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Tradizione vs innovazione: Quanto sono aperti gli italiani in cucina?

ROMA – In un Paese come l’Italia, la cucina tradizionale è alla base della cultura nazionale. È infatti essa stessa un’attrazione che costituisce una delle massime fonti di profitto per l’economia del Paese. Da un’indagine alla Bit infatti, emerge che circa un terzo della spesa dei turisti in Italia, viene investito nella consumazione di pasti […]

ROMA – In un Paese come l’Italia, la cucina tradizionale è alla base della cultura nazionale. È infatti essa stessa un’attrazione che costituisce una delle massime fonti di profitto per l’economia del Paese.

Da un’indagine alla Bit infatti, emerge che circa un terzo della spesa dei turisti in Italia, viene investito nella consumazione di pasti in pizzerie, trattorie e osterie tipiche. Partendo da questo dato, due studentesse del Liceo Giulio Cesare di Roma in alternanza scuola-lavoro presso la redazione di diregiovani.it, si sono chieste quanto gli italiani siano effettivamente attaccati alla tradizione culinaria e su quanto invece siano influenzati dall’innovazione che prepotentemente tenta di insinuarsi nella gastronomia italiana.

Negli ultimi anni infatti un po’ per moda, un po’ per via di programmi televisivi che mostrano un tipo di cucina nuovo, cercando di stuzzicare la curiosità del pubblico, un po’ per la mania di fotografare il piatto più chic, così da ottenere più “like”, la cucina innovativa sta prendendo piede.


Numerosissime le nuove tecniche di preparazione che sono state sviluppate negli ultimi anni in cucina e ancor più numerosi gli ingredienti che sono stati inseriti nei piatti. Dalla cosiddetta “gastronomia molecolare”, uno stile moderno di cucina nonché una vera e propria scienza che si avvale di numerose innovazioni tecniche, al fenomeno dell’entomofagia, regime dietetico a base di

insetti.

Nel 2013 infatti la Fao, pubblicando il Report Edible-Future prospects for food and feed security, ha dichiarato che nel 2050 gli insetti potranno essere, per le loro proprietà, una validissima alternativa alle proteine animali, la cui produzione con il correre degli anni potrà avere un impatto negativo sull’ambiente.

Selezionando soggetti di diverse età quindi, sono state intervistate alcune persone per avere una panoramica il più ampia possibile della “vox populi”. Di seguito il parere di tre intervistati rappresentanti diverse fasce d’età : Elisabetta, 18 anni, Anna, 23 anni, Iacopo, 40 anni, Rosa, 80 anni.

Quando cucina si attiene alla tradizione o le piace sperimentare aggiungendo elementi innovativi alle ricette classiche?

-Anna: “Quando ho un po’ più di tempo per dedicarmi alla cucina mi piace sperimentare nuovi ingredienti per le mie ricette e cimentarmi in tipi di preparazione innovativi e particolari. La sensazione di quando una piatto mi riesce, proprio per il fatto che è così sofisticato da realizzare e ricercato per i suoi ingredienti, è una forte emozione e anche un certo orgoglio personale. E lo è ancora di più quando chi lo assaggia lo apprezza complimentandosi con me.”

Jacopo:” Amo mangiare e ancor di più mangiare qualcosa cucinato da me. Sono molto legato alla cucina tradizionale e devo questo attaccamento a mia nonna che da quando sono piccolo mi vizia con le sue deliziose ricette tipicamente romane; come resistere a un piatto di carbonara o di amatriciana! C’è anche da dire però che sono un tipo piuttosto curioso è a cui piace sperimentare nuovi sapori. Cerco sempre di ampliare i miei orizzonti e arricchire i miei piatti con ingredienti che, nonostante non siano previsti nella ricetta originale, aggiungono sempre quel tocco in più”.

-Rosa: “Forse qualcosa si può anche aggiungere; ci sono delle nuove spezie che, da quanto ho sentito dire, fanno molto bene alla salute. In generale però ritengo che, salvo minime modifiche che possono essere apportate la scelta migliore sia quella di attenersi fedelmente alla tradizione italiana, che si basa su tutte quelle ricette che mia mamma ha insegnato a me e che io sono felice di trasmettere ai miei figli e ai miei nipoti”

Ha mai sentito parlare della cucina molecolare? Sarebbe disposto a provarla?

-Anna: “Non l’ho mai provata e sinceramente non sapevo cosa fosse. Ora che lo so sono piuttosto incuriosita e vorrei sapere di cosa si tratta così magari potrei utilizzarla nella preparazione dei miei piatti.”

