hamburger menu

Nuove Terre? Trovare vita sugli esopianeti è più complicato del previsto [VIDEO]

Vita sugli esopianeti. Per la definizione del nuovo indice di abitabilità sono stati esplorati i limiti termici degli organismi poichilotermi...

11 Novembre 2016

vita sugli esopianeti

La caccia alla vita al di fuori della Terra è inarrestabile e i metodi di ricerca si affinano. La più recente scoperta è che le sole condizioni per la presenza di acqua liquida non bastano a garantire l’abitabilità di un mondo lontano.

Lo ha fatto capire l’introduzione di un nuovo indice per comprendere se un pianeta al di fuori del Sistema Solare è abitabile o no, un indice che si basa su limiti di temperatura superficiale che permettano la presenza di ‘vita complessa’, cioè organismi in grado di generare biomarcatori atmosferici. Vediamo punto per punto di cosa si tratta.

Cacciatori di esopianeti e analisi dell’atmosfera

Grazie ai cosiddetti ‘cacciatori di esopianeti‘, cioè potenti telescopi sia terrestri che spaziali, come il Kepler della Nasa, sappiamo che esistono più pianeti che stelle. Tra questi, i papabili per ospitare la vita sono di tipo roccioso e orbitano intorno a una stella paragonabile al nostro Sole.

Si tratta, quindi, di scovare nel Cosmo i gemelli della Terra. Dopodiché ad essere analizzata deve essere l’atmosfera, alla ricerca dei mattoncini della vita: idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto. Quest’analisi è già possibile per giganti gassosi, per quanto riguarda i pianeti rocciosi gli scienziati sono al lavoro.


Nelle NEWS:

– Medicina spaziale, l’Esa sceglie un team italiano
– La tecnologia italiana misurerà lo stato di salute del ‘verde’ della Terra
– Falcon9 a dicembre torna sulla rampa di lancio
– Dallo Spazio a Intercultura, ecco la borsa di studio ‘Volare’ voluta da Luca Parmitano


Lo studio CNR e INAF sul nuovo indice di abitabilità degli esopianeti

Un nuovo studio pubblicato sull’International Journal of Astrobiology e a cura del Consiglio nazionale delle ricerche, con l’Osservatorio astronomico di Trieste dell’Istituto nazionale di astrofisica e l’Università della British Columbia a Vancouver punta i fari sulla temperatura superficiale.

In pratica, se finora la possibilità che ci fosse acqua allo stato liquido su un esopianeta era ritenuta la misura fondamentale per capire se fosse abitabile o no, il nuovo studio spiega che la sola presenza di questa condizione non basta. L’acqua, infatti, può esistere anche laddove gli organismi viventi non ce la farebbero.

I limiti “termici degli organismi in grado di produrre biomarcatori atmosferici sono più stretti – ha spiegato Antonello Provenzale del Cnr. Le stime indicano che la quasi totalità di questi organismi, ma anche di cianobatteri in grado di produrre ossigeno atmosferico, sono racchiusi nell’intervallo tra 0 e 50°C”.


Ti potrebbe interessare: Pianeti abitabili? È più difficile di quanto si pensasse. La ricerca del Cnr-Inaf


Le analisi hanno dimostrato che è solo in quest’intervallo di temperatura che possono essere presenti forme di vita con metabolismo aerobico che usino acqua come solvente, proprio come gli organismi terrestri.

Per la definizione del nuovo indice di abitabilità sono stati esplorati i limiti termici degli organismi poichilotermi: sono quelli la cui temperatura corporea varia molto nel tempo e sono i più sensibili alle variazioni della temperatura ambientale.

“L’abitabilità planetaria basata su questa nuova definizione è stata stimata mediante l’uso di un recente modello climatico semplificato per pianeti di tipo terrestre”, ha spiegato Laura Silva di Inaf. I risultati indicano “che la zona abitabile così ottenuta risulta essere più stretta di quella classica”.

Per valutare l’abitabilità diventa così fondamentale studiare l’atmosfera in maniera accurata anche per quanto riguarda gli effetti che questa ha sulla temperatura del pianeta. Le sue caratteristiche, infatti, influenzano i gradienti di temperatura latitudinali, la variabilità stagionale, la possibilità di sviluppo di vita complessa e anche la dose di radiazione superficiale indotta da raggi cosmici galattici.

