hamburger menu

Milano, 450 studenti a convegno antirazzista

MILANO – “La scuola è in prima fila perché è luogo di accoglienza e inclusione ma forse oggi i media sono una agenzia educativa più forte e costruiscono un’immagine distorta dell’immigrazione”. Così Duilio Catalano del Coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la cittadinanza attiva al convegno ‘Io sono una persona. Storie vere di […]

MILANO – “La scuola è in prima fila perché è luogo di accoglienza e inclusione ma forse oggi i media sono una agenzia educativa più forte e costruiscono un’immagine distorta dell’immigrazione”. Così Duilio Catalano del Coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la cittadinanza attiva al convegno ‘Io sono una persona. Storie vere di migranti in Italia’, ospitato questa mattina alla Camera del Lavoro di Milano. La scuola, prosegue Catalano, deve “difendere i valori della costituzione, combattere l’odio e favorire la comprensione reale dei fenomeni, e infine diffondere una cultura antirazzista”.

I 400 studenti presenti in sala avranno infatti il compito di restituire quanto ascoltato ai propri compagni nell’ambito delle già programmate giornate di autogestione. “Ma vi propongo anche un’altra cosa- dice Catalano- coordinate tutti gli istituti collegati al coordinamento per un flash mob antirazzista della scuola il prossimo 29 marzo”.

Il coordinamento, da più di venti anni impegnato sui temi della cultura della legalità, da due anni replica un convegno per le scuole sui temi delle migrazioni: “Un problema globale che investe l’Europa e l’Italia- spiega Catalano- L’immigrazione è oggetto di una distorsione collettiva che fa ammalare l’immaginazione delle persone. Non è più solo un’emergenza umanitaria ma anche democratica. Quello che sta accadendo è che paura e razzismo stanno diventando cifre dominanti”.

E quindi il razzismo è il tema centrale del convegno organizzato dal coordinamento insieme a Libera, Scuola di formazione Antonino Caponnetto e Ponte Milano-Calabria: dal dramma dei lavoratori sfruttati della baraccopoli di San Ferdinando all’esperienza di accoglienza di Riace, ma anche minori non accompagnati.

Caterina Spina, segretaria provinciale Cgil, apre ricordando il sindacalista Giuseppe da Vittorio, a cui è dedicata la sala del convegno, “impegnato tra gli ultimi”. Rappresentante dei lavoratori della conoscenza, Spina sottolinea che la scuola deve essere “accessibile a tutti e avere come principio base l’inclusività”. “Il sapere è l’unico strumento per contrastare l’odio e la paura- aggiunge Spina- La vostra presenza è importante, prendetevi l’impegno per chi non c’è. Da parte nostra non verrà mai meno. Siamo diversi per essere insieme e migliorare il disagio delle persone”.

“Oggi nessuno in Italia ammette di essere razzista e se lo accusi dirà che il razzista sei tu, contro gli italiani”. Ha sottolineato Gad Lerner agli studenti presenti in sala, ai quali propone una carrellata di eventi storici dal colonialismo italiano passando per il fascismo, a sostegno della tesi che anche in Italia “razzismo non è sempre stata una parolaccia, anzi serviva per affermare la superiorità della nostra razza”. E oggi questo atteggiamento alimenta “la paura dell’altro”.

Nel suo intervento poi ricorda Pamela Mastropietro e la strage di Macerata del febbraio 2018, quando si parlò degli assassini di Pamela definendoli “cannibali”. “Vi invito allora a giocare con le parole e a domandarvi come volete che vengano rappresentate queste persone,- dice Gad Lerner- migranti sani e robusti, furbi, è finita la crociera. C’è in questa massiccia dose di ironia e di scherno un meccanismo antico ma potentissimo e violentissimo di degradazione delle persone nei confronti delle quali puoi esercitare dominio. Credo non ci sia niente di peggio di chiedere di ridere della sofferenza altrui”.