-Jacopo: – “Ne ho sentito parlare in uno show televisivo, mi sembravano piatti molto gustosi; i colori accesi e l’aspetto particolare rendeva il tutto molto più invitante! Sarei sicuramente disposto a provarla e, perché no, a frequentare un corso per imparare a realizzare questo tipo di piatti.”

-Rosa: “No, non ne avevo mai sentito parlare prima di oggi e non sarei disposta a sperimentarla. Penso che le materie prime, che nel nostro Paese sono eccezionali, non debbano essere sprecate né modificate in nessun modo.

E’ a conoscenza del fatto che, al momento, la dieta di circa 2 miliardi di persone al mondo include la consumazione di insetti? È a favore dell’entomofagia?

-Anna: No. Sono un po’ scettica a riguardo; non saprei dove né come acquistare o cucinare insetti. Sarei tuttavia curiosa di assaggiarli e di sapere che sapore hanno. Magari sono appetitosi!”

-Jacopo: “No, e avrei preferito non saperlo. Non ho mai provato questo strano tipo di cucina; a dirla tutta sono anche un po’ disgustato dal fatto che degli insetti possano popolare il mio delizioso panino con la salsiccia o la mia appetitosa lasagna al ragù.”

-Rosa: – “Assolutamente no. Probabilmente la consumazione di insetti è così diffusa in alcuni Paesi perché questi non godono di tutte le materie prime che sono a nostra disposizione qui in Italia. Siamo abituati troppo bene per iniziare a mangiare quella roba. Non sostituirei mai una bella bistecca o delle ottime polpette al sugo con un piatto di cavallette o grilli fritti!”

Sarebbe disposto a convertirsi all’entomofagia qualora fosse necessario per via del lento declino del consumo di proteine derivanti da carni animali?

-Jacopo: “Credo che per ridurre i danni sull’ambiente si potrebbe attuare una diversa soluzione, che in qualche modo non alteri eccessivamente le abitudini alimentari della popolazione. Personalmente penso di non essere pronto ora come ora a cambiare il mio stile di vita per abbracciare un nuovo tipo di cultura. Mi sa proprio che continuerò per la mia strada.”

-Rosa:” In questo caso non saprei. Sinceramente penso che rimarrei comunque restia e piuttosto preferirei una dieta di tipo vegetariano; da quanto so infatti, le proteine possono essere assunte anche da fonti vegetali. Il punto è che dovrei avere un’altra età per provare tutte queste innovazioni che mi state sottoponendo. Alla mia età ormai è difficile che inizi ora a cambiare le mie abitudini alimentari. Sono cresciuta con un tipo di cucina e continuerò a portarla avanti. Penso ci sia bisogno di persone che rimangono legate alla tradizione e che la rispettano scrupolosamente.”

L’ultima affermazione della signora Rosa, dimostra in maniera evidente quanto le risposte e le scelte siano sì orientate dal gusto personale e dall’attaccamento alla tradizione culinaria italiana, ma principalmente dalla loro età. Se infatti i primi intervistati, quelli più giovani, si sono dimostrati aperti e disposti a sperimentare nuovi tipi di cucina, con l’avanzare dell’età, mutavano anche le loro risposte, che diventavano sempre più chiuse e restie, proprio come quella della signora Rosa.

Oltre al punto di vista dei cittadini, sono stati ascoltati alcuni ristoratori. Partendo da quelli che sostengono un tipo di cucina tradizionale, è stato ascoltato il direttore di un’osteria in zona Prati, dall’ambiente rustico e piacevole in cui vengono servite pietanze della tradizione romana.

Secondo lei l’innovazione in ambito culinario come un ostacolo o come uno strumento da sfruttare per incrementare i profitti?

“Non concepisco l’innovazione come qualcosa che possa influenzare la mia attività, nella quale rimango fedelmente legato alla tradizione. La gente si aspetta di trovare nel mio ristorante un certo tipo di servizio ed io sono orgoglioso di offrirglielo. Attraverso i miei piatti semplici rendo felice chi li assaggia e ciò mi suscita una gran gioia.”

Diceva di aver riscontrato un leggero flusso di clienti, come mai?

“Non saprei come spiegarlo, sinceramente. Potrebbe essere dovuto al mutamento delle richieste dei clienti, che cercano sempre qualcosa di nuovo, oppure al sorgere di ristoranti all’avanguardia che sono presenti in questa zona così centrale e visitata. Non penso che apporterei qualche modifica al mio locale pur di cavalcare l’onda delle nuove tendenze gastronomiche. Il mio obiettivo è quello di soddisfare le esigenze di una certa parte di clientela che sono certo continuerà ad appoggiare e ad apprezzare la mia cucina.”

