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Pillole di Stile. Il principio di trasparenza nel fashion world

Solo l’11% delle aziende produttrici condivide informazioni dettagliate su origine e proprietà del prodotto in vendita

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ROMA – Secondo il rapporto della società newyorkese di rating Moody’s, pubblicato lo scorso 11 settembre, le vendite del comparto fashion dovrebbero scendere fino al 5% negli Stati Uniti entro il 2020 a causa della guerra dei dazi contro la Cina. Ulteriori fattori quali la Brexit e l’aumento del dollaro potrebbero aggravare il quadro economico.

Diversa la situazione per le aziende europee la cui uscita di scena dell’America si tradurrebbe in più vantaggiose partnership commerciali con la potenza asiatica. La guerra dei dazi sta altresì favorendo la posizione di Paesi emergenti quali Bangladesh, Vietnam e India che vengono visti come potenziali e alternativi partner commerciali (McKinsey, 2019).

Un nuovo assetto commerciale, caratterizzato da nuove partnership, significa dare la possibilità di rispondere con più efficacia alle nuove esigenze del mercato d’abbigliamento, proveniente soprattutto dalle nuove generazioni, disposte a spendere solo dopo un’attenta raccolta di informazione su provenienza e sostenibilità del prodotto d’interesse.

Allo stato attuale, il 70% dei grandi marchi d’abbigliamento fornisce al consumatore solo le informazioni di base del materiale e solo la metà menziona la presenza di fibra sostenibile, come per esempio cotone organico o poliestere riciclato. Di fatto, solo l’11% delle aziende produttrici condivide informazioni dettagliate su origine e proprietà del prodotto in vendita.

Tra questo 11% troviamo H&M, uno dei primi marchi a muoversi in questa direzione già nel 2016, mettendo a disposizione del consumatore che vuole acquistare online, una scheda informativa di tracciabilità. Cliccando su ‘sostenibilità del prodotto’, presente sotto ogni capo in vendita, si ha accesso al paese d’origine del capo, nome del fornitore, nome della fabbrica di produzione con indirizzo e numero dei lavoratori impiegati.

Altro esempio di trasparenza è il brand italiano RE-BELLO che dà la possibilità al consumatore di conoscere la storia del prodotto da acquistare attraverso l’etichetta.

Negli ultimi 3 anni, un terzo dei consumatori ha deciso di includere nelle proprie scelte d’acquisto i propri valori, il che significa che sta emergendo una volontà globale in cui il consumo rappresenta il mezzo per esprimere principi etici e dare voce ai propri diritti. Come affermato dal CEO di Reliance Brands, Darshan Mehta: “Il numero di voci non è ancora abbastanza forte per poter apportare significanti risultati, ma è una piccola onda che nei prossimi anni si trasformerà in uno tsunami che si abbatterà sulle nostre rive”.

2019-11-30T10:33:00+01:00