hamburger menu

Studenti del Galilei di Crema a confronto con la cybersecurity

Deep web, data breach e 'buon senso' al centro dell'incontro con l'esperto

MILANO – “Ancor prima di imparare a scrivere codici, imparate a usare buon senso in rete, tenete traccia degli account che aprite, delle mailbox che avete, cambiate spesso password. Iniziamo così a dare più valore alle informazioni che lasciamo su internet e ricordiamoci che quando qualcosa in rete è gratis significa che il prodotto siamo noi”.

Supera le tecnicalità e smonta stereotipi l’analista in cybersecurity Carlo Divittorio durante un incontro con un centinaio di studenti dell’istituto superiore ‘Galilei’ di Crema.

Un incontro di orientamento professionale quello che si è svolto online stamane: la scuola ha infatti indirizzo informatico e l’azienda per cui Divittorio è analista, la lombarda ‘Ora Zero Group’, ha con la scuola stessa una collaborazione per percorsi di formazione professionalizzante post-diploma.

“Studiate per fare della difesa, e non dell’attacco, il vostro mestiere- incalza Divittorio rispondendo agli studenti affascinati dall’immagine eroica, misteriosa e cinematografica degli hacker– e sappiate che dietro l’informatica c’è anche tanto crimine perciò, se fate l’hacker per attaccare, voi diventate il prodotto delle richieste dei criminali. Quello che le aziende chiedono oggi è prevenzione e difesa, soprattutto ora con lo smart working”.

Tantissime le domande degli studenti, da come capire gli studi giusti per sé a un “giretto nel deep web”. “Giretto” negato dall’esperto che illustra invece i passi della sua carriera, dagli studi in elettronica alla specializzazione in cybersecurity, dai lavoretti studenteschi “a smontare pc” sino all’analisi dei livelli di sicurezza dei sistemi informatici delle aziende. Al centro dell’incontro, però, soprattutto il tema delle informazioni.

“Oggi il focus degli attacchi informatici è rivolta soprattutto alle informazioni- spiega infatti- se pensate che tutte le vostre ricerche sono raccolte e utilizzate a scopo di profilazione, capite bene che l’informazione nel ventunesimo secolo è quello che fa gola a tutti. C’è un mercato parallelo a quello del marketing che è incredibilmente ampio e non ce ne rendiamo conto” forse perché “siamo arrivati a una sorta di rassegnazione, ci siamo abituati a lasciare informazioni ‘a gratis’ senza capire che i nostri dati in internet rimangono per sempre disponibili”.

Carte di pagamento, indirizzi, account e password, anagrafiche: è questo il bottino di chi fa i cosiddetti “data breach”, cioè violazioni e rilascio di dati (famoso su tutti lo scandalo Cambridge Analytica che ha travolto Facebook, ma anche, più in là nel tempo, Dropbox, Adobe o E-bay, o nel 2020 la compagnia telefonica Ho.Mobile):

“Esistono forum su internet- esemplifica Divittorio- dove è possibile acquistare per pochi euro account derivanti da data breach. Basta sottoscrivere un abbonamento e pagare in bitcoin” e il gioco è fatto, dal momento che, è l’amara considerazione dell’esperto “la maggior parte delle informazioni interessanti sono a disposizione sull’internet in chiaro, non serve affatto andare sul dark web. È facile, voi non provateci però”, ammonisce infine l’analista illustrando le conseguenze penali di eventuali furti o vendite di informazioni private.

2021-02-26T14:23:39+01:00