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VIDEO | Giovani, isolamento vero campanello d’allarme del web dipendente

Come riconoscerli? Ne abbiamo parlato con il professore Federico Tonioni

ROMA – Nel 1995, lo psichiatra americano Ivan Goldberg ha coniato l’espressione ‘Internet Addiction Disorder’ (I.A.D.), prendendo come modello di riferimento il gioco d’azzardo patologico. La dipendenza da Internet viene descritta come ‘un abuso di questa tecnologia’, con delle conseguenze negative importanti sulla propria vita. Da allora la tecnologia ha fatto passi da gigante e la rete ha pervaso tanti aspetti della nostra vita, un elemento che certamente non ha aiutato a mitigare il fenomeno.

Ma come si riconosce un web dipendente? Arrivano a trascorrere anche molte ore al giorno connessi alla rete finendo isolati dal mondo esterno e dagli affetti, controllando ripetutamente le e-mail, ricercando una quantità eccessiva di informazioni, frequentando chat, gruppi di discussione o comunità virtuali, giocando d’azzardo online o sfidando altri utenti ai videogiochi.

Il fenomeno è arrivato anche da noi e a Roma, nel 2009, il professor Federico Tonioni ha fondato e dirige il primo ambulatorio in Italia sulle dipendenze da Internet, divenuto nel 2016 il centro pediatrico interdipartimentale per la psicopatologia da web, presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma.

“In era pre-Covid19 avevamo due gruppi di adolescenti. Uno di adolescenti più piccolini e un altro gruppo formato da ragazzi di 18 anni dove si lavorava molto sulle emozioni, rispetto al ritiro sociale web mediato, e non sulle ore di connessione – ha specificato Tonioni- generalmente accogliamo i ragazzi, ma poi lavoriamo sui parenti; non è un caso che la stanza più grande sia destinata a 4 gruppi di genitori alternati”. “Tanti misteri legati agli smartphone- ha continuato– a tutto ciò che non sappiamo dei nostri figli è semplicemente un tentativo di mantenere una distanza generazionale. Le condivisioni non si fanno con gli adolescenti, si fanno con i bambini”.

Tonioni non è preoccupato dal numero di ore passate davanti a uno schermo quanto dal dolore psichico che un certo tipo di condotta può scaturire. In fondo l’iperconnettività è un modo per marcare e mediare una distanza generazionale

“l’iperconnessione è un diritto dei nostri figli adolescenti, preoccupiamoci solo quando ci troviamo davanti al ritiro sociale”.

Anche perché non è detto che la dimensione video ludica non porti conoscenze.

“Ho un sacco di ragazzini in cura che hanno smesso di andare a scuola che comunque sanno tutto del Rinascimento perché lo hanno imparato giocando ad ‘Assassins Creed’ un videogioco ambientato proprio in quel periodo storico. E lo hanno imparato senza dolore, dal mio punto di vista se l’apprendimento scolastico fosse mediato da visori immersivi come avviene nei musei si imparerebbe tantissimo senza noia. La noia è il problema più grande della scuola oggi, ma non perché i professori sono noiosi, ma perché il mezzo di comunicazione non è più lo stesso. I nostri ragazzi hanno un profilo cognitivo diverso questo è un dato di fatto e va rispettato”.

Non c’è bisogno di essere dei nerd per avere a che fare con una dipendenza da web

“basta ascoltarli- dichiara Tonioni– io non so neanche usare il canale di Sky da quando si è complessizzato sono le mie figlie che mi cambiano canale certe volte e non so andare su Netflix però quando mi ci portano mi diverto tanto a starci. Non si tratta di sapere, per prendersi cura di un eroinomane non si deve per forza aver fatto uso di eroina, ma è importante saper ascoltare. Bisogna avere lo spazio disponibile per imparare delle cose dai giovani altrimenti il danno lo facciamo a noi stessi perché ci perdiamo la parte più bella dei nostri figli e degli adolescenti in generale”.

2020-12-15T12:05:00+01:00