ROMA – Anticipato dal primo singolo, La Effe, esce oggi The Irhu Experience, il nuovo album di FFiume, produttore musicale, rapper e dj calabrese classe 1975, giramondo dal 1994, attualmente di stanza a Londra. Il titolo porta in se molti significati. È prima di tutto un omaggio al nome del producer che ha composto la maggioranza dei beat del disco. È, poi, un riferimento all’assonanza con il verbo giapponese “iru”, che significa “essere” e allo stesso termine che in astronumerologia rappresenta “il cammino della vita”. Il disco è disponibile da oggi in streaming integrale e per l’acquisto in versione digitale su Bandcamp ed è supportato da una campagna crowdfunding su Musicraiser che propone vari bundle comprendenti anche il vinile.
FFiume, The Irhu Experience
FFiume, l’intervista
E’ una storia molto lunga, secolare direi: viene dalla mia famiglia, l’origine è nel mio cognome. Nel rap, o almeno in quello con cui sono cresciuto io, quando il rapper, o l’”MC” (acronimo per “master of ceremony”) – anche se le due cose non sono esattamente la stessa cosa – ha un bell’incedere, è bravo, si dice che ha “flow”, che fluisce, appunto. E nel rap c’è sempre molta autostima, si sa… quindi, cosa fluisce più e meglio di un fiume, amici? Come natura crea, da generazioni 😉
Sicuramente un’anima migrante, un po’ tanto per necessità e un po’ per vocazione e virtù vado dove mi portano le opportunità di business e la musica, più che la ricerca spirituale…
Un po’ tutto, direi: dalla situazione politica alla società, all’arretratezza culturale, alla difficoltà oggettiva a esprimersi al top in mille settori, in generale… il mondo sta cambiando a una velocità pazzesca, anche ora, mentre parliamo, e l’Italia invece no, ha il trionfo della mediocrità al potere e un paese che non riesce strutturalmente a fare un passo avanti…
È stato un brutto colpo. Sentirsi rifiutati a casa propria non è bello, no. Ma Londra non è l’Inghilterra, come Milano non è l’Italia, mediamente parlando. E Londra è la mia casetta, al momento. Domani si vedrà. Comunque Londra ha sofferto e sta soffrendo di questa situazione, a cui si sono aggiunti i recenti atti di terrorismo. Il populismo, un po’ come dappertutto, e il razzismo si annidano nella provincia, tra i ranghi del globalizzato male, lì dove manco sanno cosa sia dal vivo e davvero l’immigrazione, perché non la vedono, e sono razzisti e ignoranti per mancanza d’altro, e per induzione da mezzi di comunicazione di massa, social media in testa. Lo sai che The Drum, il massimo organo di stampa dedicato al marketing ed alla comunicazione in UK, ha dato al Brexit la palma di “Miglior Campagna di Marketing Integrato 2016”? Perché questo è stato, marketing integrato a partire da big data e social media. È il nuovo ordine mondiale, ed è così fatto. Io ti posso dire che per me è stato allucinante, sulle prime… Era il giovedì notte subito dopo il voto, lo scorso giugno, uscivano i primi polls, io ero a una festa, un compleanno di un’amica tedesca, e qualcuno ha acceso la tv. In sala eravamo quasi tutti “expat” – italiani, tedeschi, francesi, spagnoli, greci, inglesi, scozzesi, irlandesi, di tutto… come nelle barzellette di una volta – e di colpo la festa da “birthday party” è diventata un “Brexit party”. Sono tornato a casa molto tardi, molto scosso dalla festa, quella notte e, dopo nemmeno tre ore di sonno, mi sono risvegliato di soprassalto cercando il telefono per avere aggiornamenti. Tre ore prima era sostanzialmente ancora quasi parità. Ho visto il risultato, ho smaltito la festa in tre secondi. Non sono uscito da casa tutto il giorno, quel venerdì, ero nerissimo. Messaggi e telefonate di amici e familiari e tanta amarezza. Stato di shock. Poi, pian piano, la vita è andata avanti. E oggi nessuno sa realmente cosa sarà di questo Brexit, a distanza di quasi un anno… da poco sono state indette elezioni per il mese prossimo, da qualcuno che privatamente disse che il Brexit era una stronzata, mentre per il suo ruolo lo difende pubblicamente. Lo stesso qualcuno che non voleva le elezioni considerandole non necessarie, ora invece di colpo le considera indispensabili. È tutto molto confuso. Viviamo strani giorni, come disse Battiato.
#nonmiriprendopiù
Irhu è il nome del producer, “iru” in giapponese è infinito del verbo “essere”, in astronumerologia indica il cammino della vita, lo svolgersi delle cose, il cambiamento. È un album in cui le parole rotolano sulle batterie in uno sforzo poliritmico, e polisemantico, per creare strati di significati molteplici, lasciando immagini e alimentando in chi ascolta delle domande, assieme a delle risposte chiare, sul significato stesso. Il suono è quello che accompagna la mia vita da quasi sempre, un groove influenzato tanto dal jazz e dal funk quanto dalla musica italiana, in un gioco di rimandi e citazioni a ritroso che i più attenti ed esperti noteranno tra le rime. Forse. In generale, per chi non è troppo avvezzo al genere musicale in questione, racconto delle storie in modo non troppo diretto, cercando di scegliere immagini e allegorie per solleticare la curiosità e generare delle domande in chi ascolta, più che dare pappa pronta e riferimenti pronto uso. Mi diverto di più così.
La musica per me è centrale, ma non è musica per la musica e basta. È tutto parte di un progetto più ampio, di creatività estesa, per come la vedo io. Di espressione libera. Io di mio non sono propriamente un musicista, nel senso più stretto del termine. Nasco dalla cultura del deejay, gioco con i giradischi e i campionatori, scrivo e interpreto delle rime, stravolgo partiture musicali e le ricompongo, è un processo articolato su più livelli, filtrato dalla lente della curiosità del performer multimediale, in un certo senso. È intrattenimento per chi ha voglia di viaggiare oltre le righe e scavare un po’ più in profondità. La scelta di ampliare la produzione implica una fisicità stessa dei supporti che va in netta contrapposizione alla voga attuale della musica solo come digitale. È un po’ un grido di resistenza, non sovvertiremo il mercato ma non lo vogliamo nemmeno subire passivamente. Se nessuno offre un’alternativa, nessuno avrà una scelta. Noi per primi.
Sto lavorando a un live “sperimentale” per l’Irhu, sì, mischiando strumenti e campionatori e giradischi su un palco, e spero di portare un po’ di date molto presto a giro. Promoter, chiamateci! Accanto a questo ho già iniziato a comporre un nuovo album, di cui ancora è presto per parlare, ma vedrà me ed Herrera (producer e rapper pisano con cui collaboro) in formissima… non posso dire altro a oggi. Le novità arriveranno da Londra e dall’Italia, sicuramente, oppure chissà, da dove metterò i piedi prossimamente… ci si becca in giro!