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Bullismo e cyberbullismo, su 100 studenti circa la metà testimone o vittima

I risultai del sondaggio di diregiovani.it

ROMA – Su 100 studenti e studentesse, la metà dice di avere assistito a fenomeni di bullismo o cyberbullismo e più di un terzo, in maggioranza femmine, confessa di averne subiti direttamente. È quanto emerge da un sondaggio somministrato da diregiovani.it a un campione di alunni e alunne di scuola secondaria di primo e secondo grado. Obiettivo dell’indagine era individuare le maggiori cause di questi fenomeni e i connessi comportamenti a rischio, chiedendo contestualmente ai giovani di rappresentare la loro realtà.

Quasi un terzo di loro, inoltre, ammette di avere assunto comportamenti prevaricanti in modo involontario, cioè senza consapevolezza. Metà di loro dice di essere intervenuto in situazioni ritenute pericolose, l’altra metà no. Decresce invece sensibilmente la percentuale di giovani che sostengono di avere assunto atteggiamenti in qualche modo violenti nella sfera virtuale. A questo proposito è da notare come il giudizio di gravità dato allo scherno di una persona sui social o dal vivo sia pressoché equivalente: per l’86% di loro prendere in giro qualcuno è sbagliato, sia che lo si faccia vis a vis sia che il commento arrivi in chat.

Allora, parlando dei fattori di derisione più comuni tra bulli e bulle, i più frequenti secondo i ragazzi e le ragazze sono la forma fisica e il colore della pelle (è ciò che si definisce convenzionalmente body shaming). I rispondenti concordano, dunque, pressoché all’unanimità, sulla gravità di questi fenomeni, attribuendo il valore massimo della scala.

Non è universale invece il giudizio sulla opportunità di pubblicare a tradimento una foto di amico o partner che si trova in “situazioni di disagio”: per il 70% mettere in atto cyberbullismo o sexting in questa specifica forma è un comportamento sbagliato, per il restante 30% invece la percezione di questo gesto è differente e la sua gravità appare sottostimata rispetto alla media. Se ne fossero vittime, poi, due terzi dei rispondenti ne parlerebbero con qualcuno ma sceglierebbero di affidarsi a genitori e amici.

Quanto alla prevenzione, una sparuta minoranza crede “non si possa combattere”. Le proposte di intervento, infine, riguardano perlopiù l’organizzazione di lezioni e incontri in classe e con le famiglie, la realizzazione di campagne di sensibilizzazione e percorsi di sostegno agli autori di comportamenti ingiusti o illegali, la previsione di provvedimenti disciplinari e giudiziari severi.

2019-12-12T14:17:30+01:00