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A caccia di mondi lontani: buona fortuna, Cheops

Il satellite fa parte di un progetto dell’Agenzia spaziale europea (Esa)

Si chiama Cheops, come il re egizio che eresse la celebre piramide a Giza, e il suo compito sarà, da oggi a tre anni e mezzo, quello di studiare nel dettaglio piccoli pianeti lontani che orbitano intorno a stelle-madri. Il satellite fa parte di un progetto dell’Agenzia spaziale europea (Esa) guidato dall’università di Berna e ha un’anima italiana. Cheops ha iniziato il suo viaggio verso le settemila stelle che lo attendono dallo spazioporto di Kourou, in Guyana francese, a bordo di un razzo Soyuz che ha avuto il delicato compito di portare in orbita anche il primo satellite della seconda generazione della costellazione italiana di osservazione della Terra Cosmo-Skymed.

Di Cheops, che rappresenta la prima tappa di un lungo viaggio che potrebbe portare a trovare tracce di vita extraterrestre, ne abbiamo parlato con i protagonisti, incontrati a un evento organizzato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi).

“Si occuperà di studiare le stelle intorno a cui sono stati già scoperti dei pianeti, cercando di caratterizzarli meglio. Per esempio potrà determinarne la densità e avere delle indicazioni sulla composizione del pianeta– spiega Elisabetta Tommasi dell’Unità Esplorazione e osservazione dell’Universo dell’Asi-. Questo servirà anche per le prossime missioni spaziali, che si concentreranno sulle atmosfere cercando di capire quali molecole ci sono e se ci sono delle forme di vita. Ariel (una delle missioni successive, ndr) caratterizzerà la atmosfere, la missione sarà lanciata dopo il 2025. Cheops aiuterà a determinare quali sono i pianeti che hanno le caratteristiche migliori per essere osservati più in dettaglio e hanno più possibilità di riservarci delle sorprese”.

Parlando di sorprese nello Spazio, è facile pensare a forme di vita extraterrestre. Una ricerca in cui anche Cheops si applica, con il suo lavoro di caratterizzazione degli esopianeti. Di fatto, cercherà di fornire dati per definire, tra le altre cose, se si tratti di pianeti rocciosi, gassosi o di ghiaccio, e quale sia stata la loro Storia.

“È come cercare di vedere, guardando con un binocolo un faro, una farfallina notturna che cerca di passarci vicino- esemplifica Fabio Favata, Capo Ufficio Strategia, Pianificazione e Coordinamento dell’Esa- . Cheops, quindi, non vedrà il pianeta direttamente, ma vedrà il pianeta quando passerà di fronte alla stella, oscurandone la luce. Potremo così capire molto di più su questi mondi misteriosi e numerosissimi, ma anche così diversi dai pianeti del nostro Sistema Solare”.

Cercherà anche tracce di vita extraterrestre?

“Questa è l’ambizione a lungo termine. Cheops ha uno scopo scientifico molto mirato, ma questo è un percorso scientifico lungo, è una tappa di quello che possiamo definire il Sacro Graal della ricerca esoplanetaria, cioè cercare di capire se siamo soli nell’Universo oppure no”.

Le osservazioni di Cheops saranno affidate a un progetto ottico nato in Italia, grazie agli studi delle sedi di Catania e Padova dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf), mentre la parte industriale è stata realizzata da Leonardo, con Media Lario e Thales Alenia Space.

“Ci è stato chiesto di realizzare un telescopio molto compatto, il più compatto mai realizzato. Questo, perché lo spazio di alloggiamento era piccolo- racconta Isabella Pagano, responsabile scientifico italiano di Cheops e direttrice dell’Osservatorio di Catania-. Inoltre, dovevamo costruire un sistema con pochissima luce diffusa, perché sarebbe la prima fonte di inquinamento della misura. Abbiamo realizzato un telescopio di trenta centimetri di diametro. Con distanza tra specchio primario e specchio secondario di soli 30 centimetri: ha poi un enorme paraluce a bordo per l’abbattimento, appunto, della luce diffusa. Il progetto è stato realizzato da Leonardo in collaborazione con la Media Lario e con Thales Alenia Space. Abbiamo lavorato in una bellissima sinergia. Abbiamo fatto non solo le ottiche, ma le abbiamo anche montate sul telescopio e fatto tutti i test necessari per mandarlo poi nello Spazio”.

A essere orgoglioso di Cheops è anche un catanese d’eccezione: Luca Parmitano, comandante della Stazione spaziale internazionale, che, orbitando a 400 chilometri da Terra, ha twittato prima del lancio del satellite, avvenuto il 18 dicembre: “Auguriamo tutto il meglio a Cheops nella sua misisone di definire le caratteristiche degli esopianeti. Ringrazio il mio amico Davide Gandolfi (ricercatore Esa, ndr) e l’osservatorio astronomico della mia città natale, Catania”.

2021-02-03T16:43:59+01:00