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Coronavirus. Didattica, esperto eCampus: “Sì valutazione competenze e accessibilità”

I consigli del professore di pedagogia sperimentale Paolo Raviolo

MILANO – Cosa significa ripensare la didattica in nuovo ambiente di apprendimento come quello online? Diregiovani.it lo ha chiesto a Paolo Raviolo, professore associato di pedagogia sperimentale presso l’Università eCampus e membro di società quali SIREM (Società italiana di ricerca sull’educazione mediale) e CREMIT (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia) dell’università Cattolica di Milano. L’università eCampus, fanno sapere dall’ateneo, “con oltre 30.000 iscritti, è strutturata in modo tradizionale per quanto riguarda le sessioni d’esame e il titolo di studio rilasciato, ma ha una diversa modalità organizzativa delle lezioni: gli studenti possono seguirle online dal proprio computer o dall’app in qualsiasi momento e hanno a disposizione un tutor personale online. La struttura tecnologica dell’ateneo, inoltre, spiegano da eCampus “è progettata per realizzare un ambiente virtuale d’apprendimento in grado di integrare tutte le funzioni che il web rende disponibili per ogni allievo, dai ricevimenti agli stage, dai servizi bibliotecari a quelli amministrativi”.

– Cosa significa ripensare la didattica in termini di formazione telematica?

“Significa ripensarla profondamente e a tutti i gradi di scuola, ciascuno avrà poi le sue specificità. Se vogliamo però tracciare delle linee generali, possiamo dire che ripensare la didattica per farla con strumenti digitali non significa semplicemente sostituire la presenza fisica con la presenza mediata, ossia sostituire l’aula con la videoconferenza. Questa è una soluzione tampone ma sicuramente non è didattica a distanza. Bisogna invece ripartire dai tre elementi focali della didattica: la progettazione, la pratica educativa e la valutazione”.

– Innanzitutto quindi la progettazione?

“Progettare la didattica a distanza significa definire con un livello di accuratezza e di precisione molto più alta gli obiettivi didattici. Mentre di solito, nella scuola e nell’università, gli obiettivi di un quadrimestre o di un semestre, sono definiti ad alto livello e poi il docente si regola sul momento, anche basandosi sul feedback che riceve sul momento dagli studenti, nella didattica a distanza bisogna invece progettare l’unità didattica prima, in dettaglio e in modo articolato. Dunque occorre definire unità didattiche molto piccole e da qui prevedere momenti di didattica erogativa-trasmissiva, cioè sostitutivi della lezione frontale in presenza; momenti di didattica interattiva, come le esercitazioni, in cui gli studenti sono parte attiva, metodologie come le ‘flipped classroom’ che qui è essenziale adottare; infine, prevedere spazi per una socialità meno strutturata, comunque legata agli ambiti disciplinari, ad esempio forum di classe per consentire scambi non strettamente collegati a una specifica attività didattica”.

– A seguire invece si deve passare alla pratica educativa.

“È fondamentale scegliere strumenti tecnologici accessibili e sostenibili. Ciascuna scuola dovrà ragionare non sui migliori strumenti a disposizione, ma su quelli più facilmente accessibili al numero più grande di docenti e studenti. E spesso questi sono gli strumenti più semplici, soprattutto in una situazione di emergenza”.

– Infine la valutazione, un tema ancora aperto.

“Innanzitutto dobbiamo ragionare su due piani. Noi abbiamo due tipi di valutazione in ambito didattico, formativa e sommativa o finale. La valutazione formativa ha lo scopo di dare un feedback allo studente rispetto ai suoi progressi nell’apprendimento e si svolge in itinere. Nella didattica a distanza assume un’importanza ancora maggiore perché aiuta lo studente a costruire il suo percorso di apprendimento e a valutarne l’efficacia. Guidare lo studente a fare esercizi di valutazione, a comprenderla e come reagirvi è ancora più importante, dal momento che si trova in una dimensione sociale diversa, in cui non ha il rinforzo del gruppo classe. Ovviamente questo tipo di valutazione deve essere ben collegata agli obiettivi perché lo studente deve capire che cosa ha appreso e cosa no. Per questo la progettazione deve essere più raffinata nella didattica a distanza. Altra cosa è la valutazione sommativa o finale attraverso cui si arriva a dare il voto. Ciascuna didattica disciplinare ha le sue specifiche modalità ma ci sono elementi trasversali, il primo dei quali è spiegare la valutazione. Noi spesso, nella scuola e nell’università, diamo per scontato il significato della valutazione, invece va spiegato che il voto è sulle competenze acquisite e non sulle persone. Questo è un aspetto da non trascurare, così come la spiegazione dei criteri del docente. Spesso vengono lasciati impliciti o spiegati dopo, invece conoscere in anticipo i parametri della valutazione è fondamentale. Un altro aspetto, infine, riguarda le modalità operative di somministrazione delle prove. Se noi dobbiamo valutare a distanza, è necessario richiedere allo studente di porre in essere delle competenze, non tanto di dimostrare delle conoscenze, ossia testare lo studente sulle sue capacità di ragionamento critico o di creazione di connessioni tra concetti e non tanto sulla capacità di ricordare nozioni perché queste possono essere facilmente recuperate al momento della valutazione. Una riflessione critica su un passaggio storico, ad esempio, è meglio valutabile anche a distanza. Ovviamente è più complesso ma necessario”.

– ‘Flipped classroom’, forum di classe. Quali altre possibili soluzioni da adottare?

“Io faccio parte del CREMIT (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia dell’università Cattolica di Milano, ndr). Da anni portiamo avanti un modello didattico, chiamato ‘episodi di apprendimento situato’, che consente di creare unità didattica minime e facilmente inseribili nell’attività didattica ordinaria che si prestano molto bene per la didattica a distanza perché sono pensate per l’implementazione tecnologica. Tale modello prevede di costruire unita’ didattiche costituite da una consegna del docente che chiede a studenti di effettuare un lavoro preparatorio (raccolta di informazioni e materiali o preparazione di esercizi); una fase operatoria dove studenti e docenti insieme, eventualmente suddivisi in gruppi di lavoro, svolgono l’attività e producono l’artefatto (una relazione, uno schema); una fase ristrutturativa finale in cui il docente fa un debrief del lavoro e se necessario corregge errori. Questo è uno dei modi per fare microprogettazione didattica senza stravolgere i curricula abituali e che, a mio avviso, potrebbe essere molto utile se la sospensione della didattica in presenza si protrarrà”.

 

2020-03-16T16:00:20+01:00