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Scuola, la reazione delle zone terremotate: coesione e coraggio in emergenza

La psicologa IdO: "Preparati a eventi calamitosi"

ROMA – In questi mesi studenti, docenti e famiglie stanno sperimentano sulla loro pelle quanto sia importante, per la società, la solidità della scuola, senza la quale verrebbero meno tutte le altre strutture democratiche. Ma per qualcuno non si tratta di una scoperta: le comunità scolastiche delle zone terremotate hanno già compreso quanto sia importante il valore educativo e sociale della scuola, per questo, paradossalmente, l’emergenza sanitaria non le ha colte impreparate.

“Chi ha fatto esperienza di eventi calamitosi, con conseguenze evidenti sull’organizzazione della propria vita personale e collettiva, ha già sperimentato il forte sentimento della lontananza intesa come separazione fisica e affettiva dai propri luoghi, dalle proprie abitudini, dalla propria idea di collettività- spiega Lucia Buono, psicologa dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) che da anni lavora nelle zone terremotate- sentirsi accomunati dal medesimo dramma può rafforzare quel senso di comunità che è già stato messo a dura prova una volta e che ha bisogno solo di essere nuovamente ridefinito, in uno spazio e in un tempo nuovo, magari con l’ausilio della tecnologia a distanza, per poter essere mantenuto e soprattutto nutrito anche nella lontananza fisica”.

Ma sull’uso della tecnologia, la psicoterapeuta è cauta: sì all’utilizzo in tempo di crisi, ma senza dimenticare le vecchie abitudini. Per questo, sarà fondamentale promuovere un ritorno alle vecchie abitudini quando la situazione sanitaria lo consentirà, rieducando i ragazzi alla naturalezza e alla spontaneità di un incontro, rivalorizzando le relazioni interpersonali. Di certo, la didattica a distanza è stata una risorsa importante in un momento particolare, perché è riuscita non solo a garantire il prosieguo della didattica, ma ha anche permesso ai ragazzi di sperimentare la continuità dei propri affetti.

Per questo, “l’utilizzo della didattica a distanza potrebbe rappresentare un modello da portare avanti anche in zone dove non è facile recarsi fisicamente a scuola. Con la consapevolezza di offrire una didattica meramente alternativa a quella in presenza- aggiunge Lucia Buono- ossia, una didattica che potrebbe garantire il suo valore prettamente formativo, legato all’apprendere, meno quello più strettamente educativo che si basa sulla crescita sociale ed emotiva degli alunni, accompagnandoli nella loro fase evolutiva, e che necessita di contingenza, di concretezza e di presenza”. 

2020-05-13T17:11:21+02:00