era Jericho. Inizialmente rivali ed in continua lotta per il predominio sugli altri felini, tra i due si era creato un rapporto veramente unico, di rispetto e di collaborazione. Questa storia ce l’hanno raccontata Craig Hatkoff e le sue figlie Juliana e Isabella, nel libro “Cecil’s pride: the true story of a lion king”.
Jericho, nelle vesti di un fiero Re Leone, alla morte del rivale-amico, si è preso cura dei suoi cuccioli, crescendoli, e mediante ciò, mantenendo vivo il ricordo di Cecil e la sua stirpe.
L’obbiettivo del padre e delle due piccole scrittrici era non di raccontare come Cecil fosse morto, ma come avesse vissuto, sperando di ispirare i giovani lettori di tutto il mondo ad amare gli animali e a proteggerli, trattandoli se non come nostri pari, come nostri superiori.

Martina Lucaccini
Classe 5E – Liceo Classico “Galileo” di Firenze

2016-05-26T10:56:30+02:00