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Chef Rubio e la sua cucina in tutti i sensi

Chef Rubio in un'intervista a tutto tondo per Diregiovani

Roma – L’11 settembre inizia la terza stagione di ‘Cucina in tutti i sensi’, una buona occasione per fare il punto della situazione con Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio. Un personaggio atipico per la televisione, ci sta scomodo, sarà per la stazza o per quell’allergia all’etichettatura facile.

La Tv dona la popolarità come nessun altro media al mondo, ma con la stessa semplicità ti appiccica un’etichetta addosso ed è facile trovarsi prigioniero di un personaggio. E allora o ripeti per vent’anni lo stesso tormentone o esci di scena.

Rubio ha trovato la terza via: uno, nessuno e centomila, lo chef, il fotografo, il reporter, lo sportivo, il lavoratore buono per ogni compito a patto che ci sia da sporcarsi le mani e tutto declinato in mille modi diversi. Restando sempre con i piedi per terra e gli occhi puntati a chi è rimasto indietro. Difficile anche intervistarlo perché ne fa così tante che non ne basterebbero tre ore e così, come accade raramente, si deve selezionare, fare una sintesi dei contenuti.

Ma partiamo dall’attualità. L’11 di settembre partirà la terza edizione di ‘Cucina in tutti i sensi’, realizzato in collaborazione con l’Istituto Statale Sordi di Roma (ISSR) e L’altro Spazio di Bologna, con Oney Tapia, atleta paralimpico della Fispes, Deborah Donadio, istruttrice della lingua dei segni e attrice teatrale, e la sous chef Serena Sacco. Un’edizione con una novità in più visto che le ricette, raccontate come sempre anche nella lingua dei segni, saranno disponibili anche per gli utenti non vedenti.

 

Come è nata questa squadra?

“Con Deborah ci conosciamo da anni, è stata la mia insegnante di Lis (Lingua dei segni) Serena l’ho conosciuta all’Altro Spazio a Bologna come lo stesso gruppo di lavoro, Oney Tapia invece l’ho conosciuto a Rio alle Paralimpiadi”.

I tre protagonisti si mettono ai fornelli per preparare 4 piatti che dovranno soddisfare le esigenze di un ospite ancora Top Secret, che dovrà assaggiare e dare una valutazione. In 4 minuti Deborah, Serena e Rubio dovranno stilare una lista della spesa con gli ingredienti e gli utensili necessari per cucinare e impiattare le pietanze. Il tutto arricchito da brevi pillole sulla storia e le curiosità di ogni ricetta raccontate grazie al motion graphic.

 

#NONSAICHETEPERDI

“#Nonsaicheteperdi è un modo simpatico per dire: assaggia”

Il 28 settembre invece ci sarà la presentazione della pasta che lo Chef ha ideato per l’azienda a conduzione familiare Scoiattolo, un Raviolo Asiatico e un Tortello Mediterraneo. Le paste saranno messe in vendita da settembre a dicembre e dal ricavato della loro vendita si potrà sostenere la formazione di nuovi cuochi presso l’istituto professionale Galdus.

“E’ un po’ difficile raccontare dei progetti che spesso sono in contrasto con le politiche locali, l’estremo sfarzo e benssere che contrasta con la situazione dei lavoratori di Dubai o Abu Dabi. Per fortuna l’umanità di alcuni esponenti politici e non ha permesso a questo progetto di continuare”.

 

IL PASTO SOSPESO

Il pasto sospeso è l’evoluzione del caffè sospeso nato a Napoli. Rubio lo ha proposto alla Casetta Rossa insieme ad Erri De Luca e i ragazzi del Baobab e lo ha esportato anche a Dubai, quando è stato ospite del ristorante italiano Piadera, durante il periodo del Ramadam nell’anno della generosità per gli Emirati. Per ogni piadina venduta viene donato un pasto ai lavoratori del Labour Camp, un meccanismo semplice che continua ancora oggi.

“Come in tutte le cose il negativo ha sempre un eco maggiore del positivo. E’ più facile da comprendere e divulgare, nel 2017 sono sempre meno le persone con una cultura e una sensibilità sviluppata, quindi è molto più facile per la massa ignorante odiare che trovare delle sioluzioni a problemi che non sono stati creati né dai migranti né dagli italiani, ma dai politici che sono degli incompetenti”.

Rubio cammina sui bordi per guardare negli occhi e toccare con mano chi sta ai margini, cercando di sfruttare la popolarità per lanciare messaggi o dar voce a battaglie silenziose. Il 25 maggio ha dato vita, insieme ad Andrea Fassi a #ONETASTE ESQUILINO, un progetto food di educazione sulle differenze culturali rivolto alle scuole di Roma, dove hanno lanciato un’edizione speciale e limitata del celebre semifreddo Sanpietrino. I proventi della vendita di beneficenza saranno destinati al centro di aggregazione del Cies ‘MaTeMù’, il Centro di Aggregazione Giovanile del CIES aperto nella zona dell’Esquilino, un luogo in cui i ragazzi di tutte le culture e provenienze possono esprimere la propria creatività, vivere in modo diverso il tempo libero, trovare ascolto e sostegno, un posto dove tutte le differenze sono viste come valori e stimoli per esplorare nuove possibilità.

INSTAGRAM

dal profilo Instagram: @chefrubiophotographer

259mila follower sul profilo @rubiochef e più di 11mila su @chefrubiophotographer un profilo di fotografie che per molto tempo lo chef ha tenuto segreto prima di rivelarsi.

“Volevo vedere se il mio punto di vista fotografico poteva interessare anche a chi non aveva la minima idea che dietro a quel profilo ci fossi io. E la cosa più bella è stata ricevere le telefonate dei miei amici che mi consigliavano di seguire quel profilo”.

Su Instagram riversa anche molte delle foto che scatta quando è in viaggio e allora gli chiediamo qual è la cosa più strana e quella che più gli è piaciuta nel suo recente viaggio nel sud est asiatico.

“Ho assaggiato la carne di cane, ma è stato più un MUST TRY che un’esperienza organolettica, mi interessava l’aspetto culturale. Mentre l’uso delle erbe aromatiche spontanee mi ha veramente sorpreso”.

Su Instagram è nata anche la rubrica #VIEMMESOTTO, “è nata per un supplì fatto male, ho avuto un bel riscontro e così ho deciso di continuare, nella speranza di combattere per il rispetto della tradizione, per il passato, cercando di contrastare le ondate leggere e frivole dei colleghi che sfruttano il passato per fare del business con dei prodotti che hanno poco a che fare con la tradzione, ma da cui prendono il nome Non è che la tradizione non si può innovare, ma ci sono dei luoghi per farlo, pizzerie e rosticcerie non sono luoghi adatti. Lì c’è bisogno di riscoprire le vere ricette di una volta che sono perfette e se sono perfette che senso ha cambiarle? Prima imparate ad eseguire alla perfezione quelle ricette poi si può sperimentare”.

2017-09-05T14:31:53+02:00