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Una notte di rivolta

Nicoletta Franco ICS Giotto-Cipolla Palermo

Caro diario, 14 luglio 1789
quel giorno mi ero svegliata da poco per colpa di un sassolino che aveva fatto sobbalzare il carro, facendomi finire su un prato di rose; ancora adesso sento quella sensazione.
Non sapevo né dove stavo andando né perché me ne stavo andando dalla terra dove ero nata e avevo sempre vissuto, forse perché i raccolti dei terreni non potevano più mantenerci tutti e otto, oppure stavamo cercando di scappare dalla guerra. Ero seduta accanto ai miei fratelli, non indossavamo vestiti molto pesanti e non avevamo neanche vestiti di ricambio, perché non avevamo avuto il tempo per preparare le valigie; prima stavamo abbracciati per riscaldarci a vicenda, ma invece adesso loro, essendo più piccoli, ed avendo l’abitudine di dormire nel pomeriggio, erano coricati sulle mie gambe. Che tenerezza, vedere quei piccoli bimbi (in realtà avevano già 8 anni, ma per me rimanevano e sarebbero rimasti sempre piccoli, anzi i miei piccoli)! Non riuscivo a comunicare con i miei genitori, che si trovavano davanti a me, forse non mi sentivano oppure non mi volevano sentire; non riuscivo a pensare al fatto che non avevo un futuro, dopotutto ero una ragazzina senza una carriera brillante, avevo fatto solo le elementari in una vecchia e squallida scuola di campagna, non avevo alte aspettative. Adesso per me la priorità era di poter fare un lavoro abbastanza dignitoso, soprattutto mi preoccupavo per il futuro per i miei fratelli, ancora piccoli: i miei e io non avremmo mai potuti mantenerli tutti. Mi era venuto il mal di pancia da vomitare, visto che il carro ondeggiava per il terreno scosceso.
Ero stanca morta, ormai non mangiavo da giorni, i rifornimenti erano ormai finiti da giorni, quando finalmente vidi qualche tabellone con delle scritte francesi, probabilmente eravamo in Francia e forse ci saremmo trasferiti lì, ma non mi sembrava un posto tanto sicuro, visto che in quel periodo c’erano tante guerre e ribellioni tra Stato e popolo; quest’ ultimo non era in torto, i contadini avevano ragione a ribellarsi ai nobili, perché avevano diritto alla libertà, e anche io, essendo figlia di contadini, volevo che anche loro avessero i loro diritti. Era notte fonda, quando intravidi delle mura, mi sembravano quelle di Parigi. Tutta la città era protetta e sorvegliata da cavalieri, io e la mia famiglia approfittammo del momento del cambio di guardia, e ci intrufolammo nella presunta Parigi. Ci accampammo in un capannone, i miei fratelli si addormentarono mentre i miei genitori rimasero a vegliare su di noi; in città era come se fosse giorno, molte persone restavano sveglie a vegliare, ormai tutti in città avevano almeno un’arma. Da lontano sentivo un suono, probabilmente di un campanile, che non era per niente allegro, era la classica musica dei funerali. A Parigi, quella sera c’era veramente terrore e agitazione. Tanti uomini e donne, in aria di rivolta e di protesta, saccheggiarono tanti negozi dove forse si vendevano armi, visto che loro uscivano pieni di armi di tutti i tipi e invasero pure un edificio per Invalidi, dove uscirono pieni di armi.
Era ormai tardi, mi calò il sonno e mi addormentai, ma i miei genitori rimasero svegli a vegliare. L’indomani mi svegliai, c’era anche quel giorno un clima di tensione e rabbia. In quei giorni il popolo fece delle vere e proprie rivolte; i miei fratelli ancora dormivano, era molto strano che durante tutta la notte non si erano mai svegliati dopo tutto quel caos, le grida della gente arrabbiata. I miei genitori erano ancora svegli, non avevano mai dormito, erano sempre stati svegli a vegliare, adesso, stavo proprio pensando che sarebbe stato meglio che fossimo rimasti nel Nord Italia. C’era sempre un clima di tensione e di guerra ma non c’erano mai state delle notti simili a quella. Ma le rivolte non erano ancora finite, nel popolo girava voce che i cittadini avrebbero attaccato la Bastiglia, una piccola fortezza con sette torri: era un carcere dove il re teneva prigioniere delle persone che, se fossero state giudicate con processi pubblici, avrebbero messo in disonore la nobiltà, il clero o la corte stessa, quindi bisognava farli sparire con discrezione. Fino ad allora, non era successo niente di nuovo, ma io ero sicura che le sorprese non erano ancora finite.
Nico

Nicoletta Franco IIA
ICS Giotto-Cipolla
Palermo

2016-03-08T10:30:34+01:00