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Il 56% degli studenti pensa che bisogna parlare con i bulli

ROMA – Il 56% degli studenti sostiene che bisogna ascoltare i bulli e parlargli. Emerge da una ricerca dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) sul bullismo e il cyberbullismo, realizzata su un campione di 2.000 adolescenti di eta’ media 13 anni. “Sottolineano l’importanza del dialogo e di qualcuno che li ascolti autenticamente. Noi lavoriamo molto con gli […]

ROMA – Il 56% degli studenti sostiene che bisogna ascoltare i bulli e parlargli. Emerge da una ricerca dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) sul bullismo e il cyberbullismo, realizzata su un campione di 2.000 adolescenti di eta’ media 13 anni. “Sottolineano l’importanza del dialogo e di qualcuno che li ascolti autenticamente. Noi lavoriamo molto con gli sportelli di ascolto nelle scuole, perché l’ascolto deve essere professionale. Servono psicologi e non counselor”. Lo afferma Flavia Ferrazzoli, psicoterapeuta dell’IdO, in commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza questa mattina nell’ambito dell’indagine conoscitiva su bullismo e cyberbullismo. La psicoterapeuta coordina un’equipe di psicologi presenti in circa 100 scuole.

“Il bullismo è un fenomeno di natura relazionale, che prevede il coinvolgimento di più ragazzi ed è importante lavorare sul gruppo. Esiste un passaggio importante, dalle scuole elementari alle medie, dove i ragazzini cominciano ad utilizzare i cellulari- continua Ferrazzoli- che se vengono mal gestiti portano ad un congelamento dello stato emotivo. Vediamo sempre più spesso adolescenti che finiscono per non guardarsi più in faccia e non avere momenti di aggregazione reali. I genitori, vedendoli sempre a casa, si sentono sicuri, mentre il pericoloso è proprio lì: passano ore sui videogiochi e sul telefonino. Si fidanzano, si innamorano e si lasciano tramite il cellulare, senza vivere l’emozione del dolore. Si proteggono attraverso lo schermo e piano piano arrivano alla desensibilizzazione”.

“L’esempio va messo al primo posto- puntualizza la psicoterapeuta- ma gli stessi genitori riproducono dinamiche bullizzanti nei famosi gruppi di WhatsAppe a scuola. O ancora, ci sono molti cartoni e serie tv che mostrano come unica soluzione alla violenza la magia oppure la violenza stessa. Non si forniscono altri spunti, come il dialogo. Noi interveniamo nelle scuole per tamponare- aggiunge Ferrazzoli- e creiamo nelle classi dei gruppi per lavorare sull’empatia, che spesso viene a mancare anche in famiglia. I genitori sono sempre occupati”.

Si possono attivare dei percorsi positivi a scuola. Ferrazzoli propone i laboratori gratuiti di teatro, sport, decoupage, ricamo e ceramica. Laboratori in cui siano sempre presenzi gli adulti. “Spingo per il teatro perché stimola l’empatia. È importante anche la collaborazione con le forze dell’ordine, noi lo facciamo grazie al progetto ‘Scuole sicure’ della Polizia di Stato che ci permette di informare i ragazzi da un punto di vista normativo. Loro non conoscono le leggi- ricorda la psicoterapeuta- non sanno che per pubblicare una foto sui social devono chiedere l’autorizzazione. C’è una totale inconsapevolezza e quando vengono ripresi, o si fermano a riflettere, crollano. Dobbiamo ritrovare un dialogo con questi ragazzi e finanziare progetti di sportelli di ascolto nelle scuole, aperti anche ai docenti e ai genitori. Il livello di complessità è talmente vasto che bisogna lavorare su più piani- conclude- per aiutare gli adolescenti che adesso sono in cammino”.

2019-03-14T16:15:53+01:00