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La Nasa punta l’asteroide: prossima destinazione Bennu (con l’aiuto di tre italiani) [VIDEO]

Dopo la storica missione Rosetta che ci ha portato a tu per tu con una cometa, è la volta di un nuovo progetto internazionale Il prescelto si chiama Bennu

29 Gennaio 2018

Dopo la storica missione Rosetta che ci ha portato a tu per tu con una cometa, è la volta di un nuovo progetto internazionale che, questa volta, svelerà i segreti di un asteroide. Il prescelto si chiama Bennu: è un oggetto facilmente raggiungibile, su un’orbita non inclinata rispetto al nostro pianeta ed ha un diametro di circa 500 metri. Queste caratteristiche fanno di Bennu un bersaglio ingegneristicamente sicuro e scientificamente interessante.

La missione – della durata complessiva di sette anni- si chiama Osiris Rex ed è nata in casa Nasa, seguita principalmente della University of Arizona e gestita dal Goddard Center, e a cui cui lavora anche l’agenzia spaziale canadese. Nel progetto ci sono dei co-investigator di altri Paesi, tra cui tre italiani dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf), Elisabetta Dotto, John Robert Brucato e Maurizio Pajola. In comune con Rosetta, la missione Osiris Rex ha lo studio della superficie di un corpo celeste che ha visto nascere il Sistema Solare ed è sopravvissuto fino ad oggi. Questa volta, però, non ci sarà nessun atterraggio- come fu per il lander Philae-: la missione preleverà dei campioni grazie a un braccio robotico. Per capire dove è più opportuno cercare, la Nasa si è affidata all’italiano Pajola, già membro del collaudato team di Rosetta. Il progetto di Pajola, supportato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), quantificherà la distribuzione superficiale e la densità di massi e sassi su tutta la superficie dell’oggetto per poi poi aiutare la selezione di siti adatti al campionamento, che dovrebbe avere un’entità compresa tra i 60 grammi e due chili di materiale da far tornare poi sulla Terra.

E’ lo stesso Pajola a spiegarci come avverrà il prelievo dal suolo dell’asteroide.



Ci sarà un braccio robotico di tre metri e mezzo che viene esteso dallo spacecraft e allungato, come se fosse un braccio umano- chiarisce-. Sulla parte che entrerà in contatto con Bennu c’è una specie di aspirapolvere dal diametro di circa 30 centimetri. Sul braccio è presente del gas ad alta pressione, quindi una volta che questo cerchio viene a toccare la superficie stessa, viene sparato del gas in pochissimi secondi che fa sì che ci sia una turbolenza interna, la polvere viene alzata e poi si infila nella struttura interna del cerchio che viene appoggiato. In questa manovra di touch and go, poi, il braccio si allontanerà, lo spacecraft osserverà se c’è un quantitativo sufficiente di grani, di polvere, di sassetti e solo dopo averlo validato verrà inserito nella capsula, verrà chiuso e si allontanerà per ritornare sulla Terra”.

La zona da cui prelevare campioni dovrà essere il più possibile pianeggiante, con polvere sulla superficie, sassetti più piccoli di due centimetri e senza emergenze rocciose troppo grandi, che rischierebbero di danneggiare l’apertura laterale dei pannelli solari dello spacecraft.

L’atteso touch and go dovrebbe avvenire a metà del 2020. Il team si è dato un lasso di tempo tale da poter rimediare se ci fossero degli imprevisti, ma la missione nel 2021 di sicuro lascerà Bennu. E poi il 24 settembre 2023 tornerà sulla Terra: è una data scolpita nel marmo, ci spiega Pajola. A quel punto un po’ del mistero dello Spazio toccherà la superficie terrestre. In tutta sicurezza.

La capsula resterà sempre chiusa, dopodiché prenderanno i campioni e li porteranno in laboratori con livelli di pulizia e attenzioni estremi al Johnson Space Center di Houston, dove ci sono anche i campioni lunari e dove potenzialmente arriveranno anche i campioni di Marte. Solamente lì la capsula verrà aperta”.

A quel punto, cosa dobbiamo aspettarci?

I corpi cosiddetti minori del Sistema Solare, cioè le comete e gli asteroidi, sono considerati building block: mattoni costituenti che hanno prodotto la Terra e i pianeti come noi li conosciamo. Sono delle capsule del tempo. Nel caso delle comete, hanno materiale organico e volatile, negli asteroidi le componenti sono principalmente rocciose. Colpiscono il pubblico perché sono oggetti che hanno contribuito a costituire la Terra dove oggi viviamo e sono oggetti che ancora adesso arrivano sulla Terra, sono legati all’umanità stessa”.

2018-01-29T17:52:09+01:00