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Racconto di Natale

Olga Viggiano Liceo Classico Statale “Galileo” di Firenze

 

Dopo una lunga cena natalizia arriva il momento di scartare i regali, la parte più attesa dai bambini della famiglia. Mi alzo e mi avvicino al vecchio abete addobbato, consegno a tutti i rispettivi doni lasciando il mio da una parte. Aspetto il mio turno, prendo in mano il regalo, lo scarto e…
La sveglia mi trascina fuori dal mondo dei sogni catapultandomi nell’ultima, ma freddissima giornata di scuola prima delle vacanze. Mi alzo dal letto, appoggio i piedi nudi per terra e un brivido mi sale lungo la schiena, le mattonelle del pavimento sono fredde e mi svegliano dal torpore del sonno appena brutalmente interrotto. Mi vesto lentamente e vado in cucina dove i miei genitori sono già seduti e fanno una abbondante colazione.
“Buon giorno, Laura” Dice mio padre appena mi vede entrare.
“C’è scuola, non è un buon giorno” borbotto.
“Dai che è l’ultimo giorno, domani sei in vacanza!” Mentre ascolto queste parole penso a come sopravvivere all’ennesimo, lunghissimo e noiosissimo, giorno di scuola. Bevo una cioccolata calda e mangio dei biscotti, finisco di prepararmi per uscire e prendo lo zaino sulle spalle. Esco dal portone e il vento gelido mi sveglia definitivamente, chiudo il giubbotto e inizio a camminare verso la fermata dell’autobus. Mentre cammino penso che quella sarebbe stata una banale giornata come le altre, non potevo immaginare quale piega assurda avrebbero preso le prossime dodici ore.
Guardo spesso l’orologio appeso alla parete per controllare l’ora, i minuti sembrano non passare mai. Mi volto verso la finestra che dà sul giardino interno di quella prigione che tutti chiamano Liceo, nella speranza di vedere qualche fiocco di neve cadere dal cielo, ma niente, il sole splende senza scaldare l’aria fredda che entra dallo spiraglio della finestra. Ovviamente i termosifoni sono rotti e in classe si muore di freddo.
“Laura, cosa pensi che significhi questa figura?” mi chiede la prof. di Letteratura, materia che se fosse per me occuperebbe solo un’ora alla settimana.
“Beh, prof, è lei l’insegnante, sono io che faccio le domande!” rispondo in tono scherzoso, il mio unico pensiero è quello di tornare a casa e iniziare le vacanze di Natale dormendo tutto il pomeriggio sul divano e le domande degli insegnanti non sono ben accette sul pianeta Laura oggi.
L’ultima ora è sempre più vicina, tra poco sarò fuori da questo posto. Finalmente suona la campanella, infilo alla rinfusa tutti i libri nello zaino, afferro al volo il giubbotto e mi precipito verso l’uscita. Cammino a passo spedito, mentre respiro si formano delle nuvolette di vapore per il freddo e lo zaino mi pesa sulle spalle. Scelgo una strada alternativa per tornare a casa, la percorrevo sempre quando andavo alle medie, l’anno scorso in realtà, quindi, non molto tempo fa.
Improvvisamente sento dei lamenti di un cane in lontananza che mi incuriosiscono. Ascolto con attenzione e mi avvicino al punto da cui mi sembra che provengano i suoni. Arrivo davanti a un cancello arrugginito che dà su un giardino, recintato solo da un muro di mattoni molto basso. Appoggio lo zaino per terra e mi nascondo dietro il muretto. Guardo l’orologio, è presto ancora e non c’è nessuno a casa, posso trattenermi dieci minuti. Sento la voce di un uomo che urla, poi un botto seguito subito da un guaito del cane, ancora urla, ancora lamenti e latrati, ancora botti. Salgo in piedi sullo zaino, mi arrampico sul muretto per cercare di scorgere cosa sta succedendo in quel giardino. In fondo ad un vialetto sterrato vedo una casa enorme, forse una villa con un parcheggio pieno di macchine. Tra gli ulivi che costeggiano il vialetto vedo un uomo sulla cinquantina con un bastone in mano e un cane di piccola taglia vicino a lui. L’animale continua ad abbaiare, sempre più forte e l’uomo lo riempie di bastonate.
“Te lo avevo detto che se tu avessi abbaiato ad un nostro cliente un’altra volta avresti ricevuto una punizione! Stupido cagnaccio che non sei altro, io non ti volevo nemmeno, era mia moglie che ha insistito tanto e accidenti a me e a quando ho ceduto! Mi sei costato una fortuna e ora sei solo un peso” Mentre dice queste parole il losco individuo continua a colpire l’animale con l’arma. “In questi casi, qual è il vero animale?” mi chiedo, “L’uomo che maltratta il cane, o il cane che subisce?”
