MILANO – Milano deserta, Milano malinconica, Milano riflessa nelle pozzanghere, Milano e i suoi volti, Milano e i suoi piccioni. E poi mani, finestre socchiuse, paesaggi spiati con le webcam, scaffali svuotati. Sono solo alcuni dei soggetti ritratti dagli studenti e dalle studentesse del liceo ‘Volta’ di Milano che hanno partecipato a ‘FotoriVOLTAilvirus’, un concorso fotografico per “raccontare la città in questo periodo così fuori dall’ordinario”.
L’idea era stata lanciata su Instagram dai giovani amministratori della pagina del liceo milanese; chiedevano ai loro compagni di esprimere con le immagini “il segno” che “questi giorni senza scuola” stanno lasciando. ‘Milano non si ferma’ scrive Giovanni sotto la sua foto che immortala i cantieri di Citylife. Gli fa eco Annalisa per smentire: ‘Terra di nessuno’ si intitola infatti il suo scatto di una pensilina vuota.
Vuote anche le panchine di Ludovica che pensa a tutti quei nonni che prima dell’emergenza le riempivano “e si prendevano cura dei più piccoli con tanto amore”. L’immagine di un cavalluccio di legno coperto dal cellophane soffoca Arianna. Manca l’aria anche all’uomo che sul piazzale della stazione centrale prende una boccata d’ossigeno, immortalato alle spalle da Chiara. Sembra una citazione della Cappella Sistina di Michelangelo lo scatto di Sofia, ‘il filo che ci unisce’ è il suo titolo: un filo e due mani, “mi mancano la scuola dove potevo ridere e preoccuparmi” scrive.
Preoccuparsi è l’appello di Flavia che dedica un primo piano a una persona che ha “di casa la strada” per usare le sue parole: “Io resto a casa e tu? Risuona nelle strade deserte l’Inno d’Italia quando un senzatetto mi sorride timidamente. La mascherina che indossa non è più che un velo di carta, puramente simbolica: anche lui è in gara per la sopravvivenza, proprio come noi. O forse non proprio. Perché c’è una differenza tra vivere e sopravvivere e noi in questi giorni abbiamo abusato del secondo concetto. C’è chi ha come casa la strada e non sta ricevendo soccorso. Ci siamo dimenticati di loro, di una parte di noi. Abbiamo scambiato poche parole e poi mi ha chiesto dei soldi in modo molto diretto, cosa che i senzatetto solitamente non fanno. Gli ho dato le monete che avevo. In cambio gli ho chiesto una foto”.