Le testimonianze

“Nella mia vita ho condiviso casa con 1700 persone di 92 nazionalità diverse. Ho conosciuto storie di vita vera e quindi oggi non abbocco alle bugie sui migranti”. Don Massimo Mapelli, coordinatore Caritas in zona 6 a Milano, interviene al convegno antirazzista organizzato dal coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la cittadinanza attiva presso la camera del lavoro di Milano. Don Mapelli che lavora con minori non accompagnati racconta: “Quando Ahmed è arrivato da me aveva 13 anni. Quando gli ho chiesto di cosa avesse bisogno ha risposto ‘di una famiglia’. Noi cerchiamo di essere questo. E poi c’è il diritto allo studio, lo Stato italiano deve rendere concreto questo diritto”.

“Bisogna insegnargli a lavorare perché a 18 anni devono rinnovare il permesso soggiorno o per lavorare o per studiare. Quindi gli insegniamo competenze trasversali come ad esempio essere puntuali ed essere rapidi nell’esecuzione- spiega-. Abbiamo costituito una cooperativa che fa bancali perché molti dei nostri ragazzi venivano sfruttati e pagati in nero per fare questo lavoro altrove, e una cooperativa agricola perché anche in tavola possiamo scegliere da che parte stare”.

Con Don Mapelli all’iniziativa sono presenti anche due giovani ospiti della comunità, Ahmed e Alexis. Ahmed viene dall’Egitto e ha 18 anni: “Nel mio paese il presidente sta cercando di cambiare la costituzione. È una dittatura. Quando qui Salvini ha chiesto il voto di fiducia sul decreto sicurezza secondo me non cambia molto. Là non c’è libertà di parola, qui e’ più grave”. “Sono partito per cercare un futuro migliore. Mi raccontavano che qui era come un paradiso. Ho pagato 5000 euro- racconta Ahmed- 350 di noi stipati in un pollaio ad Alessandria d’Egitto dove ci insultavano e non ci davano da mangiare ne’ da bere. Dopo quattro giorni siamo partiti con una barca, avevo uno spazio minuscolo, sentivo solamente il rumore delle onde, era sempre buio. Le persone vomitavano. Sette giorni. In acque italiane la barca ha preso fuoco. A chi organizza questi viaggi non importa di noi, usano i motori più malandati. Io sono stato salvato dalla guardia costiera ma molti miei compagni sono morti, ho dovuto chiamare le loro famiglie. Sono sbarcato a Crotone- prosegue- ho frequentato l’asilo per imparare la lingua ma avevo 13 anni e non mi sentivo a mio agio. Perciò sono salito a Milano dove ho un fratello che è arrivato qui nel periodo della primavera araba. Mi sono rivolto a una comunità perché per mio fratello era difficile mantenermi. La questura e gli assistenti sociali mi hanno aiutato e mi hanno fatto incontrare Don Mapelli. Ho imparato l’italiano, ho frequentato la terza media e ho passato gli esami con buoni voti. L’anno prossimo-conclude- ho la maturità. In questi anni ho ottenuto sempre borse di studio, con la media del 9”.

Nel salone con 450 studenti di 12 istituti milanesi non vola una mosca. L’attenzione e’ massima. “Alexis detto ‘Pregio’ ha appena compiuto 18 anni e vive in comunità da un mese. Lo chiamiamo così perché viveva per strada e parlava quello slang”, così Mapelli presenta Alexis, cappellino griffato e orecchino brillante: “Vivevo in una cantina con altre due persone, abbiamo stuccato e riverniciato ed era una bomba. Per mantenerci dovevamo rubare in negozi o a persone” racconta il ragazzo. Adesso lui sta faticosamente cambiando vita: “Oggi lavoro tutti i giorni ma prima di accettare la proposta della comunità una persona mi aveva proposto di spacciare per lei. Quella persona ora è in carcere”, conclude Alexis. “Molti ragazzi sono sfruttati dalla criminalità organizzata a Milano- commenta Mapelli- quindi il primo passo per la sicurezza è l’accoglienza. Non è distruggendo l’accoglienza che crei sicurezza”. 

2019-03-01T16:05:38+01:00