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Roma, all’I.C. Valente Giuseppe Antoci racconta la sua antimafia

ROMA – “Ragazzi, quello che oggi vorrei farvi capire è che, quando le persone per bene si uniscono e quando lo Stato si organizza del punto di vista normativo, la mafia perde. E questa volta ha perso 3 a 0.” Con queste parole Giuseppe Antoci si è rivolto stamattina agli studenti della scuola media dell’istituto […]

ROMA – “Ragazzi, quello che oggi vorrei farvi capire è che, quando le persone per bene si uniscono e quando lo Stato si organizza del punto di vista normativo, la mafia perde. E questa volta ha perso 3 a 0.” Con queste parole Giuseppe Antoci si è rivolto stamattina agli studenti della scuola media dell’istituto comprensivo Valente di Roma. Presidente del Parco dei Nebrodi dal 2013 al 2018, definito dallo scrittore Andrea Camilleri “un eroe dei nostri tempi” per la sua lotta alla criminalità mafiosa, Antoci ha raccontato ai ragazzi il proprio percorso di vita e di attivita’ politica.

“Quando arrivo al Parco dei Nebrodi, mi rendo subito conto del clima di umiliazioni e vessazioni che colpisce la dignità degli agricoltori per bene, e voglio vederci più chiaro- racconta- Inizio a studiare le carte che regolano i bandi per l’assegnazione di terreni pubblici alle aziende agricole e scopro un dettaglio, piccolo ma fondamentale: per i bandi di valore inferiore a 150mila euro basta un’autocertificazione di non coinvolgimento in attività mafiosa da parte delle aziende che si candidano. Per intenderci, bastava che Gaetano Riina dicesse di non essere un mafioso per poter vincere un bando e raccogliere i fondi europei per l’agricoltura”.

Da questa semplice constatazione inizia l’iter investigativo e giudiziario che porterà alla scrittura del celebre ‘Protocollo Antoci’, assurto nel 2017 a legge dello stato, che fa decadere la soglia per l’obbligatorietà del certificato antimafia per l’assegnazione di terreni pubblici. “Il modus operandi era semplice e sempre lo stesso: l’azienda che si autocertificava pulita in realtà aveva fra i soci qualche importante nome mafioso, che spingeva gli agricoltori per bene a non partecipare al bando per paura di ritorsioni. La maggior parte dei bandi veniva quindi assegnata per monocandidatura”, prosegue Antoci.

Grazie ad una serie di indagini viene scoperto un giro d’affari di milioni di euro e una prassi criminale che si estende ben oltre i confini del Parco dei Nebrodi, della Sicilia e dell’Italia. Ed è per questo che il ‘Protocollo Antoci’ viene considerata la norma che ha prodotto il più grave danno erariale alla mafia dopo quella di Pio La Torre.

“È bastato un protocollo di sette pagine per aggredire questo business mafioso, che aveva un rendimento del 2000% a rischio zero. Parliamoci chiaramente, in questa storia ci sono tante paure, ma soprattutto troppe connivenze, tante persone che ci guadagnavano- continua Antoci, con un tono di voce fermo e con parole decise- non raccontiamoci che il problema è la paura di chi amministra un territorio, bisogna fare il proprio compito con la schiena dritta, se non si riesce per paura, basta dimettersi e lasciare posto ad altri, più coraggiosi”.

A questo punto Antoci, visibilmente emozionato, racconta della notte che cambio’ per sempre la sua vita, quella fra il 17 e il 18 maggio 2016, quando fu vittima di un attentato, da cui rimase illeso solo grazie al pronto intervento del vicequestore Daniele Manganaro e dei suoi uomini.

“Dopo quella notte, io non potrò più essere la stessa persona, come gli uomini della mia scorta, le nostre famiglie, la Sicilia e l’Italia che stavano per svegliarsi con un nuovo attentato di mafia- aggiunge Antoci – ma quello che mi ha dato la forza per andare avanti sono le parole delle mie figlie quando la mattina dopo ci abbracciamo e piangendo mi dissero: tranquillo papà siamo qui noi. Nella lotta alla mafia l’io perde sempre, solo il ‘noi’ può vincere. Noi siamo stati degli eroi? No, abbiamo solo fatto il nostro lavoro fino in fondo e con la schiena dritta”.

Gli studenti presenti, nonostante la giovane età e la tragicità del tema trattato, ascoltano le parole di Antoci in religioso silenzio, finché non rimbomba nella sala un lungo applauso dopo le sue ultime parole: “Non mi fate dire che voi siete il futuro, perché voi siete già un pezzo di questo Stato, prendete il presente nelle mani e fate la vostra scelta. Dovete scegliere da che parte stare, e capire che vale la pena essere dalla parte giusta. Non smettete mai di sognare e studiate, perché solo la cultura può sconfiggere la schifosa ignoranza della mafia”.

2019-02-25T16:14:43+01:00