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I mari si scaldano… e gli squali digiunano

Laura Cappelli Liceo Classico "Galileo" di Firenze

Pare che il riscaldamento globale abbia messo a dieta gli squali, i predatori marini per definizione. Lo sostiene uno studio condotto dall’Università di Adelaide, Australia. Gli esperimenti sono stati effettuati su una specie migratrice di squali, nel loro habitat naturale, ospitati per sette mesi in grandi vasche con prede nella baia di Port Jackson, nel Sud-Est dell’Australia. Gli studiosi hanno notato che gli squali impiegavano molto tempo a trovare il cibo e, in alcuni casi, nemmeno ci provavano. Gli studi condotti hanno accertato che in acque più calde gli animali hanno più fame, ma si riduce l’efficienza metabolica e la loro capacità di localizzare il cibo attraverso l’olfatto: se la temperatura delle acque dovesse ulteriormente alzarsi, essi non sarebbero dunque più in grado di nutrirsi. Gli studiosi australiani hanno inoltre scoperto che, in acque più calde, lo sviluppo dell’embrione degli squali è più rapido e ciò potrebbe interferire con le dimensioni dei nascituri. Insieme questi due fenomeni provocheranno una riduzione nei tassi di crescita dell’animale, tanto che, a causa del riscaldamento globale dovuto all’aumento di CO2 e all’acidificazione delle acque, la capacità degli squali di cacciare e di crescere di grandezza sarà duramente colpita entro fine secolo. La diminuita capacità degli squali di procurarsi il cibo avrà effetti negativi su tutta la catena alimentare, della quale essi costituiscono il vertice, venendosi così a perdere un elemento essenziale per il mantenimento di un ecosistema oceanico sano.
Questo studio dimostra ancora una volta come gli impatti del cambiamento climatico rappresentino una minaccia che il nostro pianeta non ha sino ad oggi affrontato e quanto sia urgente trovare soluzioni prima che sia troppo tardi. Infatti, oltre ad influenzare l’ambiente marino, il surriscaldamento globale sta già avendo gravi ripercussioni nell’Artico, dove sono in pericolo di estinzione gli orsi bianchi. Un terzo di essi rischia infatti di scomparire nei prossimi 35/40 anni. L’allarme è stato lanciato dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (LUCN): la sopravvivenza degli orsi è minacciata dall’aumento delle temperature, che provocano lo scioglimento dei ghiacci, rendendo l’ambiente invivibile per gli animali. Gli orsi polari, per affrontare l’inverno, hanno la necessità di fare scorta di grassi cacciando nei mesi caldi; tale attività avviene grazie alle piattaforme di ghiacci marini su cui catturano le foche e il cui scioglimento rende difficile la caccia. Lo LUCN, nella sua nuova valutazione, sottolinea che, nei mesi di settembre dal 1979 al 2011, l’estensione del ghiaccio è diminuita del 14% ogni decennio. Entro la fine di questo secolo si prevede che porzioni dell’arcipelago artico canadese saranno libere dai ghiacci per oltre cinque mesi l’anno; in altre regioni dell’estremo Nord del pianeta, questo fenomeno potrebbe verificarsi già dal 2050. Inoltre, si è stimato che, nel 2015, la popolazione dell’orso bianco si sarà ridotta oltre il 30%.
Purtroppo non è solo il surriscaldamento globale a mettere in pericolo l’ecosistema: inquinamento, bracconaggio, eccesso di pesca, commercio illegale di animali, perdita e degrado degli habitat, tutti questi problematiche minacciano oltre 79.000 specie di fauna e flora, di cui più di 23.000 sono a rischio di estinzione. La tutela della biodiversità e della sicurezza ambientale sono pertanto un “nodo” che deve essere sciolto il più velocemente possibile per evitare ripercussioni dirette sulle condizioni di vita dell’umanità stessa.

Laura Cappelli 1B
Liceo Classico “Galileo” di Firenze

2016-03-10T11:10:38+01:00