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Quel filo sottile tra politica e influencer: vedi il caso Fedez

Se la voce delle istituzioni è lontana dai giovani quale deve essere quella degli artisti?

fedez

di Fabrizia Ferrazzoli e Sausan Khalil

ROMA – Federico Lucia artista, conduttore, business man, marito milioniario di moglie milionaria. Federico Lucia, in arte Fedez, ha detto la sua sul palco del primo maggio, offendendo – così pare – un pezzo di mondo che grida allo scandalo. Nonostante proprio quel palco da sempre sia quello delle denunce e delle rivendicazioni. Per dovere di cronaca precisiamo che il ‘rapper milanese’ oltre alla voce del verbo ‘dire’ si spende con la voce del verbo ‘fare’. Basta googlare ‘Scena Unita’ ma anche ormai DDL ZAN o associare il nome ‘Ferragnez’ al capitolo donazioni in diversi mondi e ambiti. Tanti allora puntano il dito sul ‘modo’ seppure il ‘fine’ sia nobile o lecito. Ma del caso Fedez si è parlato abbastanza, a 48 ore dal concertone il web è saturo di standing ovation, critiche feroci, santificazioni e demonizzazioni.

Il punto di vista, il nostro, vuole accendere i riflettori su un altro palco e più esattamente sul ‘palco della politica’. Che ci sia uno scollamento tra il Parlamento e noi comuni mortali è fatto ormai assodato. C’è chi dice che la voce di Zan sia decisamente più acuta di quella di Fedez e ciò non dovrebbe neanche stupire perché Zan è un legislatore, è il competente, è colui che la norma e il diritto lo conosce e lo scrive. Ciò che lascia attoniti è che la comunicazione politica resti lì, nei piani alti che alti non dovrebbero essere. Di chi è la colpa? Non certo di Fedez che la ‘causa’ l’ha sposata e proiettata, se così si può dire, nell’iperspazio! E aggiungiamo da addetti ai lavoro nel settore stampa che ha esercitato pienamente il tanto a noi caro Articolo 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (continua). Insomma il musicista non ha fatto altro che assumersi una responsabilità politica. E forse in tanti ci siamo dimenticati che tra i nobili compiti dell’arte c’è proprio anche quello di fare politica.

Se il palco delle istituzioni è lontano dai giovani e dalla gente forse lo è pure quello degli artisti. Trapper a parte, che rivendicano uno ‘status’ e partono alla conquista del mondo che meritano (!), le voci degli altri, generalizzando un po’, sono fioche, sono basse. Colpa forse di un periodo paralizzante, dove il buio ha avuto la meglio sulle visioni, dove la leggerezza prende per forza il posto di temi complessi. E allora poi Fedez e Achille Lauro (due a caso) sono personaggi scomodi. Ma torniamo alla politica. I diritti civili sono per antonomasia temi trasversali, per cui non c’è schieramento che tenga: il parlamentare è chiamato a votare in “Coscienza”. Per cui chiunque potrebbe scagliarsi e condannare derive omofobe o xenofobe per esempio, facendo molta notizia, aprendo un dibattito. Ma costoro, ci spiace, non si vedono e non si sentono. A denunciare capita sempre più spesso siano altre personalità. Tu chiamali se vuoi influencer, ma tra questi ci sono giornalisti, artisti, scrittori.

Si perché il problema è proprio questo. Il dibattito scatenato da Fedez in questi giorni, al di là delle persone coinvolte e di quelle chiamate in causa loro malgrado, dovrebbe farci riflettere su un concetto più ampio: il ruolo influencer-politica. Molto spesso negli ultimi tempi, i politici hanno cercato di diventare influencer e viceversa. A prestare il fianco a questa situazione, è stata la scomparsa dei grandi partiti  e della sfiducia della maggior parte delle persone nei confronti della politica stessa. Ma l’uomo è un ‘animale sociale’ e per questo avverte l’esigenza di riconoscersi in qualcuno che la pensi come lui e di seguirlo. Ecco allora, che temi più o meno importanti arrivano prima sui cellulari dei follower per mano degli influencer, piuttosto che dai palazzi della politica. E’ cosa sbagliata? No, o almeno se fatta in un certo modo. Affrontare un argomento importante e trasversale come quello dei diritti civili o della violenza sulle donne, di per sé, non è mai sbagliato ma va sempre fatto in maniera democratica, ascoltando tutte le opinioni. Ecco perché il dibattito politico, quello delle aule del Parlamento, è importante e deve continuare ad esserlo. Del resto, anche la nostra Costituzione è nata così.

E allora ben vengano Fedez sul ddl Zan o Aurora Ramazzotti sul catcalling, perché grazie alla loro popolarità argomenti così di rilievo arrivano a moltissime persone, soprattutto ai giovani. Ma poi bisogna andare oltre perché la politica è e resta di tutti, ricevere e cogliere messaggi da più fronti è quello che serve in una società sana e democratica.

2021-05-03T15:52:20+02:00