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West Side Story, il sogno del genio Spielberg si realizza tra amore, musica e odio razziale. Spettacolare!

Dal 23 dicembre al cinema, distribuito da The Walt Disney Company Italia

A tre anni da Ready Player One (2018), Steven Spielberg torna sul grande schermo e ci ricorda che, nonostante tutto, si può ancora sognare a occhi aperti, che la magia del cinema è ancora disarmante e che quel genio del papà di E.T. non sbaglia un colpo…non è un caso se Spielberg sia uno dei più grandi registi viventi. Era il 1957 quando a Broadway è andato in scena West Side Story – che ha collezionato non pochi sold out – con libretto di Arthur Laurents, parole di Stephen Sondheim (scomparso recentemente) e musiche di Leonard Bernstein. Poi nel 1961 il regista Robert Wise e il coreografo Jerome Robbins lo hanno portato sul grande schermo. La pellicola ha vinto dieci premi Oscar ( tra cui Miglior Film e Miglior Regia), entrando senza chiedere il permesso tra i capolavori della storia del cinema. Oggi a riportare con fedeltà quella storia fatta di musica, colori, coreografie, amore e rivalità è proprio Spielberg che ha scritto la sceenggiatura insieme al drammaturgo e librettista Tony Kushner, con il quale ha collaborato in precedenza per Munich e per Lincoln. Per il regista questo è un sogno dell’infanzia che si realizza:

Avevo dieci anni quando ho sentito per la prima volta il disco di West Side Story“, ha raccontato Spielberg durante la global press conference a cui noi di Diregiovani abbiamo partecipato. Da bambino sapevo a memoria tutti i testi delle canzoni di West Side Story. Sono stonato e ballo come se avessi tre piedi sinistri. Ma durante i mesi di prove con il cast, al Lincoln Center e allo studio Dumbo di Brooklyn, ho cantato e ballato con loro. Io – ha proseguito – non mi divertivo così tanto a dirigere un film dai tempi di E.T. l’extra-terrestre. Quando giravo E.T. mi sentivo come un papà per tutti quei ragazzi. Non ero ancora un padre nella vita reale, non sapevo cosa significasse, E.T. mi ha fatto desiderare di diventarlo e così tre anni dopo è nato il mio primo figlio”. Il regista ha poi aggiunto: “Prendere un capolavoro e rivisitarlo da un’altra prospettiva e con un’altra sensibilità, senza compromettere l’integrità, era qualcosa che faceva tremare i polsi. Ma sono convinto che le grandi storie debbano essere raccontate all’infinito, in parte anche per rispecchiare prospettive e periodi storici differenti“.

Abbiamo deciso di non ambientarlo ai giorni nostri perché nell’opera originale non c’è niente di datato. La musica è fantastica e sembra che tutto stia succedendo solo ora, non c’è niente di stonato o antiquato“, ha detto Tony Kushner, sceneggiatore e produttore esecutivo. 

Il film, anzi questa incredibile esperienza cinematografica – parte con una lunga panoramica sulle macerie fumanti del West Side proprio come nel film originale. Un movimento di macchina che ci fa percepire la mano del Maestro S.P. e quel memorabile “C’era una volta…” che sentiamo nei film Disney o leggiamo sulla prima pagina di una fiaba. E così il regista ci prende per mano e ci porta nel vivo di questa favola per raccontarci la realtà facendoci sognare tra canti, balli, esplosioni di colore in cui passato e presente e futuro si intrecciano. Si può considerare come una sorta di Romeo e Giulietta nel West Side di New York degli Anni 50, dove due gang si scontrano per il controllo del territorio e dove María (l’esordiente Rachel Zegler) e Tony (Ansel Elgort) – entrambi eccezionali – lottano per amarsi. Un amore grande ma anche tragico proprio come quello shakespeariano. Lei appartiene ai puertorriqueños Sharks, arrivati nella Grande Mela ammaliati dal sogno a stelle e strisce, lui ai bianchi Jets, che si sentono i padroni del quartiere. 

