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Nasa: ecco i 7 pianeti gemelli della Terra. E su tre potrebbe esserci vita [FOTO/VIDEO]

pianeti gemelli ESO – Alcuni astronomi hanno trovato un sistema di sette pianeti di dimensioni simili alla Terra ad appena 40 anni luce da noi, usando telescopi da terra e dallo spazio, tra cui il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO. I pianeti sono stati tutti individuati mentre passavano di fronte alla propria stella madre, la […]

22 Febbraio 2017

pianeti gemelli

ESO – Alcuni astronomi hanno trovato un sistema di sette pianeti di dimensioni simili alla Terra ad appena 40 anni luce da noi, usando telescopi da terra e dallo spazio, tra cui il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO. I pianeti sono stati tutti individuati mentre passavano di fronte alla propria stella madre, la nana ultrafredda nota come TRAPPIST-1. Secondo l’articolo pubblicato oggi dalla rivista Nature, tre dei pianeti si trovano nella zona abitabile e potrebbero ospitare oceani d’acqua in superficie, aumentando la probabilità che il sistema stellare possa ospitare la vita. Questo sistema contiene il maggior numero di pianeti di dimensione terrestre trovato finora e il più grande numero di mondi che possano sostenere acqua liquida in superficie.

Alcuni astronomi, usando il telescopio TRAPPIST-South all’Osservatorio di La Silla dell’ESO, il VLT (Very Large Telescope) al Paranal e il telescopio spaziale Spitzer della NASA, così come altri telescopi in tutto il mondo [1], hanno ora confermato l’esistenza di almeno sette piccoli pianeti in orbita intorno alla nana rossa fredda TRAPPIST-1 [2]. Tutti i pianeti, chiamati TRAPPIST-1b, c, d, e, f, g e h in ordine di distanza crescente dalla stella madre, hanno dimensioni simili a quelle della Terra [3].

Piccoli cali nell’emissione di luce della stella, causati da ciascuno dei sette pianeti mentre le passano di fronte – questi eventi sono noti come transiti – hanno permesso agli astronomi di dedurre informazioni sulle loro dimensioni, composizione e orbita [4]. Si è trovato che almeno i sei pianeti più interni sono confrontabili alla Terra per dimensione e temperatura

This infographic displays some artist’s illustrations of how the seven planets orbiting TRAPPIST-1 might appear — including the possible presence of water oceans — alongside some images of the rocky planets in our Solar System. Information about the size and orbital periods of all the planets is also provided for comparison; the TRAPPIST-1 planets are all approximately Earth-sized.

Il primo autore Michaël Gillon dell’Istituto STAR all’Università di Liegi in Belgio è entusiasta dei risultati ottenuti: “È un sistema planetario sorprendente – non solo perchè abbiamo trovato così tanti pianeti, ma perchè sono incredibilmente simili per dimensione alla Terra!”

Con una massa pari all’8% del Sole, TRAPPIST-1, nella costellazione dell’Acquario, è molto piccola in termini stellari – solo marginalmente più grande del pianeta Giove – e anche se vicina a noi appare molto debole. Gli astronomi si aspettavano che queste stelle nane potessero ospitare molti pianeti di dimensione terrestre in orbite molto strette, rendendole obiettivi promettenti per la caccia alla vita extraterrestre, e TRAPPIST-1 è il primo di questi sistemi a essere stato scoperto.

Il co-autore Amaury Triaud spiega: “La produzione energetica delle stelle nane come TRAPPIST-1 è molto più debole di quella del Sole. Perchè ci sia acqua liquida in superficie, i pianeti dovrebbero essere in orbite più vicine di quanto vediamo nel Sistema Solare. Fortunatamente sembra che questa configurazione compatta sia proprio ciò che troviamo intorno a TRAPPIST-1!

L’equipe ha determinato che tutti i pianeti nel sistema sono di dimensioni simili alla Terra e Venere nel Sistema Solare o appena più piccoli. Le misure di densità suggeriscono che almeno i sei pianeti più interni siano probabilmente rocciosi.

