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NASA: una settimana di saluti e nuove partenze [VIDEO]

Nel giro di pochi giorni la Nasa ha detto addio a due missioni che hanno segnato gli ultimi anni dell’esplorazione spaziale con importanti scoperte. Addio Kepler Il 30 ottobre 2018 un comunicato della NASA conferma che il carburante del telescopio spaziale Kepler è esaurito, quindi la missione è terminata. Il telescopio spaziale Kepler, lanciato il […]

5 Novembre 2018

Nel giro di pochi giorni la Nasa ha detto addio a due missioni che hanno segnato gli ultimi anni dell’esplorazione spaziale con importanti scoperte.

Addio Kepler

Il 30 ottobre 2018 un comunicato della NASA conferma che il carburante del telescopio spaziale Kepler è esaurito, quindi la missione è terminata.

Il telescopio spaziale Kepler, lanciato il 7 marzo 2009 con un vettore Delta II dalla Cape Canaveral Air Force Station, ha fatto parte della missione spaziale della NASA del programma Discovery, il cui scopo è la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole.

Il successo del telescopio spaziale Kepler si deve in parte a una combinazione di tecniche all’avanguardia per misurare la luminosità stellare con la più grande (all’epoca del lancio) fotocamera digitale realizzata per le osservazioni dello spazio esterno.

Nel corso della missione, durata nove anni, Kepler ha raccolto 678 Gigabyte di dati, osservato più di 500.000 stelle e scoperto oltre 2600 esopianeti confermati, molti dei quali potrebbero ospitare la vita.

“If we find lots of planets like ours…we’ll know it’s likely that we aren’t alone, and that someday we might be able to join other intelligent life in the universe.”
(William J. Borucki, principal investigator for NASA’s Kepler mission)

William J. Borucki, principal investigator Nasa della missione Kepler, ha detto: “Se trovassimo molti pianeti come il nostro … sapremo che è probabile che non siamo soli, e che un giorno potremmo essere in grado di unirci ad un’altra vita intelligente nell’universo

https://youtu.be/l1IWUG6SVOM

Addio Dawn

Primo novembre 2018, dopo il ritiro del telescopio Kepler, la NASA ha annunciato anche il termine della missione Dawn, che aveva lo scopo di esaminare Vesta e Cerere, i due più grandi asteroidi situati nella fascia principale, tra le orbite di Marte e Giove.

Lanciata il 27 settembre 2007 da Cape Canaveral a bordo del razzo Delta II 7925H nell’ambito del Programma Discovery, Dawn è stato l’unico veicolo spaziale ad aver orbitato attorno a due corpi celesti distinti nello spazio: l’asteroide Vesta e il pianeta nano Cerere, il cui studio ha fornito molte indicazioni sulla formazione del Sistema solare. Nel suo lungo viaggio di avvicinamento ai due obiettivi, Dawn ha anche effettuato un flyby del pianeta Marte.

Molti dei dati ottenuti da Dawn si devono allo spettrometro Vir (Visible and Infrared mapping spectrometer), realizzato dalla società italiana Leonardo grazie al finanziamento e coordinamento dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), oltre alla supervisione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).

Sfruttando questa strumentazione, la sonda ha potuto raccogliere immagini e dati riguardanti Cerere e Vesta, cruciali per capire la storia e l’evoluzione del Sistema Solare.

Numeri sbalorditivi per Dawn che impegneranno ancora per molto tempo gli scienziati. Le 95.000 immagini e gli oltre 167 GB di dati ottenuti nell’arco degli 11 anni di attività potranno ora essere analizzati per raggiungere ulteriori traguardi.

Oggi festeggiamo la fine della nostra missione Dawn, i suoi incredibili risultati tecnici, la scienza vitale che ci ha dato e l’intero team che ha permesso alla sonda di realizzare queste scoperte”, ha detto Thomas Zurbuchen, amministratore associato della Direzione delle missioni scientifiche della NASA a Washington. “Le immagini e i dati sorprendenti che Dawn ha raccolto da Vesta e Cerere sono fondamentali per comprendere la storia e l’evoluzione del nostro sistema solare.”

Addii ma anche nuove missioni

Dopo il rinvio del 25 ottobre, tra poco più di due giorni la NASA lancerà il Ionospheric Connection Explorer – ICON, per studiare le dinamiche all’interno della ionosfera. Aiuterà gli scienziati a capire il rapporto con con le condizioni “prossime allo spazio” e quelle terrestri, un mix che può influenzare le comunicazioni, i satelliti e gli astronauti.

ICON orbiterà intorno alla Terra in 97 minuti, effettuando quasi 15 orbite al giorno. Orbiterà a circa 580 chilometri sopra la Terra, vicino ai confini della ionosfera, la regione dell’atmosfera caratterizzata da particelle cariche elettricamente.

Questo osservatore trasporta quattro strumenti diversi per studiare il “confine” terrestre con lo spazio. La sua strumentazione ultravioletta è capace di scattare otto istantanee al secondo per evitare di offuscare le immagini e catturare così molti più dettagli. Tuttavia le antenne in uso su ICON consentono di inviare solo 5 immagini al minuto, quindi lo strumento utilizza una tecnica di deblurring chiamata “time-delay integration” per combinare più immagini in un unico scatto.

Il tutto è alimentato tramite energia solare: il suo unico pannello solare che misura circa 2 metri di lunghezza e 1 metro di larghezza, produrrà tutta l’energia necessaria alla strumentazione, che in piena operatività assorbe circa 209-265 Watt di potenza.

Gli strumenti di ICON
• 2 MIGHTI (Interferometro di Michelson per l’imaging ad alta risoluzione): realizzato dal Naval Research Laboratory di Washington, DC, per analizzare la temperatura dell’atmosfera neutra.
• 2 IVM (Ion Velocity Meter): costruito dall’Università del Texas a Dallas per misurare la velocità delle particelle cariche, in risposta alla spinta dei venti ad alta quota e dei campi elettrici che generano.
• EUV (Extreme Ultra-Violet instrument): Costruito dall’Università della California a Berkeley per catturare immagini di ossigeno riscaldato nell’atmosfera superiore, al fine di misurare l’altezza e la densità della ionosfera durante il giorno.
• FUV (Far Ultra-Violet instrument): Costruito da UC Berkeley per catturare le immagini dell’alta atmosfera nella gamma di luce ultravioletta.

 

La parola addio nella sua brevità è tagliente ma è semplicemente un coltello per recidere la corda che lega il passato al futuro. Come scriveva Victor Hugo: “L’avvenire è la porta, il passato ne è la chiave”.

APPROFONDIMENTI in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana (ASI)

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2018-11-06T09:33:47+01:00