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Jazz, un movimento musicale

L'intervista di Edoardo Di Filippo - Liceo Dante Alighieri di Roma

28 Aprile 2016
ROMA – Nei primi anni del XX secolo nasce il jazz, le sue radici affondano nella cultura afro-americana della vita di tutti i giorni degli schiavi neri, infatti veniva anche chiamato “Work song”; il jazz in quel periodo veniva usato anche in ambito religioso con i “spiritual” che porteranno poi al gospel. Il posto di maggior concentrazione dei musicisti jazz è Storyville il quartiere a luci rossedi New Orleans, di conseguenza il jazz si sviluppa nei bordelli della città, per questo poi avrà una cattiva reputazione. Con la chiusura di questo quartiere però gli artisti di maggiore importanza si spostarono a nord, principalmente a Chicago.
Il jazz si diffonde durante la vita notturna, New York, una città sulle altre che portò grande affluenza di giovani nei quartieri diHarlem e Greenwich villagge, partendo dai locali di quartiere come il Cotton Club fino ad arrivare a Broadway con i Musical diCole Porter. Nella seconda metà del 900 si diffuse molto rapidamente in tutto il mondo, ma nel corso degli anni ebbe un’involuzione, che vede arrivare al giorno d’oggi una musica così aggressiva, ma allo stesso tempo rilassante, esaltante, ribelle, sembra ormai essersi spenta nel tempo. Proviamo a capire le cause di questa involuzione grazie ai pensieri di un musicista jazz italiano di fama nazionale: A.D.
Quando e perché hai deciso di essere un musicista jazz? 
“A 18 anni, quando per la prima volta ascoltai un chitarrista jazz, Joe Pass e capii le possibilità che una chitarra poteva avere e le emozioni che essa poteva trasmettere, queste ultime mi hanno affascinato moltissimo”.
Perché secondo te questo genere che nasce comunque da un ignoranza a livello musicale, solo come sfogo alla schiavitu e come canto di disperazione si sia diffuso così velocemente?
“Secondo me non nasce come uno sfogo alla schiavitù né tanto meno da un ignoranza musicale, anzi il jazz è l’unione della musica classica con un altro mondo musicale allora sconosciuto. Si è diffuso così velocemente poiché si trattava di un nuovo tipo di musica e perché dietro al jazz c’era un movimento culturale ed è quello della gente di colore, ed essendo gli Stati Uniti in un periodo di grande fermento culturale ed economico si è così diffusa la musica, che è stata per anni la bandiera di movimenti sociali e politici”.
Quali sono secondo te le cause invece della sua involuzione?
“È semplice, poiché il jazz è stato sempre collegato all’importanza dei singoli, che lo hanno creato e portato al periodo dimassimo splendore, dopo la morte di questi non ci sono più stati grandi nomi che hanno influenzato il jazz, possiamo quindi dire che non c’è stato un cambio generazionale.
Possiamo definire la musica come lo specchio della situazione sociale di un paese, quello era il momento della contestazione che ha visto il jazz come migliore esponente, poi ci sono state diverse situazioni che hanno portato alla creazione di altri generi musicali”.
Pensi che suonando jazz uno prende parte ad una nicchia di musicisti che si separa dal resto?
“Il jazz è stata sempre una musica un po d’élite, e capita molto spesso che suonando questo genere uno prenda parte ad una nicchia, poiché alle origini si trattava di musica popolare ma ora non lo è affatto, ascoltare jazz infatti da un certo tono e senso di intellettualità”.
Hai delle speranze che la musica torni ai suoi alti livelli?
“Vedi, il jazz si basa su emozioni e queste sono cambiate, perché si vivono in maniera diversa e difficilmente il jazz potrà far rivivere certe emozioni in nuovi contesti sociali, potrà certo sempre emozionare ma avrà sempre la sua piccola nicchia di ascoltatori. Penso che nessun genere musicale può rivivere in un futuro il suo migliore momento del passato, poiché ci sono delle evoluzioni che portano a nuovi stili musicali, bisogna aspettare quindi che la storia della musica riprenda il suo corso”.
di Edoardo Di Filippo – Liceo Dante Alighieri di Roma
2017-05-15T15:13:58+02:00