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Unione e Dialogo, la lotta inizia da qui

Cos’è la Mafia? Per rispondere a questa domanda apparentemente semplice bisogna fare un salto nel passato, più precisamente nel XIX secolo, quando la società italiana era ancora suddivisa in latifondisti, massari e miserabili contadini. I proprietari terrieri si servivano di un ceto di spregiudicati massari, i quali a loro volta servendosi di briganti, ladri e […]

Cos’è la Mafia? Per rispondere a questa domanda apparentemente semplice bisogna fare un salto nel passato, più precisamente nel XIX secolo, quando la società italiana era ancora suddivisa in latifondisti, massari e miserabili contadini. I proprietari terrieri si servivano di un ceto di spregiudicati massari, i quali a loro volta servendosi di briganti, ladri e ribelli terrorizzavano i contadini per far rispettare tutti i voleri dei nobili. I massari amministravano una rozza giustizia, che però non ammetteva alcuna forma di opposizione. Per fare ciò, avevano bisogno di rivestire una posizione di rilievo nella società, infatti cercavano di avere il controllo sia del mondo rurale, dei trasporti e del commercio, che della delinquenza urbana, delle centrali di polizia e dei centri del potere. La mafia si fa strada dove le istituzioni sono assenti, deboli e prive di principi civili, in altre parole, quelle dello stesso Falcone “la mafia si fa Stato dove lo Stato è tragicamente assente”. Proprio per questo, la così detta Cupola, va combattuta su più livelli, da quello civile (ovvero il popolo) a quello istituzionale.

Se il primo è stato sempre più presente nel corso degli anni, dando supporto alla lotta Antimafia con manifestazioni e azioni di rivolta come l’iniziativa Addiopizzo ed eventi come Palermo Chiama Italia, non si può dire lo stesso del secondo, dove il supporto politico e delle varie cariche dello Stato è sempre stato molto incerto; basti vedere il caso Falcone e la sua iniziativa per concorrere prima come super-procuratore antimafia e in seguito come capo dell’ufficio istruzione di Palermo, per le quali fu sempre respinto, ma anche le occulte trattative stato-mafia, che hanno generato un senso di abbandono e sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Questo è stato, ed è tutt’ora, uno dei nostri punti più deboli nella lotta alla Mafia. Infatti il fomento popolare dovrebbe essere sostenuto e ispirato da una rappresentanza che dimostri come anche i livelli più alti della struttura organizzativa del nostro paese siano contro la Cupola e, più in generale, l’illegalità. Spesso però non è così, tanto che RapportoGiovani-2014 in uno dei suoi sondaggi dimostra che alla domanda “da 1 a 10 qual è il tuo grado di fiducia nei confronti delle istituzioni?” solo il 21.5% dà una valutazione positiva alla fiducia nel Presidente della Repubblica, il 12.7% nel Governo e solo il 10.5% nei Partiti politici. Dati Gravissimi, che dimostrano come i ragazzi non credano più nello Stato e che per questo perdano interesse nelle faccende della Cosa Pubblica, tanto la loro partecipazione è ai minimi storici. Un cane che si morde la coda insomma, una concatenazione di effetti che porta al peggioramento drastico di tutta la situazione.

C’è però una via d’uscita: il dialogo tra i ragazzi e le generazioni precedenti che hanno lottato. Bisogna parlare, discutere, confrontarsi e prendere coscienza, in modo che anche i più giovani riprendano la speranza, la fiducia e tramandino i valori e le piccole conquiste ottenute, al costo del sangue, di quelli venuti prima. Per questo è importante commemorare determinati avvenimenti, come la strage di Capaci del 23 maggio e quella di via d’Amelio del 19 luglio 1992. Eventi come la Nave della Legalità, a cui il nostro istituto Avogadro ha partecipato, sono ad hoc. Qua infatti i ragazzi sono venuti apposta da tutta Italia per unirsi, raffrontarsi e conoscersi a vicenda in nome della lotta alla Mafia. Proprio per questo, durante l’evento le discussioni erano sempre all’ordine del giorno e i confronti tra le varie idee dei ragazzi erano frequenti. Una dimostrazione di ciò è stato un piccolo contro-corteo di ragazzi palermitani, i quali pur sostenendo la battaglia contro Cosa Nostra, hanno esposto alcuni gravi problemi che affliggono tutt’ora Palermo, permettendo a tutti di venire a contatto con la realtà della città in cui vivono.

Durante queste giornate, infatti, più che i discorsi istituzionali da palcoscenico, sono stati fondamentali i racconti di coloro che hanno visto cambiare la propria vita nel periodo delle guerre di mafia, del Maxiprocesso e delle stragi. Impossibile non citare il figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Nando Dalla Chiesa, che dopo varie conferenze si è unito ai giovani in una discussione al bar, informale e aperta a tutti. Un’altra figura importantissima è stata quella di Giuseppe Costanza, l’autista di Giovanni Falcone sopravvissuto alla strage di Capaci, che con il racconto dell’accaduto e dei giorni trascorsi insieme al magistrato, ha colpito i cuori e le coscienze di tutti. Al contrario di quello che accade spesso nella realtà di oggi, il fruibile e la grandezza di questo evento non risiedevano nella sua esteriorità, nel suo programma rigoroso e nelle sue formali conferenze, ma nella sostanza, eterogenea, ma allo stesso tempo compatta, una sostanza più efficace di mille slogan e migliaia di discorsi pubblici.

di Matteo Salis del Liceo Avogadro – Torino

 

2017-06-06T16:33:18+02:00