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UN MIXOLOGIST CON LA FILOSOFIA GIPSY

Dalla lavorazione della pietra tramite braccio bionico alla fucina creativa del food&beverage itinerante. L’impresa tra cocktail e sushi di Emanuele Giordano

UN MIXOLOGIST CON LA FILOSOFIA GIPSY

Dalla lavorazione della pietra alla fucina creativa del food&beverage itinerante. L’impresa tra cocktail e sushi di Emanuele Giordano

#Faccioquellochemipiace

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Roma – Quando in famiglia c’è un’azienda e tu sei il primo figlio, la strada è spesso già scritta. Doveva essere così anche per Emanuele Giordani, che per un po’ ha assecondato il percorso più ovvio, lasciando poi il certo per l’incerto e buttandosi – di testa e di pancia – in una passione tutta sua.

Dopo sette anni dedicati alla lavorazione di marmi e graniti, Emanuele ha abbandonato quanto fatto fin lì per darsi una possibilità diversa. Un attestato, molte masterclass e tanto esercizio dietro al bancone lo hanno portato a diventare un bar tender con la B maiuscola. Un viaggio a New York e un fuoco sacro dentro, lo hanno trasformato in un giovane imprenditore capace di fondere sushi e mixology drink in un market itinerante che sta facendo il giro di fiere, bistrot e eventi dal sapore bohémienne.

Emanuele arriva da un settore sconosciuto ai più, per tanto tempo si è dedicato alla lavorazione della pietra tramite braccio bionico. Senza entrare nello specifico del complesso mondo della robotica, diremo semplicemente che programmava un macchinario con cui faceva intarsi, sculture e incisioni. Un mestiere di precisione e responsabilità che per un certo periodo lo ha portato a contatto con designer, architetti e creativi di ogni sòrta. L’incontro con personalità distanti dal suo ambito è stato per lui, sempre, un valore aggiunto e un motore per vivere con entusiasmo questo lavoro particolare. Poi con la crisi una decisa sterzata verso l’arte funeraria lo ha messo di fronte a incontri difficili, portandolo giorno dopo giorno a subire una professione che non aveva scelto davvero.

Ci sono voluti anni per trovare il coraggio di cambiare. Andarsene da un’impresa di famiglia non è cosa semplice, dimostrare da subito di avere un piano B è una immensa responsabilità.

Ma Emanuele ha saputo ascoltarsi e con ostinazione e un briciolo di follia è riuscito a mettersi in proprio. Se durante il giorno vestiva i panni dell’operaio specializzato, di sera e fino a notte fonda animava i banconi della movida romana. Un’evasione che lo portava a contatto con il popolo della notte e con un tipo vita di cui sentiva il bisogno. Quella che per un po’ sembrava una fuga è diventata l’inizio di un percorso (e di una storia) con cui sta arrivando molto lontano.

«Ci ho messo un po’, ma poi me lo sono chiesto davvero: che c’è che non va? Stavo facendo un lavoro che non era il mio, non volevo più alzarmi dal letto. È stata questa la scintilla che mi ha fatto cambiare rotta. Mi sono iscritto a un’accademia e tutti i giorni, per un mese, dalle 18 alle 22:30 andavo a “studiare” l’arte dei cocktail. Dopo un esame e con un attestato alla mano ho potuto bussare alle porte di diversi locali e cimentarmi nel fare i primi cocktail. Nel frattempo però ho anche lavato tanti bicchieri. Così è iniziata la mia doppia vita»

Emanuele nel bartending ha scoperto un mondo capace di unire creatività, precisione e raffinatezza dentro a un bicchiere. Anno dopo anno è riuscito a trovare spazio in diverse realtà, anche blasonate, della capitale. L’esperienza e la continua formazione lo hanno portato a diventare un mixologist, ossia un bartender altamente specializzato nella ricerca dell’alchimia perfetta tra sapori, gradazioni alcoliche e temperature.

Dopo un paio di anni e molto sonno arretrato la passione si è trasformata in lavoro.

Con l’idea di aprire un cocktail bar, nel 2016 parte per New York alla ricerca di ispirazione. Un viaggio dedicato alla scoperta di rooftop, speakeasy, club e localini di Manhattan e Brooklyn, tra spettacoli di burlesque e sushi-men al lavoro.

È nella Grande Mela che Emanuele ha aperto gli occhi e disegnato la sua nuova attività, cambiando prospettiva e orientandosi verso un progetto capace di combinare lo stile fusion per il cibo e quello mixology per i drink. Dopo un periodo di intensa formazione in ambito culinario e manageriale, notti insonni, difficoltà burocratiche e organizzative l’idea ha preso forma in quello che oggi è il “The Gipsy Market”, fucina creativa del food&beverage itinerante. Si tratta praticamente di un servizio catering con una forte identità che sposa il connubio tra cocktail e sushi. A disegnare il progetto e ideare proposte e menù c’è sempre lui, Emanuele, che prepara e forma la sua squadra in cucina e dietro al bancone. Prerogativa di questa attività è lo show cooking, un team di sushi-men e bartender prepara food e drink in tempo reale, regalando un’autentica esperienza di “food pairing”, perché pasteggiare con un cocktail è per Emanuele una condizione praticamente necessaria!

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Una sperimentazione pilota durata qualche mese e una presentazione del progetto “porta a porta”, hanno prodotto buoni risultati. Per decollare davvero la startup aveva però bisogno di fondi: grazie a un microcredito agevolato della Regione Lazio (ottenuto tramite un bando) “The Gipsy Market” è diventato un marchio originale che oggi porta con sé una sfida nella sfida.

È cercando gli spazi in cui lavorare che a Emanuele si è accesa un’altra lampadina, un’ex pizzeria dalle pareti gialle e le luci fredde è diventata magicamente cucina e salotto del progetto “Gipsy”. Quel pallino del cocktail bar che lo ha portato fino a New York ha naturalmente preso forma nell’anticamera del laboratorio del “Market” dando vita al “The Gipsy Bar”. Un posticino di appena diciotto coperti dove si sperimenta, per la prima volta, il concetto di Izakaya, un termine Giapponese composto dalle parole “I” (sedersi), “Saka” (sake) e “Ya” (negozio): un locale che vende bevande accompagnate da cibo.

E se il lavoro in azienda oggi è un ricordo lontano, la famiglia invece è tutta lì, vicinissima, nelle tende drappeggiate del “Bar” che arrivano direttamente dalla camera dei genitori, nelle bottigline di super alcolici in bella vista provenienti dalla collezione privata del padre e in quell’immancabile tocco di marmo su ogni tavolino.

«Adesso viene il bello» dice sarcasticamente Emanuele, eppure questa impresa racconta già una storia bellissima.

#faccioquellochemipiace

Diregiovani.it presenta la nuova rubrica #faccioquellochemipiace: la storia di chi fa da sé, si inventa e ci riesce, di chi ha dato una svolta alla vita con mosse vincenti e rivoluzionarie. Racconti felici di chi osa e tenta di realizzare le proprie aspirazioni professionali. Documenti che parlano di un pezzo d’Italia, quella più laboriosa e spesso silenziosa. Storie di una generazione che cambia e che cresce, con un pizzico d’incoscienza e una sana dose di resilienza. 

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2019-03-18T23:04:33+01:00