Per quanto riguarda l’arredamento di un locale, quanto pensa che conti per attirare il maggior numero possibile di clienti? Sarebbe quindi disposto a effettuare una ristrutturazione secondo canoni moderni per attirare una maggiore clientela?

“In realtà è un’idea a cui sto lavorando da un po’ di tempo. Penso che effettuerò una ristrutturazione del locale con lo scopo di modernizzarlo così da renderlo più attuale e poter attirare clienti di tutte le età”.

In parte differenti le opinioni di persone che lavorano in attività più all’avanguardia. Lo si evince dalle dichiarazioni rilasciate da Maurizio de Amicis e Francesco Romanazzi, i quali sono rispettivamente chef e sommelier. “Certamente la tradizione è un punto di partenza – afferma Maurizio – sia perché è possibile rivisitare le ricette tradizionali sia perché si possono ideare piatti in totale contrasto, in ogni caso si comincia sempre dalla tradizione.

“Nei miei piatti si trova tantissima tradizione, mi piace lavorare sulla cucina regionale che, secondo me, è ciò che più abbiamo di rappresentativo della tradizione gastronomica. Ma questo non vuol dire che non ci sia l’innovazione. Mi piace spesso accostare ingredienti e preparazioni di cucine regionali diverse, a volte persino lontane”.  Non si discosta molto l’opinione di Francesco Romanazzi che afferma di realizzare piatti ispirati a cucine non italiane servendosi di materie prime nostrane.

Ma le persone si sono dimostrate pronte ad aprirsi al cambiamento?

“Inizialmente le persone sono sempre molto diffidenti. Certo, dipende molto dalle aspettative che hanno, se un cliente va in un locale in cui fanno cucina molecolare è ovvio che è pronto a sperimentare, ma se va in un locale normale di solito qualsiasi tipo di novità è accolta con poca curiosità. Ai clienti piace andare sul sicuro”, prosegue Maurizio.

Quanto conta l’arredamento e quindi l’impatto visivo del suo ristorante sui clienti? Pensa che una ristrutturazione secondo canoni moderni serva ad attirare una maggiore clientela?

“Conta tanto– afferma Maurizio- Come in ogni cosa l’aspetto conta, è bello stare in un locale curato anche nei particolari. Ma, secondo me, la cosa importante è soprattutto che l’aspetto, la cura dell’impatto visivo sia in linea con la filosofia e l’impronta del locale. L’arredamento deve essere in sintonia con il cibo e la scelta delle cose da bere. Si può scegliere un arredamento moderno o meno, ma è in portante che ci sia una coerenza che il cliente può riconoscere”.

La zona in cui il locale è situato influisce moltissimo, secondo lo chef, sul tipo di clienti e sulle loro richieste gastronomiche, a meno che un ristorante non sia già famoso a livello nazionale, magari perché aperto da uno chef conosciuto il posto in cui sta è fondamentale.

“Soprattutto a Roma dove i quartieri sono socialmente molto definiti e hanno caratteristiche peculiari, conta tantissimo. Chiunque voglia aprire un ristorante deve partire dal posto, è necessario capire cosa offre il quartiere che si è scelto, che cosa manca, così come è fondamentale farsi un’idea della composizione sociale e capire chi saranno i potenziali clienti”.

Tradizione e innovazione non sono dunque necessariamente due mondi contrastanti, anzi. Possono essere strettamente collegati e convivere anche in Italia, dove la tradizione culinaria è uno degli aspetti culturali più importanti e l’innovazione in cucina sta facendo passi da gigante, diffondendosi tra la gente anche attraverso i mass media.

C’è infatti bisogno di un mix dei vari aspetti e punti di vista che possono e devono coesistere nella cultura di un Paese; è infatti necessaria la presenza di persone aperte al cambiamento, dalle larghe vedute, disposte a provare di tutto e di persone fedeli alla tradizione e portatrici di ricette classiche di generazione in generazione.

“Alla gente piace andare sul sicuro. Questo però non significa che non si possa sperimentare, ci vuole tempo ma le persone si abituano, altrimenti la cucina non potrebbe evolversi” conclude lo chef Maurizio de Amicis.

di Isabella Giulietti Virgulti e Giulia Blasi

 

2018-06-25T11:44:46+02:00