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Psicosi e quarantena: “Mi sembra di non esistere!”

La quarantena è un periodo difficile per tutti

“Fantasie di vario tipo mi si affollano nella mente e non riesco a liberarmene, come quella dove immagino che fuori ci sia un’oscura creatura nera che cerca di aggredirmi. In certi momenti è tale la paura che mi raggomitolo in un angolo della stanza e chiudo gli occhi in attesa che lo tsunami finisca”. (Ragazzo di 17 anni)

“Vivo nell’ombra della mia cella (la cameretta), come compagna ho la paura e l’ingrato compito della gestione di compagni che a parere di molti sembrerebbero solo sciocchi e neanche degni della minima attenzione (parla dei familiari), ma che a me paiono così inesorabilmente minacciosi”. (Ragazzo di 19 anni)

“Da qualche giorno provo un certo distacco da tutto e da tutti. A volte mi sembra di non esistere perché per ore non parlo con nessuno, non faccio nulla, è come se fossi sola al mondo. Mi sembra di non esistere!”
(Ragazza di 21 anni)

La quarantena è un periodo difficile per tutti. A questo punto, dopo settimana d’isolamento sociale siamo tutti in difficoltà, forse più impauriti di fronte alla fase due, più disorientati di prima, il futuro sempre più incerto e gli intenti difficili da decifrare. Questo in generale. Ma dentro le mura delle case sono state bloccate milioni di persone già fragili, che rischiano danni irreparabili per la propria salute mentale.

Persone soggette a malattie psichiatriche come depressione (secondo l’ISTAT, nel 2015 circa 2 milioni e 800.000 italiani), ma anche schizofrenia (245.000 italiani circa), disturbi bipolari (circa 1 milione di persone), dipendenza da sostanze, demenze, etc… Si tratta di una sofferenza diversa, spesso non compresa e considerata da chi non la conosce ma catalogata come non reale.

Invece tutte quelle persone, quei ragazzi e ragazze che, già prima delle restrizioni da decreto a causa della pandemia da Covid-19, soffrivano di disturbi dissociativi. Questo significa sperimentare sintomi come perdita di contatto con la realtà, deliri, allucinazioni, tendenza all’isolamento sociale, disturbi del sonno, depressione.

Inoltre, spesso queste persone provengono da famiglie disfunzionali dove è difficile il dialogo e una comunicazione efficace. Paradossalmente ci si sarebbe potuto aspettare che questi ragazzi potessero vivere meglio di altri la solitudine e l’isolamento proprio perché in qualche modo “abituati”.

Ma non è così, in fondo loro hanno bisogno degli altri, di stare all’interno dei contesti scolastici o gruppali di qualsiasi genere, perché il contatto è proprio ciò che gli da la percezione di se stessi. L’isolamento forzato può causare l’amplificazione dell’ideazione ossessiva e delle difese come la proiezione o il ritiro in se stessi. Le ASL hanno messo a punto dei protocolli di intervento nelle situazioni più gravi e in particolare per i pazienti che hanno in carico.

Basti pensare che a Torino, da una media di un Trattamento sanitaro obbligatoro ogni due giorni, con il lockdown si è passati a picchi di nove TSO al giorno. Per tutti coloro che vivono vicino a persone che sperimentano ogni giorno questo tipo di sofferenza, sarebbe opportuno aiutarli a utilizzare i servizi di sostegno a distanza (telefonici e mediati dal web).

Aiutarli a gestire lo stress: mantenere uno stile di vita salutare in casa, organizzare le giornate con ritmi nuovi, coltivare le relazioni sociali anche utilizzando Internet, limitare il tempo dedicato alle ricerche compulsive di informazioni che poi turbano, ricercare solo notizie da fonti accreditate, non gestire lo stress utilizzando fumo, alcol o altre sostanze, non avere timore di chiedere aiuto.

2020-06-20T11:09:15+02:00