Si conferma, quindi, come nella stima dell’abitabilità extrasolare sia necessario considerare le proprietà delle atmosfere planetarie, oltre che le caratteristiche orbitali dei pianeti, e valutare attentamente i limiti termici, più stringenti rispetto alla semplice presenza di acqua liquida”.



Medicina spaziale, l’Esa sceglie un team italiano
Dallo spazio e dall’assenza di gravità oppure dal suo contrario, l’ipergravità, arriveranno indicazioni utili per prevenire e curare l’insorgere di malattie connesse all’invecchiamento della popolazione e alla sedentarietà sulla Terra. Per compiere questi esperimenti, l’Agenzia spaziale europea ha selezionato per la campagna 2016 “Spin your thesis!” la proposta di un team italiano, coordinato da Debora Angeloni, ricercatrice dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il team “HypE” (acronimo di “Hypergravity effect on Endothelium”) coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna, è stato chiamato a condurre esperimenti in ipergravità all’interno della “Large diameter centrifuge”, una “centrifuga” del diametro di 8 metri che permette di ottenere condizioni di gravità superiori a quella terrestre, installata nel Centro europeo di ricerca spaziale e tecnologica (Estec), in Olanda, a Noordwijk.

La tecnologia italiana misurerà lo stato di salute del ‘verde’ della Terra
L’ESA ha selezionato l’italiana Leonardo per la costruzione dello strumento principale del prossimo satellite FLEX, per lo studio dello stato di salute della vegetazione sulla Terra. Il lancio è previsto entro il 2022. Leonardo sarà impegnata per quattro anni nella progettazione, produzione e qualifica dello spettrometro, realizzato a Campi Bisenzio, che rileverà da circa 800 km di altezza la luce emessa dalle piante scomponendola nei suoi diversi colori. In questo modo sarà possibile stabilire con precisione assoluta l’intensità della “fluorescenza”, ovvero il tenue bagliore rossastro emesso durante la fotosintesi clorofilliana e impercettibile all’occhio nudo, indice diretto dello stato di salute della vegetazione. FLEX orbiterà e opererà in tandem con il satellite Sentinel-3 del Programma europeo Copernicus, su cui un altro strumento realizzato da Leonardo – il radiometro SLSTR – misura la temperatura superficiale di oceani e terre emerse. I dati raccolti saranno di supporto per rispondere alle sfide associate al cambiamento climatico e allo sviluppo sostenibile dell’ambiente, degli ecosistemi e dei territori, oltre a fornire informazioni preziose per il settore agricolo.

Falcon 9 a dicembre torna sulla rampa di lancio
Dopo il disastroso incidente di settembre, Elon Musk ci riprova. Il magnate, fondatore di SpaceX, ha infatti annunciato che a metà dicembre il razzo Falcon9 sarà di nuovo sulla rampa di lancio. E a proposito dell’esplosione di settembre, ha precisato che un incidente del genere non si era mai verificato prima e che sono andati a fondo nell’analisi delle cause. Si è trattato della solidificazione dell’ossigeno liquido, usato come propellente, il quale ha innescato una reazione con i serbatoi di elio liquido composti in fibra di carbonio. Questo rivestimento, entrando in contatto con l’ossigeno solido, avrebbe causato l’esplosione.

Dallo Spazio a Intercultura, ecco la borsa di studio ‘Volare’ voluta da Luca Parmitano
L’astronauta italiano Luca Parmitano è sempre stato un grande sostenitore delle esperienze all’estero, specie per i ragazzi. Il suo appoggio è diventato ora concreto: ha deciso di donare a Intercultura i proventi dell’e-book ‘Volare’, in cui racconta la sua missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, per istituire una borsa di studio. La borsa di studio Volare è indirizzata a studenti di 15-17 anni di età. Lo stesso Parmitano fu protagonista di uno scambio culturale targato Intercultura quando aveva 17 anni: un’esperienza che gli ha “cambiato la vita”.

2016-11-11T15:44:16+01:00