È Romeo e Giulietta, ma è anche un’allegoria molto attuale di ciò che sta accadendo ai confini del nostro Paese, dei sistemi americani che respingono chiunque non sia bianco, ha detto Spielberg. In questo nuovo West Side Story i personaggi fanno e dicono cose che non facevano e non dicevano nel film originale del 1961: una cosa che deriva in gran parte dalla nostra determinazione di approfondire la storia e le vite reali di quei giovani abitanti di Lincoln Square e San Juan Hill, degli Sharks e dei Jets . In quel periodo, la comunità portoricana viveva principalmente tra la West 64th Street e la West 72nd Street. La storia vera di quella comunità è molto ricca e importante e volevamo approfondirla nella nostra versione di questo musical. 

La città di 70 anni fa esiste ancora, anche se in parte. In alcuni quartieri si può trovare la New York degli Anni 50, per esempio a Brooklyn, nel Queens, nel Bronx e anche ad Harlem. Abbiamo girato soltanto dove non sono cambiati gli edifici, siamo andati anche ad Harrison nel New Jersey, che era molto più simile architettonicamente a quella parte tra la 59esima e la 72esima strada”, ha spiegato ancora il regista. “Nella scena iniziale abbiamo allungato l’estensione di un set, abbiamo di fatto ricostruito, proprio fisicamente, cinque isolati delle rovine del West Side. L’unico intervento digitale – ha concluso- è stato togliere le antenne satellitari e le sbarre di sicurezza alle finestre, perché oggi a New York ci sono sopra il secondo piano, e abbiamo dovuto toglierne qualcuna. Tutto il resto è autentico del periodo perché vive ancora nella New York contemporanea”.

 

Attorno ai due innamorati vediamo Ariana DeBose (Anita), David Alvarez (Bernardo), Mike Faist (Riff), Josh Andrés Rivera (Chino), Ana Isabelle (Rosalía), Corey Stoll (Tenente Schrank), Brian d’Arcy James (Agente Krupke) e Rita Moreno (unica attrice del film originale in cui interpretava Anita. Qui la vediamo nel ruolo di Valentina, proprietaria del negozio in cui lavora Tony, e produttrice del film).

“È stato difficile, assolutamente inquietante fare la scena che avevo fatto allora con l’Anita di oggi, lo è stato per lei ma ancora di più per me. Continuavo a guardarla e avevo molta difficoltà a restare nella scena, perché quello che facevo lì era salvare la vita di Anita, impedire che potesse essere stuprata da questi ragazzi, dovevo mettere fine a tutto questo. Ho fatto la scena ed ero davvero sconvolta. È stato molto strano”, ha raccontato Rita Moreno durante la conferenza.

 

In questo film, per il regista il più arduo della sua lunghissima carriera, c’è la voglia di raccontare ancora una volta le divisioni del mondo, un’America (come il resto del mondo) animata dai conflitti interrazziali, dall’odio ma anche come questa opera sia immortale, universale e contemporanea. Senza dimenticare l’amore. Quell’amore viscerale pronto a tutto. Quell’amore che resta vivo in qualsiasi situazione, in qualsiasi difficoltà. Quell’amore disposto a tutto, anche a sacrificare la vita, pur di viverlo anche solo per poco tempo. Inoltre, West Side Story di Spielberg ci fa capire come sia importante riportare ai giorni nostri una storia come questa. Questo film è quella secchiata di acqua fredda che serve per risvegliarci da questo stato di sonno profondo, se così si può definire, che non ci permette di sognare, di riflettere su come certe dinamiche malate siano ancora fortemente radicate nei sistemi politici e sociali di tutto il mondo e su come questi non siano disposti a fare un passo in avanti verso la diversità, la multiculturalità, l’unicità di ognuno di noi. E poi c’è Spielberg che con il suo genio ci disarma, ci strappa dalla realtà – pur raccontandola in questo film – facendoci (ri)scoprire lo stupore, la meraviglia e l’immaginazione. 

West Side Story di Steven Spielberg debutta oggi, 23 dicembre, al cinema distribuito da The Walt Disney Company Italia.

WEST SIDE STORY, IL TRAILER

2021-12-23T11:39:02+01:00