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I giovani e la fase 2: “Per noi gli amici sono affetti stabili”

Le voci dei ragazzi raccolte da Diregiovani

ROMA – Con l’inizio della cosiddetta ‘fase 2’, avviata lunedì 4 maggio, molti italiani hanno ricominciato le loro attività lavorative o hanno avuto la possibilità di visitare i loro cari grazie a un leggero allentamento delle misure di lockdown. Ma per giovani e studenti, non è cambiato nulla. Le scuole non riapriranno prima di settembre, le attività motorie sono consentite ma in solitaria, e resta vietata la possibilità di vedere persone che non siano ‘affetti stabili’, quindi niente amici.

“Nessuno sembra interessarsi a noi giovani– dice Daniele, studente romano– siamo d’accordo nel voler ripartire anche a livello economico, ma non c’è una progettualità per noi ragazzi che stiamo soffrendo più di tutti questa quarantena perché prima passavamo pochissimo tempo a casa, divisi tra sport, attivismo, uscite con gli amici e scuola. Ne soffriremo tanto a livello di crescita personale”.

Per i ragazzi che già vivono con i loro ‘affetti stabili’, quindi, la situazione resta invariata. E a due mesi dalla chiusura delle attività, c’è chi inizia a soffrire la distanza sociale.

“Penso che siano state sottovalutate le conseguenze emotive del lockdown- afferma Susanna, 19 anni– non ci sono solo l’economia e la sanità a sostenere la nostra nazione, c’è anche un’economia sociale che sta soffrendo. Orami siamo tutti molto sensibilizzati sulle misure da adottare, quindi secondo me era possibile ammettere anche altre categorie di persone oltre ai congiunti”.

Anche per Federica, 16 anni, studentessa di un liceo scientifico romano, “il concetto di famiglia non è legato al sangue”, ma per la ragazza allargare anche agli amici i permessi di visita non ha senso, perché “altrimenti torneremo presto alla diffusione del contagio che c’era prima”.

Daniele, invece, è convinto che gli italiani siano oramai consapevoli dei comportamenti da adottare, e pensa che “chi ci governa debba fidarsi dei suoi cittadini, dei lavoratori e anche di noi studenti. Anche la nostra generazione si è responsabilizzata, e non capisco perché non possiamo vedere amici che abitano nel nostro stesso quartiere ma possiamo andare a trovare parenti che si trovano anche in altre città della regione. La nostra intimità non corrisponde per forza ai nostri rapporti familiari, anzi- conclude il ragazzo- Quello che siamo veramente è quello che siamo fuori casa. Con i nostri amici e coetanei. Ci stanno privando di essere noi stessi”. 

2020-05-07T16:17:47+02:00