hamburger menu

Quella rabbia che non se va: sogno di urlare tutte le notti

Sono giunte ai nostri esperti diverse richieste di aiuto legate alla gestione della rabbia, che sembra molto difficile da controllare tra le quattro mura della propria abitazione

La rabbia è stata studiata a lungo ed è universalmente riconosciuta come un’emozione di base, ovvero come risposta primordiale dell’organismo a sollecitazioni ambientali legata alla reazione di attacco e fuga. Gli esseri umani, indipendentemente dalla cultura di riferimento, esprimono le emozioni di base in maniera simile. Tuttavia, le varianti individuali sono tante che risulta impossibile definire una modalità di espressione standard; per quanto riguarda la rabbia, esistono varie manifestazioni che si collocano su un continuum tra internalizzazione ed esternalizzazione del vissuto emotivo.

Sono giunte ai nostri esperti diverse richieste di aiuto legate alla gestione della rabbia, che sembra molto difficile da controllare tra le quattro mura della propria abitazione. Infatti questa emozione è strettamente legata alla frustrazione e la condizione di quarantena che stiamo vivendo è un’esperienza potenzialmente molto frustrante. Una delle caratteristiche della rabbia è che viene attivata dalla percezione di una minaccia e la reazione automatica è quella di un’attivazione fisiologica (accelerazione del battito cardiaco, aumento dell’afflusso di sangue negli arti, maggiore tensione muscolare, ipersudorazione) tesa ad attaccare il pericolo o a fuggire.

La minaccia che ci troviamo oggi ad affrontare ha però delle peculiarità che rendono molto difficile sia l’attacco che la fuga: il Coronavirus è invisibile e molto potente, un nemico che non può essere affrontato direttamente e che ci costringe a nasconderci nelle nostre case. È possibile che di fronte ad un pericolo del genere i livelli di rabbia salgano senza però riuscire a trovare un canale di espressione adeguato. Capita così di esternalizzare la propria rabbia prendendosela con le persone con le quali si è rimasti “chiusi in trappola” o danneggiando oggetti in preda all’impotenza. Si tratta di modalità espressive disfunzionali, la cui contro parte è rappresentata dalla totale internalizzazione e cioè dal non sfogare affatto i vissuti rabbiosi che però sono presenti e premono sotto il livello della coscienza per emergere. In questo caso è possibile che divengano i sogni il luogo principe di scarica emotiva: nei sogni, l’inconscio può mostrare tutto il suo disappunto creando immagini che possono offrire uno strumento di conoscenza del proprio malessere interiore e che dimostrano come esso spinga per manifestarsi. Il contenuto dei sogni è estremamente vario e ognuno si rappresenta inconsciamente la rabbia in modo personale ed esclusivo. Alcuni esempi possono essere: sognare di gridare, o di agire la propria aggressività, oppure sognare calamità naturali che si riversano sul mondo con inaudita ferocia. Potremmo fare migliaia di esempi, ma la cosa importante da sapere è che anche quando cerchiamo di sopprimerla, la rabbia trova il canale per manifestarsi. Il rischio dell’internalizzazione è quello che si verifichino degli scoppi d’ira incontrollati causati dall’eccessivo accumulo di rabbia.

Per evitare queste manifestazioni emotive disfunzionali può essere utile provare a parlarne con i propri familiari ed amici, oppure richiedere l’aiuto di un esperto con il quale cooperare per trovare strategie efficienti di gestione della rabbia e risorse utili ad affrontare questo periodo in modo più positivo. Anche le forme artistiche di vario genere, così come l’attività sportiva, possono offrire un utile canale espressivo. Per quanto riguarda l’attività fisica, sappiamo che essa agisce sul nostro cervello aumentando l’autocontrollo, rafforzando la fiducia in se stessi e riducendo le tensioni. La produzione artistica invece – che si tratti di disegno, pittura, scrittura, canto, eccetera – rappresenta il miglior canale di espressione emotiva che abbiamo a disposizione ed è un’attività solipsistica che non richiede necessariamente una grande strumentazione e che quindi si presta perfettamente alla situazione di quarantena. Riferendoci in particolare all’emozione della rabbia, vi consigliamo le opere del giovane artista svizzero autodidatta Thomas Mustaki, che descrive le proprie opere in questi termini: “Non so da quale angolo della mia mente vengano i volti che dipingo. So solo che rappresentano la personificazione delle mie emozioni, come la rabbia, che grazie al rullo e al pennello riesco a intrappolare su tela”. Imparare a riconoscere le proprie emozioni, verbalizzandole e dando loro una forma, può rappresentare il primo passo per imparare a gestirle positivamente.

2020-05-19T15:51:11+02:00