Le orbite planetarie non sono molto più grandi di quelle delle lune di Galileo e sono invece molto più piccole dell’orbita di Mercurio nel Sistema Solare. Ma la dimensione minuscola e la bassa temperatura di TRAPPIST-1 implicano che l’energia che arriva ai pianeti è simile a quella ricevuta dai pianeti interni nel nostro Sistema Solare; TRAPPIST-1c, d e f ricevono quantità di energia simili a Venere, Terra e Marte, rispettivamente.

Tutti e sette i pianeti scoperti nel sistema potrebbero avere acqua liquida in superficie, anche se le distanze orbitali rendono alcuni candidati più promettenti di altri. Modelli climatici suggeriscono che i pianeti più interni, TRAPPIST-1b, c e d, siano probabilmente troppo caldi per avere acqua liquida, tranne forse su una piccola frazione della superficie. La distanza orbitale del pianeta più esterno, TRAPPIST-1h, non è confermata, anche se è probabilmente troppo distante e freddo per l’acqua liquida – assumendo che non ci siano altri processi di riscaldamento [5]. TRAPPIST-1e, f e g perciò rappresentano il “Santo Graal” degli astronomi alla ricerca di pianeti, poichè orbitano nella zona abitabile e potrebbero ospitare oceani di acqua in superficie [6].

Queste nuove scoperte rendono il sistema TRAPPIST-1 molto importante per studi futuri. Il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA viene già usato per ricercare atmosfere intorno ai pianeti e Emmanuël Jehin, membro della collaborazione, è entusiasta sulle possibilità future: “Con la nuova generazione di telescopi, come l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO e il telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA saremo presto in grado di cercare l’acqua e forse anche evidenza di vita in questi mondi.”

Note

[1] Oltre al telescopio spaziale Spitzer della NASA, l’equipe ha usato anche molte strutture da terra: TRAPPIST-South all’Osservatorio della Silla dell’ESO in Cile, HAWK-I sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, TRAPPIST-North in Marocco, il telescopio UKIRT da 3,8 metri in Hawaii, il telescopio da 2 metri Liverpool e William Herschel da 4 metri a La Palma nelle Isole Canarie e il telescopio SAAO da 1 metro in Sud Africa.

[2] TRAPPIST-South (il telescopio TRAnsiting Planets and PlanetesImals Small Telescope–South) è un telescopio robotico belga da 0,6 metri di diametro gestito dall’Università di Liegi e ubicato all’Osservatorio dell’ESO di La Silla in Cile. Per la maggior parte del tempo controlla la luce di 60 tra le più vicine stelle nane ultrafredde e nane brune (“stelle” non abbastanza massicce da dare inizio a fusione nucleare al loro interno), cercando evidenza di transiti planetari. TRAPPIST-South, insieme con il gemello TRAPPIST-North, è un precursore del sistema SPECULOOS, al momento in fase di installazione all’Osservatorio del Paranal dell’ESO.

[3] All’inizio del 2016 un’equipe di astronomi, guidata da Michaël Gillon, ha annunciato la scoperta di tre pianeti in orbita intorno a TRAPPIST-1. Hanno intensificato le osservazioni del sistema soprattutto a causa di un notevole triplo transito osservato dallo strumento HAWK-I sul VLT. Questo transito ha mostrato chiaramente che almeno un altro pianeta sconosciuto era in orbita intorno alla stella. La curva di luce ormai storica mostra per la prima volta tre pianeti temperati di dimensione simile alla Terra, due dei quali nella zona abitabile, che passano di fronte alla stella nello stesso momento!

[4] Questo è uno dei metodi principali che gli astronomi usano per identificare la presenza di un pianeta intorno a una stella: osservare la luce proveniente dalla stella per vedere se parte di essa viene bloccata mentre il pianeta passa di fronte alla sua stella madre sulla linea di vista della Terra – transita di fronte alla stella, come dicono gli astronomi. Durante l’orbita ci aspettiamo di vedere diminuzioni regolari nella luce proveniente dalla stella quando il pianeta le passa di fronte.

