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In Sicilia il teatro antico che accontenta tutti

Il teatro greco riprende vita, dopo più di 2500 anni, davanti ai nostri occhi di spettatori moderni

ROMA – Anche quest’anno la Sicilia si fa mèta di celebrazioni culturali attraverso alcuni appuntamenti che la portano a ripercorrere un mondo che, sebbene antico, non è mai stato dimenticato.
Il teatro greco riprende vita, dopo più di 2500 anni, davanti ai nostri occhi di spettatori moderni.

IL TEATRO GRECO DI SIRACUSA

L’estate del 2017, dal 6 maggio al 9 luglio, ospita la 53esima edizione del ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro Greco di Siracusa. Questa iniziativa nasce agli esordi del secolo scorso, nel 1913, quando viene fondata l’INDA, Istituto Nazionale del Dramma Antico, da un’idea del conte Mario Tommaso Gargallo. Un anno dopo, la prima messa in scena: l’“Agamennone” di Eschilo.

Dal 1927, alla tragedia – che continua comunque ad essere la regina di queste serate siracusane- si affianca la commedia, a partire dalle “Nuvole” di Aristofane. In un primo momento, le esibizioni hanno avuto cadenza biennale, successivamente sono state interrotte durante il periodo delle guerre, mentre tutt’oggi si ripetono ogni anno.

I 12 mesi attuali sono particolarmente importanti per la già citata città sicula, perché si festeggia la sua fondazione, avvenuta 2570 anni fa.

Per questa occasione, si è realizzata la stagione artistica più lunga di sempre. I titoli scelti sono stati: le “Fenicie”( che mancavano da 49 anni) , per la regia di Valerio Binasco, i “Sette contro Tebe”, diretti da Marco Baliani e le “Rane”, sotto la direzione di Giorgio Barberio Corsetti.

Le prime due sono tragedie molto simili nella trama, ma sviluppate con un occhio del tutto differente. Le “Rane”, ancora non inscenate, sembrano essere piuttosto attese dal pubblico per la presenza del duo comico di Ficarra e Picone.

FENICIE

Nella prima opera, ci accoglie da subito, con un lungo monologo esplicativo dei fatti antecedenti, la voce imponente di una Giocasta (Isa Danieli), che, pur consumata dal dolore per le numerose sofferenze che il suo infausto destino le ha riservato, manterrà fino alla fine una commovente dignità, che la farà figurare soprattutto nel suo ruolo di madre, infinitamente dedita ai figli.

Sia la scelta di Binasco che quella di Baliani fa scontrare ed incontrare lo spettatore con il dramma della guerra e con il tema della diversità, con riferimenti spesso molto vicini a lui: i tebani hanno divise militari, le donne, le Fenicie – profondamente stranianti grazie all’utilizzo di maschere truccate ad arte – sono libiche, rumene, ebree. La stessa prima corifea (Simonetta Cartia) parla con un accento dell’Europa dell’Est. Anche Edipo è uno straniero: Hal Yamanuchi, attore italo-giapponese.

E’ un susseguirsi di urla e grida di rabbia, rancori, dichiarazioni di odio, ben interpretate da Gianmaria Martini, un Polinice che non riesce a far valere le proprie ragioni e da un furente e privo di “ pietas” Eteocle (Guido Caprino). Qui Creonte, l’uomo di legge, l’uomo che segue il “nomos” (come si evince chiaramente dal suo rapporto con una straziata Antigone, in cerca di pace) è in grado di essere anche un padre che versa lacrime amare per un figlio.

In questa atmosfera di lutto, il regista osa, col richiamo al riso, grazie all’inserimento di un secondo araldo (Massimo Cagnina), che accompagna i suoi annunci di morte in un vivace accento catanese con un singolare “Me ne spiace”, che lo rende macchietta comica.

