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Dei giovani e dell’amore, intervista a Alessandro D’Avenia

Professore, scrittore, autore di opere teatrali, da poco rientrato da Parigi, dove ha presentato il suo ultimo lavoro 'Ogni Storia è una storia d'Amore'

6 Febbraio 2018
intervista a Alessandro D'avenia

intervista a Alessandro D'aveniaROMA – “Viviamo immersi in una cultura che ha divorziato corpo e spirito. Questa cultura, inevitabilmente, entra nel vuoto formativo dell’educazione affettiva che si fa in famiglia. Se la famiglia non educa a questo, sarà la cultura dominante a educare a questo. Non vanno sottovalutate, come troppo spesso si fa, le conseguenze del consumo di pornografia, sin dalla giovanissima età. Questo porta a una visione virtuale del sesso che non risponde alla realtà, con conseguente diminuzione del desiderio. I ragazzi non sanno distinguere tra una carezza, un abbraccio, un bacio, un amplesso… tutto è lo stesso. Però è vero anche che loro vivono questo aspetto con quello stupore che è tipico della loro età, quindi sta a noi intercettare quella purezza. E questo è compito dei genitori. Si impara che il corpo è manifestazione dello spirito sin da bambini, guardando come un marito tratta sua moglie, non da lezioni teoriche”. Inizia con queste parole sull’amore l’intervista alla Dire di Alessandro D’Avenia. Professore, scrittore, autore di opere teatrali, da poco rientrato da Parigi, dove ha presentato il suo ultimo lavoro ‘Ogni Storia è una storia d’Amore’.

L’amore e Leopardi

Amori che salvano o che dannano l’anima, che spingono oltre se stessi. A legare le biografie delle donne, eroine del sentimento, legate ai loro poeti, filosofi, scrittori, il mito di Orfeo ed Euridice. E quel senso struggente del limite. Il confine per amare o non amare. Credere oppure no. Proprio come la siepe che, a Recanati, dalle finestre di casa Leopardi, sormontava la vallata, lasciando all’immaginazione l’infinito.

Ed è a Leopardi che il ‘professore 2.0’ torna nella nostra conversazione. “Aveva capito per tempo che avremmo perso la misura eroica del vivere quotidiano, e che le prime vittime sarebbero stati i giovani. La società  borghese e mercantile avrebbe risolto la felicità nella cieca fiducia nel progresso e nell’aumento delle merci da poter acquisire. Ma la nostalgia di questa grandezza e altezza della vita è radicata nel cuore umano, basta liberarla dalle incrostazioni. I ragazzi sono i primi a sentirne la nostalgia, perché la loro sete di felicità è istintiva, primordiale. Siamo noi adulti a dover indicare questo infinito, nella nostra vita prima ancora che con le parole. Per questo ho scritto il libro su Leopardi, per dimostrare che ogni vita umana ha bisogno di crescere in qualsiasi età. Scrivo per cercare la verità e scelgo le parole per cercare di afferrarla. Se questo serve ai giovani o ai genitori saranno loro a deciderlo”.

La scuola

Non può mancare una riflessione sulla scuola che “oggi- spiega D’Avenia alla Dire- paga lo scotto di una didattica che prescinde dalla cura della relazione.intervista a Alessandro D'avenia Dedichiamo più tempo alla burocrazia che ai ragazzi. La diffusione di libri come quello su Leopardi o l’ultimo che ruota attorno al mito di Orfeo ed Euridice pero’ dice chiaro quale sia la sete di una cultura che aiuti a vivere e non a sopravvivere. Non credo più al fatto di abbassare la mira, per prendere tutti, ma al portare tutti un po’ più in alto, perché tutti cerchiamo la stessa cosa: la verità sulla nostra vita”.

“La Buona scuola è un riordino, perché una riforma dà una nuova forma. L’unica nuova forma che farebbe della scuola una buona scuola è quella che rimette al centro i ragazzi e non le strutture. Detto questo, l’unica cosa che ho apprezzato è il riordino dei percorsi per diventare insegnanti, così da non creare altro assurdo precariato. Certo però che quando vedo come verranno pagati questi futuri insegnanti che avranno vinto un concorso selettivo e che hanno di fronte tre anni di Fit, mi dico ci risiamo: un futuro insegnante vale solo un rimborso spese”.

L’università

In questi giorni di campagna elettorale ha fatto scalpore la proposta di Pietro Grasso, leader di Liberi e uguali, di abolire le tasse universitarie. “Essere liberi e uguali- sottolinea D’Avenia- significa contribuire in modo diverso al bene comune. Inoltre in Italia abbiamo già tra le tasse più basse d’Europa per l’università. Non mi sembra il punto nevralgico dell’economia familiare”.

E veniamo alla differenza che gli studenti italiani hanno con i loro colleghi d’Europa. Perché la crisi, la mancanza di opportunità, la fuga dei cervelli sono tutti temi che attraversano questa conversazione. “I ragazzi europei sono meno mammoni, più abituati ad affrontare il mondo, hanno chiaro che imparare le lingue e’ imprescindibile. Ma i nostri hanno una cultura superiore”.

D’Avenia continua: “È inevitabile che una cifra della mia scrittura sia il mostrare che la cultura non è un hobby, un passatempo, ma un modo di rendere la vita più trasparente per viverla più in pienezza. Le età della vita non sono progressive, ma circolari. Più si allontana dal centro più la vita si disperde. Questo vale per un giovane e per un adulto. Abbiamo, in età diverse, le stesse domande profonde, la stessa sete di infinito, tematizzata in modo diverso”. È per questo che essere fragili è un’arte e quell’idea di facile padronanza del mondo, a misura di smartphone, una cattiva illusione. E a troppi giovani manca comunque la felicità. Se non addirittura la voglia di cercarla. Quando si sente quel bisogno di qualcosa di più e “Leopardi può salvarti la vita”.

2018-02-06T13:10:51+01:00