ROMA – Per l’‘Amarcord’ di Federico Fellini, Leonardo Pasini, studente del 3^BC dell’Istituto ‘Piazzi Lena Perpenti’ è voluto partire dal 1957 – l’anno del primo oscar italiano per ‘La strada’ con cui il regista riminese diede seguito alla rimonta sul cinema hollywoodiano, dopo anni di subordinazione artistica ai canoni americani. Si trattava solo del prologo del successo più grande che sarebbe arrivato con ‘La dolce vita’ nel 1960, monumento culturale del ‘Belpaese’ e cifra della stagione del boom economico.
Nel suo articolo pubblicato su La scuola fa notizia Leonardo ha spiegato come: “Nella dolce vita, Fellini, dipinge Roma come la città della mondanità e dei piaceri, nascondendo, al contempo, una pesante critica alla spudoratezza incontrollabile dei giornalisti, irrispettosi persino della morte”. Ma non dimentica Leonardo, come con lo stesso film Felini sia riuscito a dare “il colpo di grazia al neorealismo distaccandosene definitivamente” e a “stravolgere qualsiasi regola” compiendo un’impresa realizzata solo in parte da altri due grandi autori come De Sica e Visconti.
Il film come mezzo attraverso cui filtrare tanto complessi psicologici che sensazioni: questa, la scommessa rivoluzionaria di Fellini, che prese forma già a partire da 8½: “Qui il personaggio stesso di Fellini si esprime a 360 gradi, attraverso sogni, ricordi e sequenze oniriche, la quarta parete viene distrutta, mettendo a nudo la difficoltà di ideazione di un film” sostiene Leonardo, ricordando le dichiarazioni di registi del calibro di Martin Scorsese e Wody Allen che usarono 8 ½ come loro fonte prediletta di ispirazione.
Poi, nel 1973 fu la volta di Amarcord: “Un capolavoro nostalgico che offre un ritratto degli anni ’30 – continua l’articolo – senza rinunciare a espedienti ironici”. E in effetti , con Amarcord Fellini riuscì ad avvicinarsi al grande pubblico, trattando da un punto di vista estremamente personale e al contempo collettivo, un tema ancora mal digerito come quello del rapporto tra pensiero fascista e cultura italiana. Passarono altri venti anni prima che Fellini potesse ottenere la più grande onorificenza in ambito cinematografico – l’oscar alla carriera – conferitogli nel 1993 poco prima che le sue condizioni di salute si aggravasse definitivamente.
Nonostante il cinema d’autore non vada molto di moda tra i giovani, per Leonardo: “Fellini rimarrà nella storia del cinema come quel “fregnacciaro” che riuscì ad imprimere i suoi sogni nella pellicola”.