[5] Questi processi potrebbero comprendere il riscaldamento mareale, per cui l’attrazione gravitazione di TRAPPIST-1 deforma ripetutamente il pianeta, portando a un aumento dell’attrito interno e alla produzione di calore. Questo processo causa il vulcanismo attivo sulla luna di Giove Io. Se anche TRAPPIST-1h avesse mantenuto un’atmosfera primordiale ricca di idrogeno, il tasso di perdita di calore potrebbe essere molto basso.

[6] Questa scoperta rappresenta anche la più grande catena di esopianeti nota con orbite in quasi risonanza . Gli astronomimisurano con precisione quanto occorre a ogni pianeta del sistema per completare un’orbita intorno a TRAPPIST-1 – il cosiddetto periodo di rivoluzione – e quindi calcolano il rapporto tra il periodo di ogni pianeta e quello del successivo. I sei pianeti più interni di TRAPPIST-1 hanno rapporti tra i periodi molto vicini a frazioni semplici, come per esempio 5: 3 o 3: 2.Ciò significa che i pianeti probabilmente si sono formati insieme più lontani dalla loro stella e successivamente si sonospostati verso l’interno nella loro configurazione attuale. Se fosse così, potrebbero essere corpi a bassa densità e ricchi digas volatili, suggerendo la presenza di una superficie ghiacciata e / o un’atmosfera.


DIRE – Sette pianeti fratelli della Terra, che si trovano a una distanza di 39 anni luce dal nostro pianeta,  in una fascia che dagli scienziati viene considerata di ‘abitabilità‘. Il che significa che potrebbe esserci vita, almeno su tre dei sette. E’ il clamoroso annuncio arrivato poco fa dalla Nasa in mondovisione: il sistema composto di sette pianeti che è stato individuato ruota attorno ad una stella che è stata battezzata Trappist-1.

Tre di questi pianeti, per la loro distanza da questa stella, ospiterebbero in superficie acqua allo stato liquido: il che permetterebbe lo sviluppo di condizioni favorevoli alla vita.

La scoperta è contenuta in una ricerca coordinata dall’Università di Liegi (in Belgio) pubblicata sulla rivista Nature e che la Nasa ha presentato con una conferenza stampa che ha scatenato l’interesse della comunità scientifica e non. Secondo il coordinatore della ricerca, Michael Gillon, si tratta di “un sistema planetario eccezionale, non solo perché i suoi pianeti sono così numerosi, ma perché hanno tutti dimensioni sorprendentemente simili a quelle della Terra”.

L’evento è stato reso noto lunedì e da subito media e appassionati di tutto il Mondo si sono scatenati in rete ipotizzando varie teorie. Tra le tanti voci che girano l’ipotesi più accreditata è quella della scoperta di un pianeta che potenzialmente potrebbe ospitare qualche forma di vita o quanto meno localizzato nella fascia di abitabilità.


I pianeti extrasolari

Un pianeta extrasolare o esopianeta è un pianeta non appartenente al sistema solare, orbitante cioè attorno a una stella diversa dal Sole.

Al 15 febbraio 2017 risultano conosciuti 3577 pianeti extrasolari in 2687 sistemi planetari diversi (di cui 602 multipli) e 211 altri pianeti in attesa di conferma o controversi. L’elenco completo dei pianeti extrasolari conosciuti può essere trovato nella Lista dei pianeti extrasolari confermati e nella Lista dei pianeti extrasolari non confermati o controversi.

Il traguardo simbolico del 1000º pianeta conosciuto è stato raggiunto il 22 ottobre 2013, con l’annuncio di 11 pianeti gioviani caldi da parte del progetto SuperWASP. Il 2000º pianeta confermato è Kepler-406 b: è stato scoperto nel 2014 e confermato il 25 novembre 2015 nell’ambito della missione Kepler con il metodo del transito.