Il cane reagisce improvvisamente mordendo il presunto padrone, il quale urla e lascia cadere il bastone. L’animale inizia a correre velocemente verso il muretto, io scendo dalla mia postazione per non farmi vedere e l’uomo corre velocemente verso l’animale. Il cane fa un balzo e salta sul muretto, scende e scappa velocemente via, mentre il cinquantenne rimane fermo attaccato al cancello guardando il suo animale che scappa a gambe levate da quella casa.
Aspetto che l’uomo se ne sia andato, prendo lo zaino e mi metto a correre nella direzione verso cui era scappato il cane. Lo ritrovo tramortito per terra, pieno di sangue e in pessimo stato. Prendo in braccio la povera bestia sporcandomi tutti i vestiti e chiamo la mia migliore amica che abita lì vicino. Le racconto tutto di quello che era successo e lei ascolta con pazienza, ma quando ho finito di parlare mi chiede
“E cosa avresti intenzione di fare?”
“Portarlo da te, dargli una ripulita e portarlo da un veterinario, ovvio, no?”
“E poi? Non sai di chi è questo cane, non puoi portarlo da un veterinario qualunque che te lo visita senza soldi e documenti” ribatte lei.
“Mia cugina è una veterinaria, lo portiamo da lei” rispondo.
“Okay”
Tengo il cane saldamente tra le braccia e cammino più velocemente possibile, guardo se ha una medaglietta, ma non trovo niente. Suono il campanello e Martina mi apre, corriamo in bagno e iniziamo a ripulire l’animale facendo il più delicatamente possibile. Il cane si lascia toccare senza reagire, probabilmente è stremato e non ha più nemmeno la forza di attaccarci per la paura. Quando abbiamo finito lo asciughiamo e cerchiamo qualcosa da fargli mangiare, ma non tocca né cibo né acqua. Chiamo mia cugina Gaia e le racconto tutto per filo e per segno, lei mi risponde che verrà a prenderci tra venti minuti per portare il cane, che avevo appena ribattezzato Fiocco di Neve, nome molto originale effettivamente, anche perché il colore del suo pelo pulito è di un bianco candido che ricorda, appunto, la neve.
Arrivata Gaia, io e Martina saliamo in macchina tenendo Fiocco di Neve sulle gambe.
“Ma siamo sicuri che sia una buona idea?” chiede Martina.
“Cosa volevi che facessi? Che lo lasciassi lì tramortito per terra?” rispondo.
“No, però… mi chiedo solo come andrà a finire. Che faremo dopo? Cosa ce ne faremo del cane? Lo riporterai a quella villa?”
Ci penso un po’ sopra, non so proprio che rispondere.
“Non penso che sia una buona idea, quell’uomo ricomincerebbe a maltrattare Fiocco di Neve e i nostri sforzi sarebbero inutili, forse dovrei denunciarlo…” azzardo come proposta.
“E chi è Fiocco di Neve!?” mi interrompe mia cugina.
“Il cane!” rispondiamo in coro io e la mora alla mia destra.
Guardo fuori dal finestrino, il paesaggio di campagna piano piano si trasforma in città, gli alberi si fanno sempre più radi sostituiti da palazzi. Un guaito interrompe i miei pensieri, Fiocco di Neve si è svegliato e non sembra avere intenzione di star troppo fermo.
Quando finalmente arriviamo alla clinica mia cugina parcheggia la macchina, scendo il più delicatamente possibile col cane tra le braccia e entriamo dal retro.
Gaia ci dice di stendere il cane sul lettino mentre lei apre tutti i cassetti presenti nella stanza in cerca di non so che attrezzo medico. Quando finalmente ha trovato ciò che cercava mia cugina ci dice di sederci lasciandole fare il suo lavoro, io e Martina facciamo quello che ci è stato chiesto senza palare.
“Allora, che ne farai del cane?” chiede la mia amica dopo alcuni minuti di silenzio.
“Lo porto in un canile e denuncio quell’uomo, è la cosa giusta da fare, no?”
“E quando mai fai una cosa giusta, tu? E poi nei canili gli animali vengono trattati male, e magari quel tizio va lì e si riprende Fiocco”
“Potrei tenerlo, mia madre ha sempre voluto un cane e a me non dispiacerebbe l’idea”
“Si va di bene in meglio, così potresti essere denunciata dal padrone per furto!”
“Da come trattava il cane non credo che si preoccuperà troppo della sua scomparsa in realtà, e poi lui lo maltrattava, io lo tratterei bene, anzi, lo salverei”
“E’ arrivata l’eroina animalista, gente!”
