Non c’è pace per l’area dei Campi Flegrei, dove la popolazione è da giorni sotto stress dopo la scossa registrata alle 1:25 del 13 marzo, la più forte verificatasi in epoca strumentale (magnitudo 4.4) e avvertita in maniera distinta anche a Pozzuoli e in tutta la città di Napoli. È stato subito panico e numerose persone si sono riversate in strada.
Oltre alla paura si sono avuti alcuni crolli e danni a Bagnoli e Fuorigrotta, con una persona ferita. Alla scossa di terremoto è seguito uno sciame sismico. Anche nella giornata di sabato 16 marzo si è registrata un’altra scossa molto forte, pari a 3.9 di magnitudo, con profondità di 2,5 chilometri e epicentro nella zona della Solfatara. È stata avvertita anche nella zona occidentale di Napoli e del Giuglianese.

Un esperto come il professor Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca Ingv, già direttore dell’Osservatorio vesuviano, in una intervista rilasciata al ‘Corriere della Sera’ ha delineato uno scenario preoccupante per i Campi Flegrei, dove i terremoti sono strettamente collegati al sollevamento del suolo (la cui velocità si è triplicata dallo scorso 15 febbraio).
Terremoto Campi Flegrei, lo scenario inquietante e quel piano mai provato prima nella storia
La zona dei Campi Flegrei è interessata dal fenomeno del bradisismo. È quel lento movimento del suolo all’interno della caldera vulcanica prodotto dalla pressione dei fluidi magmatici in profondità. Il professore De Natale, che precisa di parlare a titolo personale, sottolinea che con l’aumento della velocità di sollevamento ci sono da attendersi scosse anche più forti.
Una fase come questa può durare a lungo, anche decine di anni. L’esperto ricorda che l’eruzione del 1538 fu preceduta da oltre un secolo di fenomeni precursori, con scosse anche molto forti. Da circa 75 anni ai Campi Flegrei è iniziato il sollevamento. «Quindi, potremmo avere anni, decenni di terremoti sempre più frequenti e più forti», afferma il vulcanologo.

Il rischio vulcanico dunque è molto alto. Si torna a parlare del piano di evacuazione dai Campi Flegrei, uno scenario evocato – anche se per il momento come possibilità eventuale – dal Ministro della Protezione civile Nello Musumeci. Il piano potrebbe scattare se gli sviluppi della crisi bradisismica convincessero gli esperti dell’Ingv che non ci sono più le condizioni di sicurezza per risiedere nell’area.
Si tratterebbe della più grande e complessa operazione di protezione civile mai tentata al mondo. Nessuno mai è riuscito a organizzare in sole 72 ore (tre giorni) l’esodo di oltre mezzo milione di persone. È quanto prevede la tempistica del piano messo a punto nel 2013, poi aggiornato, insieme agli esperti della commissione Grandi rischi.
Il piano di evacuazione del resto non manca di criticità. Questo a partire dalla difficoltà di prevedere con esattezza l’eruzione, per non parlare dell’agibilità delle vie di fuga. Secondo le stime della Protezione civile servirà almeno un anno per avere vie di fuga efficienti. Infine c’è il problema del traffico in una zona ad altissima densità abitativa. Sono circa 550 mila le persone residenti nella zona dei Campi Flegrei.