La scoperta degli esopianeti è resa possibile da metodi di osservazione indiretta piuttosto che da osservazioni al telescopio. A causa dei limiti delle tecniche di osservazione attuali, la maggior parte dei pianeti individuati sono giganti gassosi come Giove e, solo in misura minore, pianeti rocciosi massivi del tipo Super Terra, anche se ultimamente la frazione di pianeti più piccoli sta notevolmente crescendo, soprattutto grazie alla missione Kepler.

LISTA degli ESOPIANETI


Si parla infatti di una scoperta “oltre il nostro Sistema Solare“, e si precisa che i risultati riguarderanno i pianeti extrasolari. A dare peso a questa ipotesi la conferma che all’evento saranno presenti i responsabili del telescopio Spitzer della Nasa.


Il telescopio spaziale Spitzer (Spitzer Space Telescope o SST, chiamato, precedentemente, Space Infrared Telescope Facility o SIRTF), è un osservatorio spaziale che osserva nell’infrarosso. Costruito dalla NASA, dal Jet Propulsion Laboratory e dal California Institute of Technology, e lanciato il 25 agosto 2003, questo telescopio spaziale, costato 670 milioni di dollari statunitensi, è il quarto del progetto Grandi Osservatori della NASA.

Il telescopio è stato rinominato il 18 dicembre 2003 dopo che le prime osservazioni avevano dimostrato la sua efficienza; dopo un concorso internazionale a cui hanno partecipato oltre 7000 saggi il nome scelto è stato quello di Lyman Spitzer, uno dei più influenti astrofisici del XX secolo, il primo a proporre la costruzione di un telescopio nello spazio.

Il periodo di durata della missione era 2,5 anni, almeno fino a quando non si fosse esaurito l’elio, liquido che serviva per raffreddare il telescopio e necessario a mantenere basse le temperature della maggioranza degli strumenti. L’efficienza del telescopio ha fatto durare la missione principale molto di più, ovvero 5 anni e mezzo, fino a quando nel 2009 non si esaurì l’elio. Alcuni strumenti divennero inutilizzabili, tuttavia, i due moduli a lunghezza d’onda corta della camera IRAC sono rimasti sensibili come prima dell’esaurimento dell’elio, e il telescopio da quel momento è utilizzato per la missione denominata Spitzer Warm Mission. La strumentazione è stata riconfigurata per continuare le osservazioni “a caldo”, e gli strumenti, che operano comunque a meno di 30 K, permettendo ancora buone osservazioni nel vicino infrarosso.

Ad agosto 2016 la NASA ha prolungato la sua missione, definita “beyond”, a partire da Ottobre 2016 per altri 2 anni e mezzo estendendola sino al lancio del James Webb Telescope.

fonte: Wikpedia


LA DIRETTA della NASA


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I partecipanti alla conferenza della Nasa:

· Thomas Zurbuchen, amministratore associato della direzione Science Mission della NASA a Washington

· Michael Gillon, astronomo presso l’Università di Liegi, in Belgio

· Sean Carey, direttore del Centro di Spitzer Science della NASA a Caltech / IPAC, Pasadena, California

· Nikole Lewis, astronomo presso l’Istituto Space Telescope Science a Baltimora

· Sara Seager, professore di scienza planetaria e fisica al Massachusetts Institute of Technology, Cambridge

Al momento della conferenza stampa, i risultati saranno anche pubblicati online su Nature.

L’agenzia spaziale ha inoltre lanciato su Twitter l’hashtag #askNASA utilizzabile da chi, utenti o giornalisti, volesse rivolgere delle domande specifiche sui cosiddetti “esopianeti”.

L’ultimo grande annuncio della Nasa in materia di pianeti fu nel 2015 quando Spitzer, in collaborazione con il telescopio ottico italiano da 3,6 metri alle Canarie rivelò il più vicino pianeta roccioso (di solito tutti gli esopianeti sono giganti gassosi) HD 219134b, lontano da noi ‘solo’ 21 anni luce ma purtroppo troppo vicino alla sua stella per ospitare una forma di vita. 

2018-06-05T17:15:00+02:00