“Sei simpatica, sì… Intanto faccio qualcosa di buono. Poi il fine giustifica i mezzi, no? Che importa se non ho comprato io Fiocco di Neve? Almeno gli trovo una famiglia decente, incasinata, ma decente e affidabile…”
“Sì, ma è sempre un furto…”
Gaia interrompe la nostra discussione dicendoci che dovrà tenere Fiocco di Neve alla clinica per un paio di giorni, proprio fino a Natale.
“Secondo te dovrei tenerlo?” Chiedo a mia cugina mentre risaliamo in macchina.
“Meglio che renderlo al suo padrone… Ma, non saprei… se poi lo rivorrà indietro?”
“Ma non possiamo renderglielo e far finta di nulla!” protesto.
“Ma non puoi nemmeno rubarlo” ribatte mentre gira la chiave e accende la macchina.
“Io non ho rubato niente, non ha una medaglietta che lo identifica, posso dire di averlo trovato per strada e di aver pensato che fosse un randagio e di averlo preso con me mossa da un sentimento di pietà…”
“Sei incredibile, non passi un pomeriggio tranquillo senza combinare qualcosa” esclama Martina che era restata in silenzio fino a quel momento.
“Non sono io che combino qualcosa, sono solo una specie di calamità per le cose strane”
Accendo il cellulare e con mia grande sorpresa trovo ben cinque chiamate perse da “Mamma”.
La richiamo e le racconto di essermi fermata a pranzo fuori con degli amici, non penso che sarebbe felice se sapesse che prendo cani maltrattati, trovo loro un nome e trascino la mia migliore amica e mia cugina a visitarlo. Riportiamo a casa Martina, la ringrazio dell’aiuto e mi faccio portare a casa.
“Grazie di tutto, Gaia, mi farai sapere come sta Fiocco di Neve, vero?”
“Se ci tieni tanto… Ci vediamo tra due giorni per il Pranzo di Natale”
“Certo, ti aspetto” Scendo dalla macchina e suono il campanello. Mi apre mia madre, la saluto con sufficienza e mi chiudo in camera. Mi distendo sul letto e ascolto un po’ di musica, guardo che ore sono: 16:30.
Mi sveglio con il rumore di un piatto che cade per terra, salto giù dal letto e mi precipito in cucina, la cena è quasi pronta. Mangio in fretta senza spiccicare parola e nonostante abbia dormito tutto, o quasi, il pomeriggio torno a letto.
Il giorno dopo passa veloce, leggo un po’ un libro per scuola, guardo la televisione e mangio una quantità industriale di biscotti, un bel modo per passare la Vigilia di Natale. Verso le 18:00 mia madre e mio padre mi trascinano alla consueta cena di Natale dalla nonna materna, non è la gita più interessante che potessero propormi, ma accetto controvoglia e mi alzo dal divano.
Tornata a casa, mi infilo svelta sotto le coperte e mi addormento quasi subito, ma non dopo aver discusso con Martina al telefono di quello che era successo ieri. Lei restava dell’opinione che se avessi tenuto il cane sarebbe stato un furto bello e buono, che non avrei trovato scuse e che come al solito mi stavo cacciando nei guai.
Mi sveglio verso le 10:00 con mia madre che urla “buon Natale a tutti”, forse sta cercando di farsi denunciare per disturbo alla quiete pubblica, sicuramente ha disturbato il mio sonno.
Scarto i regali, principalmente vestiti e libri, ma non poteva mancare un paio di scarpe da calcio, dato che pratico questo sport da un bel po’ e ho più scarpe con i tacchetti che scarpe da ginnastica.
Guardo l’orologio, sono le 11:00 e sento suonare il campanello. Mia madre accorre alla porta e quando la apre sento la voce di mia cugina Gaia, e in sottofondo dei mugolii familiari. Fiocco di Neve spunta col suo musetto bianco dalla porta, sembra spaventato, ma quasi completamente guarito.
“E questo cos’è?” strilla contenta mia madre.
“Un trovatello orfano, Fiocco di Neve, che ho deciso di usare come regalo di Natale per Laura, non è un problema vero?” dice mia cugina entrando in casa. Gaia mi guarda e sorrido. Rubare è sbagliato, ma quello che era successo poteva essere visto in modi diversi. Si può vedere una ragazza che ha rubato un cane ad un uomo cinquantenne scorbutico e violento, o una ragazza che ha salvato un cane randagio dalla strada… Dipende dai punti di vista.
Chiamo entusiasta Martina raccontandole del cane.
“Tu sei pazza… Speriamo che questa storia non venga fuori”
“Questa storia non verrà fuori, fidati di me”
“Lo spero per te… Sei pericolosa!”

Olga Viggiano
Classe 1D – Liceo Classico Statale “Galileo” di Firenze

2016-07-22T17:48:04+02:00