esperimenti di Vita
Medicina e tecnologia, biologia e fisica. Sono 13 gli esperimenti di matrice italiana di cui si occuperà l’astronauta Paolo Nespoli durante la missione Vita sulla Stazione Spaziale Internazionale.
I loro risultati contribuiranno alle cure per numerose patologie, aumenteranno la nostra conoscenza dello Spazio e saranno utili a preparare le missioni di lunga durata del futuro, a partire da quella dell’Uomo su Marte.
L’Agenzia DIRE li racconterà, uno per uno, con interviste ai responsabili e visite ai laboratori in cui sono nati.
L’esperimento di cui ci occupiamo questa settimana è Serism.
La guerra all’osteoporosi è quella combattuta da Serism, esperimento che punta a capire se in futuro saremo in grado di riprogrammare le nostre cellule del sangue per farle diventare cellule capaci di fare osso. I risultati saranno utili non solo per gli astronauti- che nell’osteoporosi hanno uno dei principali nemici-, ma anche per milioni di persone che ne soffrono sulla Terra.
Ne abbiamo parlato con il responsabile dell’esperimento, Mauro Maccarrone dell’Università Campus Bio-Medico di Roma
“L’esperimento Serism vuole capire se alcune cellule del nostro sangue rieducate a diventare cellule capaci di formare l’osso possono correggere il problema che gli astronauti hanno nello Spazio -anche dopo periodi non molto lunghi di permanenza- cioè l’osteoporosi. In pratica l’assenza di stimolo meccanico, la mancanza della forza di gravità, provoca una perdita progressiva del nostro tessuto scheletrico con una serie di problemi collaterali. Quindi sarebbe utile correggere, ridurre o addirittura prevenire del tutto questo fenomeno nell’astronauta”.
Cosa succederà sulla Stazione Spaziale Internazionale?
“L’esperimento è progettato per richiedere soltanto tre interventi dell’astronauta. Premere un pistone all’inizio, premerlo di nuovo in un momento successivo, e poi mettere in un congelatore i campioni. Per il resto l’hardware che circonda l’esperimento è in grado di gestire tutto il necessario”.
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Serism prevede anche una parte da svolgere sulla Terra, oltre che a bordo della Stazione spaziale internazionale
“La domanda specifica lo richiede. E’ meglio avere quella naturale e cioè quella che troviamo fuori dalla Terra, anche se una serie di esperimenti preliminari li abbiamo condotti con microgravità simulata. Esiste la possibilità, cioè, la possibilità di riprodurre un’assenza di gravità anche in un laboratorio terrestre usando una serie di strumenti particolari. Il mio gruppo ha un’esperienza di 20 anni: queste simulazioni a Terra sono molto utili per rinforzare e preparare al meglio la sperimentazione nelle condizioni spaziali reali”.
Serism avrà anche delle ricadute sulla Terra.
“A voler essere ottimisti le ricadute possono essere davvero importanti perché l’osteoporosi non è un problema che affligge l’astronauta e basta, ma è una condizione che riguarda milioni di persone sulla Terra. Quindi se quello che osserveremo nello Spazio davvero ci indicherà che alcuni segnali del nostro corpo sono responsabili di questo fenomeno noi potremmo immaginare di usare la stessa strategia anche per migliorare, ridurre, rallentare l’evoluzione dell’osteoporosi nei soggetti anziani sulla Terra”.
Ma per quando possiamo aspettarci i primi risultati?
“Ricordiamoci che siamo ancora nella fase puramente sperimentale. Però se l’idea di usare cellule del sangue, educarle a diventare cellule capaci di fare osso e poi trasfonderle nello stesso donatore con una modalità autologa dovesse davvero funzionare la strada potrebbe non essere poi così lunga. Non parliamo di sviluppo di farmaci, di molecole strane, ma di utilizzare le nostre stesse cellule dopo averle riprogrammate a fare ciò che ci occorre”.
All’esperimento Serism lavorano, oltre al professor Maccarrone, anche Natalia Battista dell’Università degli studi di Teramo, Monica Bari e Alessandro Gambacurta dell’Università Roma Tor Vergata, e Valerio Chiurchiù dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.