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Blue whale e cyberbullismo: “Serve un codice del web”

Da Milano l'appello del garante infanzia-adolescenza della Lombardia

MILANO – Vedere film horror e psichedelici tutto il giorno, svegliarsi nella notte, tagliarsi con una lametta sul corpo, fino a arrivare a mettersi sul cornicione di un palazzo o sul bordo di un ponte e buttarsi giù. Sono alcune delle terrificanti sfide mortali alle quali spinge il diabolico gioco ‘Blue Whale’. Se ne è parlato oggi a Palazzo Pirelli a Milano, nel convegno “Blue Whale e la tutela del minore”, organizzato dal garante dell’infanzia e dell’adolescenza regionale, Massimo Pagani, in collaborazione con l’Osservatorio violenza e suicidio.

Obiettivo dell’incontro (concepito come ‘tavolo’ multidisciplinare, tecnico e culturale, con magistrati, avvocati, psicologi e criminologi), fare chiarezza sulla portata del “Blue Whale” e soprattutto contrastare il fenomeno, nel quale i media possono avere un ruolo importante. “Nato in Russia nel 2017, Blue Whale impartisce via web una serie di passaggi, 50, che portano i giovani a atteggiamenti suicidari”, spiega il presidente dell’ Osservatorio violenza e suicidio, Stefano Callipo, spiegando che il fenomeno è dilagato, anche in Italia “dove la Polizia postale è stata invasa da telefonate di genitori che segnalavano possibili atteggiamenti da ‘Blue Whale’ da parte dei propri figli, in una sorta di psicosi”.

Callipo evidenzia che questo tipo di condizionamenti è particolarmente forte in soggetti in età evolutiva come gli adolescenti, e fondamentale è il ruolo dei media. Su questo cita un suo recente intervento in Rai, dove parlando di suicidio, è stato in pratica fermato dagli autori della trasmissione alla quale stava partecipando. Perché, rileva, “qui in Italia è un tabù, mentre bisogna parlarne per spiegare i gravi rischi a giovani e a genitori”.

Callipo insiste anche sulla necessità che i media italiani facciano anche proprie le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità su come trattare i casi di suicidi tra minori. “Oggi stiamo facendo una grande opera di prevenzione, anche con campagne di sensibilizzazione nelle scuole”, afferma Pagani, concordando sulla centralità del ruolo dei mezzi di informazione, e osservando che il fenomeno del bullismo è “antico” ma oggi è veicolato dal web, accessibile a tutti, senza confini e con lati oscuri e poco controllabili, come il ‘Dark Web’, che quindi amplifica dinamiche di violenza, inclusa la piaga della pedofilia. Senza arrivare a questi fatti estremi, aggiunge Pagani, la rete si pone anche come elemento di “malessere per i nostri giovani”. Da qui la necessità di regole, “di un codice deontologico di questo mondo, sia da parte di chi gestisce la rete, sia i produttori di contenuti”.

“Ancora non esiste una forma di tutela che possa efficacemente garantire il minore dall’essere vittima di cyberbullismo, ma vi sono una serie di strumenti”, spiega la garante regionale per la tutela delle vittime di reato, Elisabetta Aldrovandi, che cita le legge regionale del 2017 che ha regolamentato il cyber bullismo, oltre alla legge nazionale, entrata in vigore sempre nel 2017. Grazie a queste norme, continua Aldrovandi, “si configura la fattispecie del danno al minore online”. Quindi “è prevista per il minore, che sia violato nella sua identità o che sia diffamato online, la possibilità di chiedere l’eliminazione dei contenuti incriminati al titolare del sito o del social, ed è possibile rivolgersi al garante per la protezione dei dati”.

Aldrovandi elogia anche il ‘Codice rosso’: “È stato introdotto, ad esempio, il reato di revenge porn, ovvero la diffusione di immagini sessualmente esplicite nelle quali i minori sono spesso coinvolti”, spiega la Garante, precisano che si tratta di “situazioni gravi che possono causare danni permanenti a livello psicologico”. Ma oggi, “il minore, a partire dai 14 anni è imputabile, se diffonde immagini a contenuto sessuale esplicito anche se ne è entrato in possesso in maniera lecita, con una pena prevista da uno a sei anni, con una multa da 15.000 euro”.

Prevenzione è la parola chiave anche per la vice presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Francesca Brianza: sottolinea che “Regione Lombardia è stata la prima a livello nazionale a legiferare in tema di bullismo e cyber bullismo, garantendo anche fondi per interventi e progetti di educazione alla legalità”. Per Brianza, il dibattito di oggi “è un utile momento di discussione e confronto per prendere coscienza e orientare attività politico istituzionale su un tema delicato e spesso molto sfuggente”.

2019-10-11T17:14:53+02:00