SETTE CONTRO TEBE

Il teatro viene sfruttato al massimo delle sue potenzialità per la seconda tragedia (che si alterna, a giorni, con l’altra), dalla scenografia agli effetti speciali.  Nella narrazione di eventi del mito, il richiamo ad un crudo ed inclemente presente avviene senza mezzi termini e ci tocca nell’intimo, lasciandoci a bocca aperta, con un sentimento quasi di disorientamento.

“Quel che accade dopo la guerra allora come oggi – dice Baliani – è sempre uguale, quando comincia la spartizione cruenta tra i vincitori, quel che è accaduto in Libia dopo Gheddafi, quel che accadrà a Mosul tra breve e quel che si verificò a Berlino nel secolo scorso”.

Un coro di uomini e donne (ma specialmente di donne) si unisce in una voce sola di preghiere, di esortazioni, di avversità, che raccontano – con una coreografia straordinaria di corpi in movimento- la strage ed il supplizio dei vinti e dei sopravvissuti. In realtà, ben si intuisce di cosa si sta parlando; gli attori cambiano l’abito più tribale in vesti che ricordano parecchio quelle siriane: Tebe come Aleppo.

Assistiamo alla declamazione dei nomi dei grandi, degli eroi, dei guerrieri, all’opposizione inutile di una sorella – Antigone (Anna Della Rosa) – che piange un pianto fatto anche di rabbia, per due fratelli tenutasi nemici( uno dei quali, Polinice, non appare mai in scena se non quando è stato già compiuto il fratricidio) , ai bombardamenti, alle trincee, ai profughi, al suono imperante dei comandi di un Creonte, che si manifesta solamente attraverso un altoparlante – a ricordo dei regimi totalitari- che sbuca, improvvisamente dal basso, dividendo il pubblico tra chi è estasiato e chi storce il naso.

Forse, potrebbe tornarci alla mente il primo stasimo dell’“Antigone” di Sofocle e quell’aggettivo tanto difficile da tradurre: “deinòs”, ad intendere sia “mirabile” che “terribile”. E’la storia degli esseri umani.

Novità assoluta voluta dal direttore artistico Roberto Andò, per questa edizione, è che gli spettatori stranieri hanno la possibilità di seguire le rappresentazioni con un’audio-guida con la traduzione simultanea.

IL FESTIVAL DEI GIOVANI, PALAZZOLO ACREIDE

Se da un lato Siracusa si fa bella per mezzo di attori esperti e navigati (senza contare l’ausilio delle forze degli allievi dell’Accademia Nazionale del Dramma Antico), dall’altro è pur vero che dal 1991 si porta avanti una tradizione che mira a ricalcare la precedente e a far appassionare anche bambini e ragazzi al teatro antico.

Si tratta del Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani a Palazzolo Acreide, con cadenza biennale fino al 2000 e poi annuale.

In questa manifestazione, che ha avuto origine da un’intuizione di Giusto Monaco, gli attori del cosiddetto “teatro del cielo” sono studenti di scuole, di università e di Accademie da tutto il mondo (oltre all’Italia: Russia, Germania, Grecia, Spagna, Serbia, Belgio, Francia, Tunisia). Ogni giorno, si inscenano tre spettacoli, dalla mattina verso le 9:00 fino alle 13:00 circa.  Per poter partecipare, da un minimo di 15 ad un massimo di 50 attori, bisogna rientrare in una lista scelta che viene realizzata a partire dalla lettura dei copioni, inviati entro una certa data di scadenza. Questi devono essere basati su di un’opera classica greca o latina, anche liberamente tradotta o adattata.
Il tempo massimo concesso è di 50 minuti per ciascun gruppo.

Quest’anno le giornate sono aumentate nettamente rispetto al 2016: si sono susseguite dal 6 maggio al 7 giugno. Anche i numeri dei partecipanti – che, con i propri accompagnatori, assistono agli spettacoli a Siracusa – sono stati molto più elevati, segno di un entusiasmo sempre maggiore.
Fra gli istituti, 12 solo quelli siracusani.

Foto di Viviana Pungì

2017-06-12T13:57:38+02:00