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Il bisogno di fare

Gli adulti e la gestione del vuoto in quarantena

Nei giorni della quarantena, dove il tempo è dilatato e sembra rispondere alle leggi dell’attesa e dell’assenza, gli adulti cercano di trovare una struttura attraverso la creazione di rituali e ritmi nuovi, ma anche una riorganizzazione interna che compensi la mancanza di aspetti sociali che solitamente saturano e contengono emotivamente.

La reazione a questa nuova condizione è soggettiva e variabile, ma possiamo osservare due principali atteggiamenti e modalità di gestione della questione, collocati su due polarità: un profondo smarrimento, abbassamento del tono dell’umore con un ripiegamento verso se stessi (dormire molte ora al giorno, atteggiamenti di passività e calo significativo della motivazione); oppure la tendenza a un aumento dei livelli di attivazione. Rispetto alla seconda modalità, molte persone stanno dimostrando l’esigenza di mantenere invariate il più possibile le proprie abitudini con scarsa tolleranza della staticità e dei momenti di noia. Anche rispetto alla produttività professionale si riscontra un impellente bisogno di procedere con una cadenza che non faccia presagire a un cambiamento.

Abbiamo tutti presente, soprattutto nei primi giorni, le numerose iniziative sui balconi degli italiani dove si sono succeduti appuntamenti caratterizzati da performance collettive di canto, ballo, cori da stadio e molto altro. Sicuramente quest’ultimo atteggiamento ha avuto una finalità reattiva di sopravvivenza psicologica, in parte necessaria al superamento delle difficoltà attuali. Tuttavia, è bene soffermarsi sui significati più profondi per avere una maggiore consapevolezza e contenere eventuali frustrazioni che ne possono derivare.

Cosa succede quando un adulto che attiva questo tipo di reazione incontra un bambino che manifesta demotivazione e sofferenza psichica? Sappiamo quanto i bambini siano diretti nell’espressività dei loro stati interiori. Quando non lo manifestano con le parole, i loro comportamenti possono indurci ad entrare in risonanza con la nostra parte più spontanea e primitiva e dunque a vibrare con il loro malessere. Nella “Storia Infinita” il valoroso Atreyu cerca di salvare il suo fedele cavallo Artax dalle sabbie che lo trascinano giù e più il sentimento che ne deriva è la tristezza e più la sabbia trattiene e risucchia (Ende M., 1979). L’immagine che ci offre il film ci rimanda proprio ad un meccanismo tipico della risonanza emotiva. Se immaginiamo questo passaggio tra un adulto ed un bambino, il bambino in un certo senso ha maggiore confidenza con il materiale fangoso: sa starci senza troppo protestare ed è in grado di lasciarsi aiutare. L’adulto, diversamente, presenta spesso maggiori difficoltà e quel fango non vorrebbe proprio incontrarlo, piuttosto cambia strada o si sbraccia freneticamente per uscirne fuori nel minor tempo possibile. La paura di sprofondare e di non risalire accomuna in questo periodo gran parte dell’umanità adulta, soprattutto in relazione ad un mondo dell’infanzia che va protetto e condotto verso una salvezza. In questi giorni ci sono arrivate diverse e-mail di docenti, genitori ed educatori che vivono proprio tale sentimento di impotenza. Vorrebbero istillare magicamente nei bambini la vitalità, attraverso la costante offerta di stimoli sempre nuovi. La noia fa fatica ad essere contemplata e l’assenza rimanda ad un vuoto più profondo che incarna una paura ancestrale primordiale.

Atreyu: “Che cos’è questo Nulla?!”
Gmork: “È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo, e io ho fatto in modo di aiutarlo”.

I bambini che sono soliti seguirci aumentano per istinto il passo, ma poi, dato che per natura sono più onesti con le proprie emozioni, percepiscono il controsenso ed hanno reazioni a volte esplosive: rabbia, frustrazione, tristezza, quelli che spesso vengono codificati come capricci. Questo malessere è presente anche nel sistema “scuola a distanza” dove molti insegnanti registrano demotivazione e dispersione. Ci sono insegnanti che riescono a fermarsi e ad accogliere quel sentimento difficile di vuoto, come se fosse un lutto da rispettare e condividere, mentre altri, una volta entrati in risonanza sentono il bisogno di ripartire e di accelerare per non restare invischiati nello stesso malessere. Sentiamo importante in questo periodo consigliare di accogliere il più possibile il materiale emotivo che ci stanno presentando i bambini.

Fermarsi non significa sprofondare ma dare più respiro alle loro emozione, farli sentire meno soli nel loro vissuto e soprattutto accettare la presenza dell’assenza anche dentro di noi. Solo dopo aver perso Artax nelle paludi e guardato in faccia il vuoto che Atreyu riesce a risollevarsi ed a combattere per salvare Fantasia. Dunque è a questo punto che tale attivazione può essere impiegata, perché nella ricostruzione di un mondo che forse non sarà più come prima servono energie, creatività e tanta voglia di fare.

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2020-05-15T11:19:15+02:00