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Paolo Nespoli, e gli esperimenti della missione Vita: Mini-EUSO [VIDEO]

Gli esperimenti di Vita: i loro risultati aumenteranno la nostra conoscenza dello Spazio e saranno utili a preparare le missioni di lunga durata del futuro

15 Maggio 2017

esperimenti di Vita

Medicina e tecnologia, biologia e fisica. Sono 13 gli esperimenti di matrice italiana di cui si occuperà l’astronauta Paolo Nespoli durante la missione Vita sulla Stazione Spaziale Internazionale.

I loro risultati contribuiranno alle cure per numerose patologie, aumenteranno la nostra conoscenza dello Spazio e saranno utili a preparare le missioni di lunga durata del futuro, a partire da quella dell’Uomo su Marte.

L’Agenzia DIRE li racconterà, uno per uno, con interviste ai responsabili e visite ai laboratori in cui sono nati.

L’esperimento di cui ci occupiamo questa settimana è Mini-EUSO.

Esperimenti di Vita

Una squadra internazionale di 200 persone provenienti da 16 nazioni lavora alla realizzazione di questo Telescopio che guarda l’ultravioletto dalla Stazione Spaziale (Iss), sotto la responsabilità di Marco Casolino dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

Da una finestra del modulo russo Zvezda della Stazione, Mini-EUSO ‘scatterà’ con un alto livello di definizione foto notturne della Terra, comprese quelle di meteoriti che ne attraversano l’atmosfera, con l’obiettivo di catturarne le emissioni. Non solo. Contribuirà anche a catalogare i detriti spaziali che circondano il nostro pianeta.

I dati saranno portati a Terra direttamente dagli astronauti, per quest’occasione anche postini, e saranno messi a disposizione di tutti.

Il professor Casolino ci spiega i dettagli nel laboratorio del Dipartimento di Fisica dell’Università Tor Vergata in cui viene preparato alla partenza Mini-EUSO.

Mini-EUSO è “un telescopio- in costruzione con l’aiuto di tanti collaboratori- che guarda l’ultravioletto dalla Stazione Spaziale. Per la prima volta vedremo le emissioni terrestri nell’ultravioletto di notte: faremo delle immense foto delle emissioni, per esempio quelle dei batteri o del plancton. Vedremo poi le meteoriti che bruciano nell’atmosfera e cercheremo detriti spaziali”.

Il Telescopio sarà collocato “all’interno della ISS. Abbiamo due lenti di Fresnel fatte con i colleghi giapponesi, una superficie focale… come se fosse una telecamera. Solo che invece di fare 24 foto al secondo ne facciamo due milioni e vediamo il singolo fotone. E’ così sensibile da vedere piccoli effetti di bioluminescenza, o di rientro dei meteoriti in atmosfera” e permetterà di catalogarli.


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Le immagini come arriveranno a Terra?
“Tutti i dati vengono memorizzati su memorie Usb. Lo abbiamo fatto già tante volte in passato”. E il professore mostra una borsetta fatta da sua moglie per spiegare meglio come avviene il passaggio Spazio-Terra. “La riempiamo di memorie Usb da 500 gigabyte, le inseriamo dentro Mini-EUSO e dopo chiediamo agli astronauti di portarcele a Terra per poi analizzare i dati. Ovviamente un campione di dati piccolo viene trasmesso anche a Terra per essere sicuri che tutto funzioni, per fare ottimizzazione dei parametri funzionali, però il grosso dei dati viene fisicamente portato dagli astronauti”.

I dati raccolti da Mini-EUSO a chi serviranno?
“L’idea è di metterli a disposizione di tutti. E’ un progetto focalizzato sullo studio di raggi cosmici, ma è interdisciplinare. Vogliamo vedere la bioluminescenza del plancton, quindi riguarda la biologia marina, vogliamo vedere meteoriti, quindi riguarda meteoriti e corpi celesti, vogliamo studiare i detriti per cercare di mitigare il problema dei detriti spaziali. I dati sono per tutti e verranno messi a disposizione di tutti su dei server. Per esempio all’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) abbiamo già altri dati di altri strumenti spaziali che sono per tutti. Solo così si riescono a sfruttare a pieno le informazioni”.

Ci sono circa 200 persone che lavorano su questo oggetto. Il vantaggio di questo strumento è che usa la stessa tecnologia su più fronti. Abbiamo un telescopio più grande che è nello Utah, uno che abbiamo lanciato pochi giorni fa dalla Nuova Zelanda su un pallone – anche quello co-finanziato dall’Agenzia spaziale italiana- che volerà nell’emisfero Sud per vari mesi. Ci vogliono anni per sviluppare questa tecnologia. Abbiamo fatto un volo anche, finanziato dal Cnes. Però poi una volta che uno riesce ad avere l’elettronica, l’ottica, gli strumenti, poi ne può costruire vari in pochi mesi. Fondi permettendo.

Sulla ISS cosa dovranno fare gli astronauti?
“L’idea è che Paolo Nespoli, ma anche gli altri astronauti se lo vogliono, lo dovranno montare su una delle finestre del modulo russo Zvezda che guarda verso nadir, cioè verso la Terra. Lo devono prima montare, poi accendere, calibrare, e dare un’occhiata ai dati per vedere se è tutto funzionante, e trasferirne una parte a noi. E poi se avranno tempo e voglia- perché sappiamo che il tempo astronauta è limitatissimo-, possono anche guardare queste immagini della Terra nell’ultravioletto”.

Le prime applicazioni grazie ai dati di Mini-EUSO per quando le possiamo attendere?
“Per i primi risultati scientifici ci vuole qualche mese. Le prime immagini possono essere rese disponibili da subito. Come applicazione pratica – come ad esempio quella dei detriti-, beh, è una strada che richiede decenni. Questo è il primo passo”.


Servizio: Antonella Salini – Montaggio: Manlio Caizzi

2017-05-15T14:58:55+02:00